Minori adescati online, è allarme «L’età più critica dai 10 ai 13 anni» 

A Pescara sono in crescita i ricatti hard dei giovanissimi sulla base di foto e video condivisi sui social La polizia postale: attenti a chattare con gli sconosciuti, molti si fingono coetanei e poi iniziano i guai

PESCARA. Resta alto l’allarme in città per i casi di pedopornografia minorile online. A Pescara, come nel resto d’Italia, è in crescita il fenomeno del cosiddetto “sextortion” ossia il metodo dell’estorsione criminale utilizzato per ricattare i giovanissimi sulla base di immagini o filmati che li mostrano nudi o mentre compiono atti sessuali. Resta costante e di dimensioni preoccupanti anche l’adescamento dei ragazzini attraverso chat e social media che poi sfocia in sfruttamento e abuso via web. La fascia di età più critica, in questo caso, è quella preadolescenziale, dai 10 ai 13 anni.
A sollevare l’attenzione sul fenomeno è il compartimento della polizia postale di Pescara, guidato dalla dirigente Elisabetta Narciso, che in occasione della giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia che ricorre oggi, ha diffuso i dati dei casi principali e più attuali, corredati da azioni di contrasto e iniziative di prevenzione e sensibilizzazione rivolte agli utenti più vulnerabili. Nel 2023 sono stati analizzati complessivamente dagli specialisti della Polpost 28.355 siti internet, di cui quasi 2.800 inseriti nella black list dei siti che contengono rappresentazioni di sfruttamento sessuale di minori. Oltre 1.100 le persone identificate e denunciate per aver scaricato, condiviso e scambiato foto e video di abuso sessuale ai danni di minori. A tracciare i contorni del fenomeno in città è il vice questore Gianluca De Donato, responsabile del settore investigativo del compartimento della polizia postale e delle comunicazioni Abruzzo. «Pescara è in linea con i dati nazionali», spiega, «perché parliamo di fenomeni molto radicati nella società che oggi sono in crescita sia in considerazione della maggiore accessibilità ai social da parte dei minori, che a volte vengono lasciati liberi di navigare senza un’educazione digitale, sia per la maggiore circolazione di contenuti pedopornografici anche tramite lo scambio di stickers nelle chat di Whatsapp che iniziano a girare senza la consapevolezza di chi li inoltra e che mostrano stupri di bambini piccolissimi, di un anno o due, soprattutto dei Paesi asiatici. Registriamo poi il dato costante degli adescamenti online con tantissimi bambini che con ingenuità si approcciano alle chat e cadono vittima delle trappole».
Sono due i casi più frequenti: «C’è l’adescatore che è alla ricerca di incontri reali e chi è interessato a coinvolgere il minore nella produzione di materiale pedopornografico da far girare online», rimarca De Donato. «Il canovaccio è lo stesso e il processo di acquisizione della fiducia è molto lento: prima si spacciano per ragazzini, utilizzando anche il loro linguaggio, e poi iniziano con le richieste. All’inizio chiedono una foto del viso, specie delle ragazzine, e poi passano a cose più esplicite. Talvolta raccontano di essere haker e di aver violato i telefonini, acquisendo riprese sotto la doccia e facendo iniziare il ricatto: “Mandami una foto oppure giro i video hard a tutti i tuoi contatti”. L’emersione del fenomeno avviene grazie a un genitore, un docente o un altro adulto di riferimento che ci segnala la situazione e mette in moto il nostro lavoro di polizia giudiziaria che ci porta a identificare i cybercriminali».