Maestre precarie, domani l'incontro con il sottosegretario De Filippo
Incontro al Miur per chiarire l’effetto della sentenza del Consiglio di Stato che retrocede 50mila docenti. Chi ha vinto il ricorso ora esulta
PESCARA. L'ultimo atto andrà in scena il 4 gennaio a Roma quando al Miur il sottosegretario Vito De Filippo incontrerà i sindacati per fare chiarezza una volta per tutte sugli effetti della sentenza Plenaria e il futuro di 50mila maestre. Il 20 dicembre, infatti, il Consiglio di Stato ha stabilito che il diploma magistrale è abilitante all’insegnamento ma non ha valore per l’inserimento nelle Gae (Graduatorie a esaurimento) senza passare prima per un concorso. A questo punto, non saranno assunti i 50mila maestri e maestre che insegnano nella scuola italiana con il vecchio titolo preso entro il 2001. E chi lo ha già fatto con riserva ora probabilmente sarà espulso.
LA SENTENZA. L’Adunanza plenaria ha respinto le motivazioni che avevano portato i legali di centinaia di diplomati magistrali a presentare un massiccio ricorso. Facendo anche dietrofront rispetto ad altre cinque sentenze che avevano già inserito nelle Gae 2mila diplomati. Su questo tema si è aperto, nel mondo della scuola, uno dei più aspri dibattiti degli ultimi decenni.
UN PO’ DI STORIA. Prima dell’anno scolastico 2001/2002 il titolo del diploma magistrale era sufficiente per insegnare alle elementari, dove oggi è obbligatoria la laurea. Nel 2014 una storica sentenza degli stessi giudici aveva dato ragione a tutti questi docenti: dal momento che il titolo all’epoca consentiva l’accesso all’insegnamento, doveva essere considerato abilitante anche oggi. Così decine di migliaia di maestre avevano potuto accedere alla seconda fascia delle graduatorie d’istituto, le liste che assegnano ogni anno le supplenze. Un trionfo. Ma l’obiettivo grosso era quello di entrare nelle cosiddette Gae, che danno diritto all’assunzione. Dopo altri tre anni di battaglia in tribunale, il responso è stato però negativo.
I MOTIVI. Due, fondamentalmente, le motivazioni fornite dall’organo presieduto da Alessandro Pajno: i ricorsi sono stati troppo tardivi, avrebbero dovuto essere presentati nel 2007, subito dopo l’esclusione dalle Gae (quando però non si sapeva neanche che il diploma magistrale sarebbe stato considerato abilitante); soprattutto, quel titolo in passato è stato buono per l’abilitazione all’insegnamento, ma mai per l’accesso alle graduatorie e all’assunzione.
L’INTERVENTO. Olga Ferrari, laureanda in Scienze della Formazione Primaria a L’Aquila, ha scritto al Centro. La sua posizione è chiara e netta. «Il sindacato tenta di far passare per licenziamento di massa un qualcosa che tale non è. Dal 2002, con l’istituzione del corso di laurea in Scienza della formazione Primaria, l’abilitazione è diventata esclusivamente legata ad un titolo “accademico”. Il valore “abilitante” del diploma magistrale», precisa la laureanda, «è stato mantenuto in quanto titolo adeguato per accedere alle graduatorie di II fascia e per il concorso. La situazione reale, come ridefinita dall’adunanza Plenaria», spiega la Ferrari, «sarà che nessuno verrà licenziato ma tutti gli aspiranti docenti torneranno in II fascia, a fianco dei laureati in Scienze della Formazione Primaria, che seguono un percorso universitario di 5 anni e oltre 300 ore di tirocinio nelle scuole. Tutti nella stessa graduatoria e ognuno con il punteggio “adeguato” al proprio titolo di studio e di accesso alle graduatorie. E quanti hanno firmato contratti a tempo indeterminato “con riserva”», conclude, «hanno ratificato una clausola in cui si prevedeva il ripristino della situazione ante quem, qualora l’adunanza si fosse espressa negativamente».
QUALCHE NUMERO. In provincia dell’Aquila, nel 2017, sono state inserite oltre 250 persone nella Gae, in Provincia di Pescara oltre 300, in provincia di Chieti quasi 500. Il loro destino sembra essere segnato come si può dedurre dal più rappresentativo chiarimento che segue: «Il diploma magistrale non è mai stato titolo sufficiente, da solo, per l’accesso a graduatorie funzionali all’assunzione in ruolo. La questione è stata definitivamente chiarita dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato», scrive Max Bruschi, ispettore del Miur e docente di Diritto e legislazione Scolastica.
LA RIVINCITA. E’ autorevole infine l'intervento inviato al Centro da Alessandra Michieletto, presidente Comitato tutela docenti Gae infanzia legge 296/2006, quelle che, in sintesi, si sono costituite ad opponendum alla Plenaria contro le docenti diplomate alle magistrali prima del 2001: «Ci sono 26 mila precari storici inseriti a pieno titolo nelle Graduatorie ad esaurimento infanzia e primaria fin dalla loro istituzione con la legge 296/2006 dei quali nessuno mai parla nel pianto greco dei comunicati sindacali, degli articoli di stampa cartacei e sul web, che caratterizza l'infuocato dibattito sviluppatosi in questi giorni. 26 mila precari per i quali non è valsa e non vale la tanto ora appellata continuità didattica, per i quali non si è mai parlato di licenziamento di massa anche se si sono ritrovati a perdere uno stipendio che fino al giugno precedente mandava avanti la famiglia». La Michieletto quindi si riferisce a quell’esercito di docenti che, prima della sentenza Plenaria, si sono visti compromettere il futuro da un ugual numero di maestre con diploma ante 2001. Rappresentano l’altra faccia della luna che ora ha la sua rivincita
TOCCA A NOI. «Ora spetta a qualcun altro rispettare le sentenze», scrive la Michieletto, «a noi vanno invece restituite posizioni in graduatoria, ruoli e supplenze. Abbiamo dovuto tutelarci da soli perché né i sindacati, né politica e amministrazione, sorde alle proposte di buon senso giunte da più parti ai loro tavoli per risolvere il contenzioso prima dei giudici, lo hanno fatto. E pare che dobbiamo continuare, ora come allora, ad autotutelarci, perché nessuno abbia a decidere inaudita altera parte. Tantomeno il 4 gennaio».
«Non ce l'abbiamo con chi ha il diploma magistrale (lo abbiamo anche noi)», sottolinea però la docente, «e non diciamo che non possano insegnare. Chiediamo solo e da sempre che vengano dopo chi, come noi, è nelle Gae o per aver superato una o più prove concorsuali, o per aver seguito percorsi abilitanti specifici varati dallo Stato». Non resta che attendere il giorno 4.
LA SENTENZA. L’Adunanza plenaria ha respinto le motivazioni che avevano portato i legali di centinaia di diplomati magistrali a presentare un massiccio ricorso. Facendo anche dietrofront rispetto ad altre cinque sentenze che avevano già inserito nelle Gae 2mila diplomati. Su questo tema si è aperto, nel mondo della scuola, uno dei più aspri dibattiti degli ultimi decenni.
UN PO’ DI STORIA. Prima dell’anno scolastico 2001/2002 il titolo del diploma magistrale era sufficiente per insegnare alle elementari, dove oggi è obbligatoria la laurea. Nel 2014 una storica sentenza degli stessi giudici aveva dato ragione a tutti questi docenti: dal momento che il titolo all’epoca consentiva l’accesso all’insegnamento, doveva essere considerato abilitante anche oggi. Così decine di migliaia di maestre avevano potuto accedere alla seconda fascia delle graduatorie d’istituto, le liste che assegnano ogni anno le supplenze. Un trionfo. Ma l’obiettivo grosso era quello di entrare nelle cosiddette Gae, che danno diritto all’assunzione. Dopo altri tre anni di battaglia in tribunale, il responso è stato però negativo.
I MOTIVI. Due, fondamentalmente, le motivazioni fornite dall’organo presieduto da Alessandro Pajno: i ricorsi sono stati troppo tardivi, avrebbero dovuto essere presentati nel 2007, subito dopo l’esclusione dalle Gae (quando però non si sapeva neanche che il diploma magistrale sarebbe stato considerato abilitante); soprattutto, quel titolo in passato è stato buono per l’abilitazione all’insegnamento, ma mai per l’accesso alle graduatorie e all’assunzione.
L’INTERVENTO. Olga Ferrari, laureanda in Scienze della Formazione Primaria a L’Aquila, ha scritto al Centro. La sua posizione è chiara e netta. «Il sindacato tenta di far passare per licenziamento di massa un qualcosa che tale non è. Dal 2002, con l’istituzione del corso di laurea in Scienza della formazione Primaria, l’abilitazione è diventata esclusivamente legata ad un titolo “accademico”. Il valore “abilitante” del diploma magistrale», precisa la laureanda, «è stato mantenuto in quanto titolo adeguato per accedere alle graduatorie di II fascia e per il concorso. La situazione reale, come ridefinita dall’adunanza Plenaria», spiega la Ferrari, «sarà che nessuno verrà licenziato ma tutti gli aspiranti docenti torneranno in II fascia, a fianco dei laureati in Scienze della Formazione Primaria, che seguono un percorso universitario di 5 anni e oltre 300 ore di tirocinio nelle scuole. Tutti nella stessa graduatoria e ognuno con il punteggio “adeguato” al proprio titolo di studio e di accesso alle graduatorie. E quanti hanno firmato contratti a tempo indeterminato “con riserva”», conclude, «hanno ratificato una clausola in cui si prevedeva il ripristino della situazione ante quem, qualora l’adunanza si fosse espressa negativamente».
QUALCHE NUMERO. In provincia dell’Aquila, nel 2017, sono state inserite oltre 250 persone nella Gae, in Provincia di Pescara oltre 300, in provincia di Chieti quasi 500. Il loro destino sembra essere segnato come si può dedurre dal più rappresentativo chiarimento che segue: «Il diploma magistrale non è mai stato titolo sufficiente, da solo, per l’accesso a graduatorie funzionali all’assunzione in ruolo. La questione è stata definitivamente chiarita dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato», scrive Max Bruschi, ispettore del Miur e docente di Diritto e legislazione Scolastica.
LA RIVINCITA. E’ autorevole infine l'intervento inviato al Centro da Alessandra Michieletto, presidente Comitato tutela docenti Gae infanzia legge 296/2006, quelle che, in sintesi, si sono costituite ad opponendum alla Plenaria contro le docenti diplomate alle magistrali prima del 2001: «Ci sono 26 mila precari storici inseriti a pieno titolo nelle Graduatorie ad esaurimento infanzia e primaria fin dalla loro istituzione con la legge 296/2006 dei quali nessuno mai parla nel pianto greco dei comunicati sindacali, degli articoli di stampa cartacei e sul web, che caratterizza l'infuocato dibattito sviluppatosi in questi giorni. 26 mila precari per i quali non è valsa e non vale la tanto ora appellata continuità didattica, per i quali non si è mai parlato di licenziamento di massa anche se si sono ritrovati a perdere uno stipendio che fino al giugno precedente mandava avanti la famiglia». La Michieletto quindi si riferisce a quell’esercito di docenti che, prima della sentenza Plenaria, si sono visti compromettere il futuro da un ugual numero di maestre con diploma ante 2001. Rappresentano l’altra faccia della luna che ora ha la sua rivincita
TOCCA A NOI. «Ora spetta a qualcun altro rispettare le sentenze», scrive la Michieletto, «a noi vanno invece restituite posizioni in graduatoria, ruoli e supplenze. Abbiamo dovuto tutelarci da soli perché né i sindacati, né politica e amministrazione, sorde alle proposte di buon senso giunte da più parti ai loro tavoli per risolvere il contenzioso prima dei giudici, lo hanno fatto. E pare che dobbiamo continuare, ora come allora, ad autotutelarci, perché nessuno abbia a decidere inaudita altera parte. Tantomeno il 4 gennaio».
«Non ce l'abbiamo con chi ha il diploma magistrale (lo abbiamo anche noi)», sottolinea però la docente, «e non diciamo che non possano insegnare. Chiediamo solo e da sempre che vengano dopo chi, come noi, è nelle Gae o per aver superato una o più prove concorsuali, o per aver seguito percorsi abilitanti specifici varati dallo Stato». Non resta che attendere il giorno 4.