Le urla del gemello contro uno dei Ciarelli
Il racconto del padre: «Era la prima volta che li vedevamo da vicino, è stata una giornata dura»
PESCARA. «Non ci siamo detti una parola. Ci siamo solo guardati. Mio figlio invece per un attimo ha perso la testa e ha urlato. É stata dura». Non è stato facile per Pasquale Rigante guardare in faccia quei cinque ragazzi accusati di aver ucciso suo figlio Domenico. Ma si è fatto forza e ieri mattina si è presentato in questura con la sua ex moglie, la compagna di quel suo figlio ammazzato il primo maggio, il gemello di Domenico, Antonio Rigante e l’avvocato che li assiste nella costituzione di parte civile, Ranieri Fiastra.
Era insieme al figlio, Pasquale, quando ha incrociato uno dei Ciarelli in un corridoio della questura. Un incontro durato una frazione di secondo, mentre uno entrava in una stanza e gli altri uscivano dall’altra, ma che è bastato a far perdere la testa ad Antonio, anche se solo per un momento. «Io non ho detto una parola, ho cercato anche di evitare lo sguardo per non fare quello che penso avrei fatto», racconta Pasquale, «mio figlio ha reagito, solo per un attimo. Ha detto quello che si sentiva, li ha chiamati per quello che sono, ma si è calmato subito».
Gli indagati non hanno neppure provato a dire una parola alla famiglia di Domenico: «le scuse non mi servono», taglia corto Pasquale. Quella di ieri è stata una prova durissima per la famiglia Rigante. Per tutta la mattina i genitori, il fratello e la compagna di Domenico sono rimasti nascosti dietro un vetro mentre sfilavano i cinque Ciarelli accusati di aver ucciso Domenico. «Mi ha fatto una brutta impressione, ne avrei fatto volentieri a meno. Nei giorni scorsi ho evitato di pensare a come sarebbe andata, ma sapevo che non sarebbe stato facile. Però era giusto essere qui».
Quello che non ha detto ai presunti assassini di suo figlio Pasquale Rigante l’ha detto agli avvocati che li difendono. «Gliel’ho detto che per difendere certe persone ci vuole coraggio. Loro fanno il loro lavoro ma a me non mi cala».
Per Pasquale Rigante l’unica nota positiva in una giornata da dimenticare è l’esito dell’incidente probatorio: «Mi consola che li abbiano riconosciuti tutti, anche se qualcuno di loro ha cambiato look, taglio di capelli, si è fatto la barba. Hanno provato a rendere tutto più difficile. Noi però abbiamo fiducia: se c’è una legge, se esiste un dio, per chi ci crede, spero che la giustizia faccia il suo corso». (l.ve.)
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