Morosini, condanna bis per i tre medici 

Calciatore morto in campo, sentenza della Corte d’appello. Nessuna responsabilità civile della Asl, resta quella del Pescara

PESCARA. Confermata la pena ai medici che già in primo grado erano stati condannati per la morte in campo di Piermario Morosini. Anche per la giustizia di secondo grado la tragedia del giovane calciatore del Livorno, stroncato da un malore il 14 aprile 2012 allo stadio Adriatico, durante la partita contro i biancazzurri, ha dei responsabili.
Ieri, la Corte d'appello dell'Aquila, presieduta dal giudice Luigi Catelli, ha confermato la condanna a un anno per il medico del 118 Vito Molfese e a otto mesi ciascuno per il medico sociale della squadra toscana, Manlio Porcellini, e il medico del Pescara, Ernesto Sabatini, ritenendoli colpevoli di omicidio colposo. Esce di scena la Asl di Pescara, che la Corte aquilana ha estromesso come responsabile civile, revocando per effetto le statuizioni civili stabilite a suo carico dal giudice del tribunale monocratico Laura D'Arcangelo. Confermata invece la responsabilità civile per la Pescara calcio.
Il verdetto, maturato dopo quasi due ore di camera di consiglio, si discosta solo in parte dalle richieste del pg Ettore Picardi, il quale nella sua requisitoria aveva chiesto per Molfese una pena pari a quella emessa nel settembre 2016 dal giudice D'Arcangelo per Porcellini e Sabatini, ossia otto mesi. Punto centrale dell'accusa il mancato uso del defibrillatore, nonostante che quel tragico giorno ce ne fossero due sul terreno di gioco dell'Adriatico e un terzo a bordo di un'ambulanza. I periti nominati a suo tempo dal gip sono sempre stati convinti che l'uso del defibrillatore «avrebbe dato qualche chance in più di sopravvivere» al calciatore, morto per cardiomiopatia aritmogena non riscontrabile con i normali esami clinici sportivi. Morosini militava da pochi mesi nella squadra toscana, era arrivato al Livorno in prestito dall'Atalanta. Era un ragazzo semplice e amato da tutti, che si prendeva cura con affetto della sorella disabile, Maria Carla, bisognosa di assistenza. Quel giorno, il "Moro" si accasciò a terra al 29' del primo tempo, mentre era in corso l'incontro di serie B tra i biancazzurri e il Livorno. Non aveva ancora compiuto 26 anni, ma la sua vita era già stata segnata dalla morte dei genitori e da un destino crudele. Il difensore di Molfese, l'avvocato Alberto Lorenzi, aspetta di conoscere le motivazioni e poi ricorrerà in Cassazione: «Restano invariati», sottolinea, «tutti i motivi di diritto per i quali abbiamo fatto ricorso in appello».
Da parte sua, il legale della Asl, l'avvocato Monica Passamonti, spiega che «già in primo grado avevo sollevato la questione preliminare di esclusione della Asl come responsabile civile, perché l'ente non aveva partecipato all'incidente probatorio». «Confidavo», prosegue, «nel secondo grado di giudizio perché ritenevo fondata la questione posta davanti al giudice D'Arcangelo. Il risultato mi ha dato ragione».
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