la sociologa

«Ma quale amore, è sentimento malato»

Scardaccione, criminologa della d’Annunzio: i giovani non accettano di essere lasciati, così pensano a vendicarsi

PESCARA. L’amore criminale non esiste: l’amore vero è solo amore e se un uomo ammazza la fidanzata il suo è «un sentimento malato». Lo afferma Ermenegilda Scardaccione, docente di Sociologia e Criminologia all’università d’Annunzio di Chieti-Pescara. Ma quello che uccide una donna che uomo è? L’omicidio di Jennifer Sterlecchini, 26 anni, accoltellata a morte dal fidanzato che aveva appena lasciato, è un caso da manuale per una criminologa: un classico da spiegare agli allievi del corso triennale di Sociologia e Criminologia al dipartimento di Scienze giuridiche e sociali.

Professoressa, una ragazza vuole lasciare il suo fidanzato e lui si vendica uccidendola: è un caso da manuale?

«Sembra proprio così. Un caso di scuola ma con un particolare: non è solo un delitto eseguito in maniera fredda visto che, da quanto ho saputo, è stato preceduto da una colluttazione tra il ragazzo e la ragazza: un momento di conflitto in cui il ragazzo non è riuscito a contenere la propria rabbia che è esplosa in maniera distruttiva. Questo elemento potrebbe far pensare anche a un delitto d’impeto».

Ma cosa accade nella mente di un giovane giudicato «normale» fino ad annientare la vita della fidanzata?

«Se sul piano criminologico il discorso appare già delineato nella rabbia, sul piano sociologico e psicologico il discorso è diverso: attualmente, nelle relazioni amorose, i soggetti maschili sono sempre più incapaci di elaborare il lutto del distacco e, quasi ogni due settimane, registriamo l’omicidio di una donna. Tra gli uomini, tipicamente di una giovane generazione tra i 30 e i 40 anni, domina una fragilità emotiva: di fronte al rifiuto della donna non sono in grado di reagire positivamente e alimentano i propri impulsi distruttivi che spesso sono conseguenza della depressione legata alla perdita della persona amata».

Quindi, si scatenano istinti omicidi?

«Sì, è così che si inizia a pensare solo al senso di vendetta e al desiderio di annientare l’altra persona: non si accetta di essere stati abbandonati».

Perché?

«Si attiva una ferita narcisistica: l’uomo inizia a chiedersi cosa c’è in me che non va e, insieme alla sofferenza di non avere più accanto una persona a cui si è attaccati, si scatena la rabbia».

Ma se uomo uccide la fidanzata che vuole lasciarlo, si può parlare ancora di amore?

«No, non è amore. Se una situazione di coppia è stata solida e costruttiva, al momento del distacco, c’è solo il dolore della perdita e non si pensa alla distruzione dell’altro che è conseguenza dell’io ferito. Non è amore ma una forma di attaccamento morboso e totalizzante».

Possesso?

«Esatto: non si accetta che una donna possa rifarsi una vita senza l’uomo. Dobbiamo chiederci perché uccidono quasi solo gli uomini: accade perché c’è ancora un certo maschilismo radicato nella nostra società. Una ancestrale componente di natura socio culturale che porta al rifiuto dell’abbandono».

La Giornata nazionale contro la violenza sulle donne è passata da appena 8 giorni: cosa si può fare davvero per evitare altre tragedie simili?

«Serve un’educazione che porti i giovani a gestire relazioni amorose basate sul rispetto reciproco. Inoltre, spesso, dietro a questi delitti c’è un disagio psicologico che reclama attenzione socio sanitaria».

Vittime e carnefici sono spesso giovani: perché?

«La fascia dei giovani adulti è quella che ha maggiori difficoltà a instaurare relazioni positive. Questo è un periodo in cui le relazioni tra uomo e donna sono sempre più complicate: non si costruiscono legami maturi ma spesso distruttivi in cui gli uomini spesso si sentono a rischio di abbandono e giudicati».

È l’amore criminale?

«No, non esiste: quando l’amore finisce nel sangue non è amore. Di fronte all’abbandono si vive solo la sofferenza, non si uccide l’altro».

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