Luciani, via al tour in 500 «Mi candido alla Regione»
A partire da sabato il sindaco di Francavilla girerà tra i 305 comuni abruzzesi «Voglio conoscere meglio il territorio e restituirgli la sua vocazione»
PESCARA. La Fiat 500 bianca di Antonio Luciani contro il camion di Luciano D’Alfonso: #perlabruzzoconantonio contro Luciamion. Una regione verde, turistica e dei servizi contro la regione facile e veloce («ma senza un’identità certa», dice Luciani) del governatore. Si presenta così la sfida inaugurale al vertice di Palazzo Silone. Che partirà sabato con il primo viaggio in 500 del sindaco Pd di Francavilla, e che negli 80 sabati prima del voto della primavera 2019 (al netto di improvvise e non improbabili accelerazioni), toccherà tutti e 305 i comuni della regione.
Sindaco Luciani, perché la scelta della 500, e perché questo tour così in anticipo sui tempi delle elezioni regionali?
«L’Idea della 500 è nata perché è la mia auto. Contrariamente a molti miei colleghi, non ho nessuna auto blu a disposizione e da tre anni uso la 500 come prima auto di famiglia. La uso per lavoro, per fare il sindaco per tutto il resto. L’estate la sostituisco con una bicicletta elettrica».
E ora la usa come auto elettorale per conquistare la guida della Regione Abruzzo.
«Credo di aver detto proprio qui, nella sede del Centro, durante uno dei confronti elettorali con gli altri candidati sindaco, che mai mi sarei dimesso per candidarmi in Regione, da consigliere, o a Roma da deputato. Ma che una sola possibilità mi avrebbe convinto alle dimissioni anticipate: quella di candidarmi alla presidenza della Regione».
Secondo lei i tempi sono maturi per questa scelta?
«Sì, sono maturi, perché vedo l’attuale classe politica un po’ distratta dalle elezioni romane. Sento un gran parlare di candidature e molti già si accapigliano per posizionarsi. Qualcuno mi ha anche chiesto se fossi disposto a correre. Ma io ho risposto che se mi fosse data la possibilità di andare a Roma direi di no».
Perché?
«Io faccio le cose che devo sentire e che mi divertono. Faccio politica per passione mettendo la mia competenza al servizio del bene comune. E a differenza di molti ho una caratteristica: quando non farò più politica potrò tornare alla mia vita e al mio lavoro».
Questa sua candidatura matura all’interno del Pd?
«Forse non abbiamo ancora capito che bisogna rimettere al centro le persone e non i simboli. Che bisogna cioè ristrutturare la politica sulla qualità delle persone, e non sull’appartenenza a questo o quello schieramento. Detto questo, oggi chiaramente non mi pongo come candidato Pd, non potrei neanche farlo da solo. Se il partito lo vorrà, se vorrà le primarie, mi sottoporrò a ogni forma di giudizio. Oggi sono Antonio Luciani e dedicherò i sabati dal prossimo e quelli a venire a girare l’Abruzzo e a imparare a conoscerlo. Perché chi pensa oggi di conoscere il territorio abruzzese, così complesso, non so quanto sia sincero».
In questi anni da sindaco che giudizio si è fatto della Regione come amministrazione?
«Sono sindaco dal 2011, quindi ho vissuto la fine della gestione Chiodi e l’inizio della gestione D’Alfonso. Sicuramente con D’Alfonso la Regione è migliorata come attenzione ai problemi, soprattutto nella parte politica. Ma è poco migliorata, e mi dispiace notarlo, dal punto di vista della struttura, della sua organizzazione. Lì penso che ci sia ancora un enorme lavoro da fare, che non è stato fatto fino in fondo. Io ho in testa una frase di Steve Jobs: “Non dobbiamo fare le cose meglio degli altri, le dobbiamo fare diversamente”. Questo è il mio slogan: io non voglio fare le cose meglio di chi mi ha preceduto, le voglio fare diversamente. E’ un po’ il dilemma che avevo con la mia città?
Cioè?
«Francavilla aveva perso la vocazione turistica che aveva ereditato storicamente e stava disperdendo quel patrimonio. L’Abruzzo è un polmone verde che potrebbe attirare milioni di persone, come ci ha in segnato la Puglia. Eppure non abbiamo fatto nulla, perché forse non ci si è creduto e non si sono trovati gli strumenti giusti. Ecco, un altro piccolo limite che trovo nella Regione è l’utilizzo della facoltà legislativa. Io sono conosciuto come un sindaco decisionista...»
Certo, ricordiamo l’abbattimento di palazzo Sirena nonostante le ire di Sgarbi...
«Io prendo di mira una questione, l’attacco, decido e la risolvo. Certo, la Regione non è un comune è una realtà più complessa. E forse questo è un altro piccolo errore che è stato commesso. La Regione deve programmare, deve essere cioè presente con la politica, ma deve avere una visione attiva della programmazione. Ecco, la programmazione regionale non si è sviluppata nella maniera corretta».
E qual è la sua idea di regione?
«Vedo una regione che deve recuperare il suo carattere verde, il suo carattere turistico. Noi non siamo una regione industriale. Non possiamo pensare di fare grandi insediamenti industriali, non possiamo portarci dietro i problemi delle trivelle, alle quali mi sono sempre opposto. Non siamo quel tipo di regione e non dobbiamo aspirare ad esserlo. Dobbiamo buttarci su un’altra visione».
Quindi lavorare molto èiù sui servizi.
«Assolutamente sì. E bisogna lavorare, e su questo la nostra regione sta facendo benissimo, su temi come le reti Ten-T, dalle quali clamorosamente l’Abruzzo è stato escluso. Su questo il governatore sta lavorando benissimo. Nel frattempo dobbiamo lavorare valorizzando le cose che abbiamo, coinvolgendo molto gli abruzzesi.
Perché io credo che una comunità si sviluppi e prenda una direzione quando la si coinvolge. Oggi invece c’è molto distacco».
Ha una squadra con la quale lavora?
«Da tempo sto lavorando su questa ipotesi. Ho una profonda rete di conoscenze e di amicizie, politiche e non, che per ora voglio tenere fuori. Perché diventa antipatico il gioco di far sbilanciare persone in un momento che forse è prematuro, ma che io ho scelto apposta, quando tutti pensano a Roma, per dire che a me interessa solo l’Abruzzo».
A quale elettorato si rivolge?
«Ho il rispetto di chi mi conosce e mi ha visto operare. Sono convinto che buona parte dell’elettorato, non solo di centrosinistra, ma anche di centrodestra, gradirebbe una candidatura come la mia. Per ciò che rappresento e dico».
Per la candidatura c’è la probabilità che debba sfidare D’Alfonso alle primarie.
«Sto seguendo molto le dichiarazioni di Luciano, che per me è un amico. Io faccio molto caso a ciò che si dice, ma poi pongo l’accento spesso su ciò che non si dice. Io vorrei sentire da Luciano una frase del tipo: “io non mi candiderò a una carica romana”. Questa frase non gliel’ho ancora sentita dire. E una persona che vuole candidarsi alla Regione Abruzzo deve dirlo perché ormai i tempi sono maturi. Nell’ultima intervista ha detto che sarebbe disponibile a un incarico di governo. Non sembra che sia una frase che combaci con la volontà di candidarsi per la Regione, che non vorrei fosse considerata una ruota di scorta. Ma D’Alfonso lo conosco come persona corretta, dalle capacità indiscusse: spero che questa mia interpretazione sia sbagliata».
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Sindaco Luciani, perché la scelta della 500, e perché questo tour così in anticipo sui tempi delle elezioni regionali?
«L’Idea della 500 è nata perché è la mia auto. Contrariamente a molti miei colleghi, non ho nessuna auto blu a disposizione e da tre anni uso la 500 come prima auto di famiglia. La uso per lavoro, per fare il sindaco per tutto il resto. L’estate la sostituisco con una bicicletta elettrica».
E ora la usa come auto elettorale per conquistare la guida della Regione Abruzzo.
«Credo di aver detto proprio qui, nella sede del Centro, durante uno dei confronti elettorali con gli altri candidati sindaco, che mai mi sarei dimesso per candidarmi in Regione, da consigliere, o a Roma da deputato. Ma che una sola possibilità mi avrebbe convinto alle dimissioni anticipate: quella di candidarmi alla presidenza della Regione».
Secondo lei i tempi sono maturi per questa scelta?
«Sì, sono maturi, perché vedo l’attuale classe politica un po’ distratta dalle elezioni romane. Sento un gran parlare di candidature e molti già si accapigliano per posizionarsi. Qualcuno mi ha anche chiesto se fossi disposto a correre. Ma io ho risposto che se mi fosse data la possibilità di andare a Roma direi di no».
Perché?
«Io faccio le cose che devo sentire e che mi divertono. Faccio politica per passione mettendo la mia competenza al servizio del bene comune. E a differenza di molti ho una caratteristica: quando non farò più politica potrò tornare alla mia vita e al mio lavoro».
Questa sua candidatura matura all’interno del Pd?
«Forse non abbiamo ancora capito che bisogna rimettere al centro le persone e non i simboli. Che bisogna cioè ristrutturare la politica sulla qualità delle persone, e non sull’appartenenza a questo o quello schieramento. Detto questo, oggi chiaramente non mi pongo come candidato Pd, non potrei neanche farlo da solo. Se il partito lo vorrà, se vorrà le primarie, mi sottoporrò a ogni forma di giudizio. Oggi sono Antonio Luciani e dedicherò i sabati dal prossimo e quelli a venire a girare l’Abruzzo e a imparare a conoscerlo. Perché chi pensa oggi di conoscere il territorio abruzzese, così complesso, non so quanto sia sincero».
In questi anni da sindaco che giudizio si è fatto della Regione come amministrazione?
«Sono sindaco dal 2011, quindi ho vissuto la fine della gestione Chiodi e l’inizio della gestione D’Alfonso. Sicuramente con D’Alfonso la Regione è migliorata come attenzione ai problemi, soprattutto nella parte politica. Ma è poco migliorata, e mi dispiace notarlo, dal punto di vista della struttura, della sua organizzazione. Lì penso che ci sia ancora un enorme lavoro da fare, che non è stato fatto fino in fondo. Io ho in testa una frase di Steve Jobs: “Non dobbiamo fare le cose meglio degli altri, le dobbiamo fare diversamente”. Questo è il mio slogan: io non voglio fare le cose meglio di chi mi ha preceduto, le voglio fare diversamente. E’ un po’ il dilemma che avevo con la mia città?
Cioè?
«Francavilla aveva perso la vocazione turistica che aveva ereditato storicamente e stava disperdendo quel patrimonio. L’Abruzzo è un polmone verde che potrebbe attirare milioni di persone, come ci ha in segnato la Puglia. Eppure non abbiamo fatto nulla, perché forse non ci si è creduto e non si sono trovati gli strumenti giusti. Ecco, un altro piccolo limite che trovo nella Regione è l’utilizzo della facoltà legislativa. Io sono conosciuto come un sindaco decisionista...»
Certo, ricordiamo l’abbattimento di palazzo Sirena nonostante le ire di Sgarbi...
«Io prendo di mira una questione, l’attacco, decido e la risolvo. Certo, la Regione non è un comune è una realtà più complessa. E forse questo è un altro piccolo errore che è stato commesso. La Regione deve programmare, deve essere cioè presente con la politica, ma deve avere una visione attiva della programmazione. Ecco, la programmazione regionale non si è sviluppata nella maniera corretta».
E qual è la sua idea di regione?
«Vedo una regione che deve recuperare il suo carattere verde, il suo carattere turistico. Noi non siamo una regione industriale. Non possiamo pensare di fare grandi insediamenti industriali, non possiamo portarci dietro i problemi delle trivelle, alle quali mi sono sempre opposto. Non siamo quel tipo di regione e non dobbiamo aspirare ad esserlo. Dobbiamo buttarci su un’altra visione».
Quindi lavorare molto èiù sui servizi.
«Assolutamente sì. E bisogna lavorare, e su questo la nostra regione sta facendo benissimo, su temi come le reti Ten-T, dalle quali clamorosamente l’Abruzzo è stato escluso. Su questo il governatore sta lavorando benissimo. Nel frattempo dobbiamo lavorare valorizzando le cose che abbiamo, coinvolgendo molto gli abruzzesi.
Perché io credo che una comunità si sviluppi e prenda una direzione quando la si coinvolge. Oggi invece c’è molto distacco».
Ha una squadra con la quale lavora?
«Da tempo sto lavorando su questa ipotesi. Ho una profonda rete di conoscenze e di amicizie, politiche e non, che per ora voglio tenere fuori. Perché diventa antipatico il gioco di far sbilanciare persone in un momento che forse è prematuro, ma che io ho scelto apposta, quando tutti pensano a Roma, per dire che a me interessa solo l’Abruzzo».
A quale elettorato si rivolge?
«Ho il rispetto di chi mi conosce e mi ha visto operare. Sono convinto che buona parte dell’elettorato, non solo di centrosinistra, ma anche di centrodestra, gradirebbe una candidatura come la mia. Per ciò che rappresento e dico».
Per la candidatura c’è la probabilità che debba sfidare D’Alfonso alle primarie.
«Sto seguendo molto le dichiarazioni di Luciano, che per me è un amico. Io faccio molto caso a ciò che si dice, ma poi pongo l’accento spesso su ciò che non si dice. Io vorrei sentire da Luciano una frase del tipo: “io non mi candiderò a una carica romana”. Questa frase non gliel’ho ancora sentita dire. E una persona che vuole candidarsi alla Regione Abruzzo deve dirlo perché ormai i tempi sono maturi. Nell’ultima intervista ha detto che sarebbe disponibile a un incarico di governo. Non sembra che sia una frase che combaci con la volontà di candidarsi per la Regione, che non vorrei fosse considerata una ruota di scorta. Ma D’Alfonso lo conosco come persona corretta, dalle capacità indiscusse: spero che questa mia interpretazione sia sbagliata».
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