Montesilvano 2050 tra torri e parchi
Gli studenti di Architettura riprogettano il centro della città per unire via Roma al mare sfondando il muro della ferrovia
MONTESILVANO. «Gli studenti hanno coraggio e non si rassegnano davanti alla città che continua a non piacerci così com’è». Domenico Potenza, architetto e docente alla facoltà di Architettura dell’università D’Annunzio di Pescara, parla così dell’ultima sfida degli studenti: ripensare il centro di Montesilvano, da via Roma dribblando la stazione ferroviaria fino a corso Strasburgo e al lungomare. Non è un gioco: cambiare faccia al centro di Montesilvano – la stessa area che il sindaco Idv Attilio Di Mattia vuole pedonalizzare – è il tema dell’esame del corso di Composizione architettonica 3.
Città del futuro. Montesilvano 2050 come sarà? Una città tra torri al risparmio energetico, con i pomodori che crescono sulle facciate dei palazzi, e parchi per bambini e sportivi.
Superare la stazione. Nelle aule della D’Annunzio, i plastici che aspettano un voto sono in fila sui tavoli: il cuore dei progetti è come aggirare la stazione che oggi è ancora un muro tra il centro e il mare. Diciotto, 24 o 30 e lode: il voto dipende proprio da questo. «L’obiettivo», riflette Potenza, «è trovare piacevole il superamento della stazione». Da sopra o da sotto, non c’è differenza: la parola d’ordine è unire.
Progetti nuovi. Potenza, insieme a Carlo Pozzi, preside della facoltà di Architettura, e ai collaboratori Alessandro Buongiovanni, Massimo D’Arcangelo, Agnese Damiani, Giovanna Di Virgilio e Valeria Marzano, passa in rassegna i progetti freschi degli studenti: tanti di loro non sanno che Montesilvano è stata al centro di uno scandalo cubature e non conoscono neanche il vecchio progetto dell’ex sindaco Pd Enzo Cantagallo firmato dallo studio Miralles-Tagliabue nel 2005 per legare il centro al mare con le ramblas in stile Barcellona. Insieme ai docenti, a dare consigli agli studenti ci sono gli architetti tutor Marco Volpe, Fabrizio Chella, Salvatore Colletti, Michela Giammarini e Guido Camata (ingegnere): sono loro a curare gli approfondimenti per far capire agli studenti che il futuro non è soltanto cemento vista mare ma soprattutto edifici al risparmio energetico e verde.
Studenti coraggiosi. «La genialità espressa dai progetti degli studenti va tenuta in considerazione», avverte Potenza, «perché rappresenta un modo nuovo di guardare alla città senza i soliti preconcetti. Dagli elaborati», dice, «si nota un coraggio che, però, ha bisogno ancora di trovare una mediazione con i problemi della vita di tutti i giorni in città».
Utopia Montesilvano. I progetti raccontano una Montesilvano utopica: «Progetti difficili da realizzare ma che rappresentano un punto di partenza», conferma Pozzi. Il compito degli studenti è progettare nuovi spazi per la città legando due realtà oggi divise: «Magari con gallerie commerciali o culturali», continua Pozzi, «ma sempre per creare una connessione forte tra la Montesilvano della Nazionale e la città della riviera: la presenza della stazione tende ancora oggi a spaccare la città, ecco perché questa ricucitura adesso è importante». I progetti, utopici sì, sono comunque grimaldelli per forzare la realtà: «Gli studenti hanno la forza di aprire strade nuove», osserva Pozzi.
Cambiare la città. La facoltà di Architettura pensa a come cambiare Montesilvano: non è poco. «Così l’università fa ricerca sul territorio», spiega Potenza, «ma le amministrazioni devono sforzarsi di recepire le nostre idee che rappresentano un punto di partenza per ragionare e avviare i cambiamenti della città».
Pubblico al centro. Il corso di Composizione architettonica 3 mischia le carte e rimette al centro lo spazio pubblico: significa ribaltare l’impostazione edilizia e urbanistica di Montesilvano con i parchi pubblici finora realizzati a scomputo degli oneri concessori proprio sotto le finestre dei palazzi e con i parcheggi ceduti al Comune ma praticamente spazi quasi privati e vietati. «Lo spazio pubblico è stato relegato ai margini dei fabbricati privati», dice Potenza, «ma così non può più essere. Le città devono reinventarsi».
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