La rabbia dei pescatori esplode in piazza Italia

La marineria allo stremo chiede certezze su inizio dei lavori e ammortizzatori I manifestanti gettano pesce marcio sulle scale di Comune e Provincia

PESCARA. Hanno marciato fino a piazza Italia, hanno urlato «Vergogna», hanno buttato quattro casse di pesce marcio sulle scale del Comune e della Provincia. E hanno minacciato il blocco dell’Asse attrezzato per la prossima settimana se non arriveranno risposte. Ma non si accontentano più delle parole i pescatori. Questa volta vogliono «carte scritte».

La disperazione della marineria è scesa in piazza ieri mattina, poco dopo le nove. Oltre cinquanta pescatori si sono radunati al mercato ittico e hanno marciato in direzione piazza Italia dietro uno striscione con la scritta «La marineria pescarese è sequestrata nel proprio porto». I marittimi sono sfiancati dalla chiusura dello scalo, arrivata otto mesi fa a causa dell’insabbiamento e di un dragaggio promesso da mesi e non ancora partito. A settembre il Provveditorato alle opere pubbliche ha finalmente pubblicato il bando per dragare 400 mila metri cubi di fanghi ed entro il 26 ottobre le imprese dovranno manifestare il loro interesse a partecipare alla gara. Ma da quel momento in avanti di date fissate non ce ne sono più.

Il fermo straordinario concesso alla marineria, invece, scadrà il 3 dicembre. E i pescatori si chiedono cosa sarà di loro dopo quella data. E soprattutto si chiedono come andare avanti, visto che i soldi promessi per cassa integrazione e fermo straordinario non sono ancora arrivati e in tanti non riescono più a fare la spesa per le loro famiglie, pagare le bollette, onorare i debiti, far fronte alle rate dei mutui.

«Vogliamo il nostro pane quotidiano», hanno scritto i pescatori su uno dei cartelli portati ieri sotto Comune e Provincia. Per dimostrare tutto il loro sdegno contro questa situazione gli armatori hanno portato in corteo quattro scafette di pesce andato a male. Le prime due sono state lanciate sulle scale del palazzo che ospita Provincia e Prefettura, dieci minuti dopo le altre due sono finite all’ingresso del Comune. «Vergogna», «delinquenti», hanno gridato i pescatori.

I loro cori, insieme ai cartelli con la scritta «Fannulloni, incapaci, viva D’Alfonso», hanno accolto anche il sindaco Luigi Albore Mascia e il presidente della Provincia Guerino Testa, che sono scesi in strada a incontrare i manifestanti. «Noi non chiediamo niente, noi chiediamo solo di tornare a lavorare. Vogliamo sapere quando si draga perché le imprese non possono stare in questo stato di incertezza», ha detto Francesco Scordella a nome di tutta la marineria.

Mimmo Grosso e Massimo Camplone hanno poi chiesto di sapere se le barche potranno tornare in mare a dicembre, anche per approfittare del mese di festività che potrebbe aiutare i pescatori a risollevarsi economicamente dopo un anno tremendo. E hanno anche fatto pressione per capire quando arriveranno i soldi degli ammortizzatori sociali concessi alla categoria.

Testa e Mascia hanno cercato di rassicurare la marineria e hanno garantito il loro impegno per far partire i lavori il 20 novembre in modo da liberare un corridoio per le barche entro i primi di dicembre.

Mascia ha anche annunciato l’approvazione di una delibera che istituisce un fondo di solidarietà da 45mila euro per la categoria mentre Testa ha rinnovato l’impegno per far avere ai pescatori dei prestiti speciali a tassi bassi e una moratoria sulle rate dei mutui.

Dopo un’iniziale resistenza e qualche momento di aggressività i pescatori si sono calmati. Ma hanno annunciato che, se non avranno certezze, torneranno. A chiudere la partita è stata l’ironia amara di uno di loro. «Ce ne andiamo, sì», ha detto lasciando la piazza, «adesso andiamo a mangiare alla Caritas».

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