MONTESILVANO

Maresciallo morto per l'amianto: ministero deve risarcire i familiari

Per i giudici ci fu correlazione tra la malattia e l'attività professionale. Giuseppe Lazzari perse la vita nel 2013 per un mesotelioma pleurico causato dall'esposizione a sostanze cancerogene

MONTESILVANO. Il Tar del Lazio ha condannato il ministero della Difesa al risarcimento del danno subìto dal maresciallo capo Giuseppe Lazzari, originario di Torre Annunziata,  che il 26 febbraio 2013, all’età di 46 anni, è deceduto per mesotelioma pleurico. Nell’Esercito italiano dal 1992 al 2010, Lazzari, oltre ad aver prestato servizio nel laboratorio analisi dell'ospedale militare di Chieti, ha partecipato a numerose missioni anche all’estero (ad esempio in Kosovo, Bosnia, Afghanistan e Libano), in territori contaminati da fibre di amianto e con radiazioni per l’uso di proiettili all’uranio impoverito.

Il ministero aveva rigettato le domande della vedova e degli orfani (ancora minorenni all’epoca della morte del papà, la figlia Roberta aveva 17 anni e il figlio Armando 13) che vivono a Montesilvano La loro vicenda era giunta all’Osservatorio nazionale amianto e all’avvocato Ezio Bonanni, che non si sono dati per vinti e hanno sostenuto la famiglia nella lunga vicenda giudiziaria, dieci anni di battaglie legali, prima presso il Tribunale di Pescara per il riconoscimento dello status di "vittima del dovere", e successivamente al Tar del Lazio con la pronuncia di riconoscimento della causa di servizio, passata in giudicato il 26 gennaio 2022, e l’altra, decisione, di questi giorni, che condanna anche al risarcimento del danno.

"E’ stato finalmente sancito il fatto che, oltre alle fibre di amianto, anche le radiazioni e le nanoparticelle di uranio impoverito legate ai proiettili e alla loro esplosione sono dannose per la salute e provocano il mesotelioma", si legge sulla nota dell'Osservatorio nazionale amianto. "Non è finita qui perché la causa prosegue per l’opposizione del ministero a risarcire e perché bisogna determinare l’importo del danno. Oltre all’uranio impoverito nel corso della sua vita lavorativa, Lazzari era stato esposto all’asbesto presente nelle cucine da campo utilizzate nelle missioni all’estero, nei mezzi corazzati usati negli spostamenti. La presenza di amianto è stata accertata, inoltre, negli elicotteri impiegati dall’esercito italiano. In tutte queste situazioni – è stato più volte ribadito in sentenza – il militare avrebbe operato privo di dispositivi di protezione e non sarebbe mai stato informato della presenza di agenti patogeni […]".

"Il Tar del Lazio ha richiamato il principio per cui 'l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure necessarie che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono indispensabili per tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. In particolare, in relazione ai militari, ribadisce il “dovere dell’amministrazione della Difesa di proteggere il cittadino-soldato da altre forme prevedibili e prevenibili di pericoli non strettamente dipendenti da azioni belliche, … dotandolo di equipaggiamento adeguato”. 
“Questo processo è stato anche un motivo per ricordare di mio marito – ha commentato sollevata la vedova, Anna Odore – “ho voluto portare avanti la sua volontà di abbattere un sistema che negava gli effetti derivanti dall’amianto e dall’uranio impoverito”.
Per richiedere assistenza e consulenza gratuita i lavoratori e i cittadini possono utilizzare lo sportello on-line (https://onanotiziarioamianto.it/sportello-amianto-ona-nei-territori/), o contattare il numero verde 800 034 294. L’associazione ha realizzato una App (http://app.onanotiziarioamianto.it/) per le segnalazioni dei siti in cui ancora è presente amianto.