Marittimi, il giorno dell'ira
Lo scalo bloccato dalle barche, scontri e sassaiole in città
PESCARA. I pescherecci ormeggiati all'imbocco del porto chiudono lo scalo al transito delle imbarcazioni. Un tappo artificiale, costituito da navi e piccoli vascelli, è la soluzione estrema scelta dalla marineria pescarese per dire basta alla politica degli annunci e a un dragaggio che da mesi va avanti a singhiozzo. La rabbia, accumulata in mesi e mesi di promesse disattese, è sfociata ieri in una sassaiola contro la sede della Direzione marittima e in una serie di scontri con le forze dell'ordine sulle scale della prefettura. Le pietre lanciate dagli uomini di mare contro la Capitaneria, i cassonetti divelti e la sbarra di ferro utilizzata per sfondare la porta d'ingresso sono l'immagine più forte di una categoria al collasso.
I fondali del porto insabbiati da mesi sono di ostacolo all'entrata e all'uscita delle imbarcazioni.
I continui rimpalli di responsabilità tra le istituzioni preposte al dragaggio - dal Comune alla Regione, passando per la Direzione marittima e il Provveditorato alle opere pubbliche - contribuiscono a rendere incandescente il clima che si respira tra tutte le categorie di portuali. Non c'è solo la rabbia dei pescatori, costretti quotidianamente a fare i conti con i fondali bassi dello scalo e con una classe dirigente, dicono esasperati, «che si è dimostrata incapace di andare al di là delle promesse».
Accanto ai pescatori ci sono gli operatori commerciali che lavorano giornalmente col porto di Pescara, da Sabatino Di Properzio a Riccado Padovano e Bruno Santori. Tutti sono compatti nel denunciare l'inutilità di un sistema di escavazione «lungo e costoso» che è stato adottato fino a oggi e nel chiedere con forza che i fanghi prelevati dai fondali possano essere smaltiti a mare, in una discarica al largo della costa.
«Siamo sfiniti», si sfogano gli oltre cento rappresentanti della marineria pescarese che ieri mattina hanno incrociato le braccia e sono scesi in piazza per far sentire la propria voce.
Il corteo è stato organizzato a circa tre mesi di distanza dall'ultima protesta, che il 4 marzo scorso aveva bloccato le strade della città mandando in tilt il traffico cittadino.
Il copione si è riproposto uguale: ancora una volta il programma prevedeva di chiudere la rampa dell'asse attrezzato, ma stavolta gli animi erano più esasperati.
I primi segnali di collera si sono manifestati nelle prime ore della mattinata.
All'appuntamento sulla banchina commerciale del molo sud, intorno alle 9, è già chiaro che le categorie dei portuali non intendano concedere sconti e dilazioni, né sulla tempistica né sulle condizioni del dragaggio.
Le prime scintille, tuttavia, sono interne alla marineria stessa a causa dei tanto contestati provvedimenti per il rispetto del regolamento europeo sulle reti da pesca.
Il passaggio dalle parole forti fino agli insulti e alle mani è breve. Il piccolo focolaio di protesta «tra chi rispetta le regole e chi invece le aggira» viene subito sedato.
Ma è solo l'inizio dello scontro vero e proprio che si consuma a piazza della Marina, di fronte allo schieramento compatto di forze dell'ordine in assetto antisommossa.
E' accanto alla sede della Direzione Marittima, infatti, che la breve marcia dei portuali si arresta di colpo. I manifestanti se la prendono con il comandante Pietro Verna, accusato di «lassismo e immobilismo» e iniziano a ribaltare una serie di cassonetti. Il primo passo è bloccare la rampa di ingresso dell'asse attrezzato che porta a piazza Italia.
«Avete rovinato Pescara», urla Francesco Scordella, «sono stati spesi miliardi e miliardi per il porto e siamo al punto di partenza. Adesso vi vergognate perfino a scendere in strada». «Noi vogliamo solo lavorare», ribatte Mimmo Grosso, «dovete risolverci il problema. Non possiamo aspettare che ci scappi il morto prima di intervenire. Finora non è stato così perché i marittimi pescaresi sono dei grandi professionisti e sanno navigare in tutte le condizioni».
La richiesta è un'ordinanza immediata per la chiusura del porto a tempo indeterminato, in modo da consentire al governo di attivare le procedure emergenziali per il dragaggio dello scalo.
«Non deve entrare più nessuno, dalle barche a remi ai pescherecci più grandi», è il suggerimento di Scordella approvato dai presenti.
La riunione lampo con il comandante Verna, una delegazione di operatori marittimi e i consiglieri comunali del Partito democratico Enzo Del Vecchio, Moreno Di Pietrantonio e Florio Corneli si conclude con un sonoro nulla di fatto.
Alle perplessità del comandante della capitaneria i portuali rispondono abbandonando il tavolo della trattativa e dando inizio a una violenta sassaiola. I vetri della Direzione Marittima sono presi d'assalto dai manifestanti che prima afferrano le pietre e poi si spingono contro il portone d'ingresso con un grosso palo utilizzato per delimitare le aree di sosta.
Gli scontri non finiscono qui, ma proseguono più avanti, sulle scale della prefettura. Gli attacchi contro le forze dell'ordine provocano il ferimento di due agenti della polizia provinciale, entrambi finiti al pronto soccorso con 7 e 10 giorni di prognosi. I tre vertici, in diversi momenti della giornata, con il prefetto Vincenzo D'Antuono, il questore Paolo Passamonti e il sindaco Luigi Albore Mascia, si concludono con un nulla di fatto.
Le istituzioni tentano invano di guadagnare qualche giorno di tempo, ma i pescatori sono risoluti.
«Non spostiamo le barche. L'ingresso del porto resta tappato». E' chiaro che la rabbia dei portuali è arrivata ormai a un punto di non ritorno.
I fondali del porto insabbiati da mesi sono di ostacolo all'entrata e all'uscita delle imbarcazioni.
I continui rimpalli di responsabilità tra le istituzioni preposte al dragaggio - dal Comune alla Regione, passando per la Direzione marittima e il Provveditorato alle opere pubbliche - contribuiscono a rendere incandescente il clima che si respira tra tutte le categorie di portuali. Non c'è solo la rabbia dei pescatori, costretti quotidianamente a fare i conti con i fondali bassi dello scalo e con una classe dirigente, dicono esasperati, «che si è dimostrata incapace di andare al di là delle promesse».
Accanto ai pescatori ci sono gli operatori commerciali che lavorano giornalmente col porto di Pescara, da Sabatino Di Properzio a Riccado Padovano e Bruno Santori. Tutti sono compatti nel denunciare l'inutilità di un sistema di escavazione «lungo e costoso» che è stato adottato fino a oggi e nel chiedere con forza che i fanghi prelevati dai fondali possano essere smaltiti a mare, in una discarica al largo della costa.
«Siamo sfiniti», si sfogano gli oltre cento rappresentanti della marineria pescarese che ieri mattina hanno incrociato le braccia e sono scesi in piazza per far sentire la propria voce.
Il corteo è stato organizzato a circa tre mesi di distanza dall'ultima protesta, che il 4 marzo scorso aveva bloccato le strade della città mandando in tilt il traffico cittadino.
Il copione si è riproposto uguale: ancora una volta il programma prevedeva di chiudere la rampa dell'asse attrezzato, ma stavolta gli animi erano più esasperati.
I primi segnali di collera si sono manifestati nelle prime ore della mattinata.
All'appuntamento sulla banchina commerciale del molo sud, intorno alle 9, è già chiaro che le categorie dei portuali non intendano concedere sconti e dilazioni, né sulla tempistica né sulle condizioni del dragaggio.
Le prime scintille, tuttavia, sono interne alla marineria stessa a causa dei tanto contestati provvedimenti per il rispetto del regolamento europeo sulle reti da pesca.
Il passaggio dalle parole forti fino agli insulti e alle mani è breve. Il piccolo focolaio di protesta «tra chi rispetta le regole e chi invece le aggira» viene subito sedato.
Ma è solo l'inizio dello scontro vero e proprio che si consuma a piazza della Marina, di fronte allo schieramento compatto di forze dell'ordine in assetto antisommossa.
E' accanto alla sede della Direzione Marittima, infatti, che la breve marcia dei portuali si arresta di colpo. I manifestanti se la prendono con il comandante Pietro Verna, accusato di «lassismo e immobilismo» e iniziano a ribaltare una serie di cassonetti. Il primo passo è bloccare la rampa di ingresso dell'asse attrezzato che porta a piazza Italia.
«Avete rovinato Pescara», urla Francesco Scordella, «sono stati spesi miliardi e miliardi per il porto e siamo al punto di partenza. Adesso vi vergognate perfino a scendere in strada». «Noi vogliamo solo lavorare», ribatte Mimmo Grosso, «dovete risolverci il problema. Non possiamo aspettare che ci scappi il morto prima di intervenire. Finora non è stato così perché i marittimi pescaresi sono dei grandi professionisti e sanno navigare in tutte le condizioni».
La richiesta è un'ordinanza immediata per la chiusura del porto a tempo indeterminato, in modo da consentire al governo di attivare le procedure emergenziali per il dragaggio dello scalo.
«Non deve entrare più nessuno, dalle barche a remi ai pescherecci più grandi», è il suggerimento di Scordella approvato dai presenti.
La riunione lampo con il comandante Verna, una delegazione di operatori marittimi e i consiglieri comunali del Partito democratico Enzo Del Vecchio, Moreno Di Pietrantonio e Florio Corneli si conclude con un sonoro nulla di fatto.
Alle perplessità del comandante della capitaneria i portuali rispondono abbandonando il tavolo della trattativa e dando inizio a una violenta sassaiola. I vetri della Direzione Marittima sono presi d'assalto dai manifestanti che prima afferrano le pietre e poi si spingono contro il portone d'ingresso con un grosso palo utilizzato per delimitare le aree di sosta.
Gli scontri non finiscono qui, ma proseguono più avanti, sulle scale della prefettura. Gli attacchi contro le forze dell'ordine provocano il ferimento di due agenti della polizia provinciale, entrambi finiti al pronto soccorso con 7 e 10 giorni di prognosi. I tre vertici, in diversi momenti della giornata, con il prefetto Vincenzo D'Antuono, il questore Paolo Passamonti e il sindaco Luigi Albore Mascia, si concludono con un nulla di fatto.
Le istituzioni tentano invano di guadagnare qualche giorno di tempo, ma i pescatori sono risoluti.
«Non spostiamo le barche. L'ingresso del porto resta tappato». E' chiaro che la rabbia dei portuali è arrivata ormai a un punto di non ritorno.
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