Muore Caterina, l’orsa simbolo dell’area faunistica di Palena 

Aveva quasi 34 anni: era l’esemplare più anziano in regione. E per gli alunni era una star

PALENA. L'orsa Caterina non ce l'ha fatta, una malattia se l'è portata via. Con Caterina se ne va un simbolo dell'Area faunistica di Palena, non solo perché era una vera star per i vari gruppi di famiglie ma anche perché grazie a lei la stessa area è stata istituita. L’orsa, ritratta nella foto grande a centro pagina, aveva quasi 34 anni, gli ultimi nove passati a Palena dopo che era stata per ben 24 anni, in gabbia, in una struttura turistica del Casertano, importata probabilmente dall'Est Europa. Era giunta a Palena dopo il sequestro del Nucleo Cites Campania della Forestale.
DA UNA GABBIA A PALENA. Caterina, un orso bruno europeo (Ursus arctos arctos), sottospecie di orso bruno diffuso in Europa, era stata affidata al Parco della Maiella e l’Area faunistica di Palena le aveva offerto una relativa libertà: nuovi spazi e stimoli, proprio sotto la montagna, prima da sola e poi in compagnia di altre due orse, Iris e Margherita. All’arrivo nel piccolo paese dell’Aventino era spaesata e come non poteva esserlo se per ben 24 anni era stata “reclusa” e il suo orizzonte erano delle sbarre verticali delimitanti uno spazio angusto. Ma intervenne il Nucleo Cites cioè quell’organismo che tutela le specie protette a rischio di estinzione. Quasi cinque lustri son tanti, troppi, ma al “nostro” plantigrado almeno era garantita una vecchiaia decorosa. Così è stato.
Caterina ha fatto conoscere la vita degli orsi a migliaia di bambini. Pacata e riservata, ha sempre conservato una sua dignità di fronte ai gruppi di turisti e visitatori della Maiella. «Le saremo sempre grati», si legge in una nota del Parco, «per averci aiutato ad avviare il nostro percorso didattico e di recupero di orsi in difficoltà a Palena e speriamo di esserci meritati la sua preziosa presenza con le cure, le attenzioni e gli spazi che le abbiamo, seppure in parte, restituito, dopo una vita difficile». I veterinari del Parco le avevano diagnosticato, qualche mese fa, un melanoma al labbro superiore destro, una brutta lesione che però si era mantenuta non invasiva, senza mai darle fastidio nella masticazione e nell’alimentazione. Caterina comunque aveva quasi 34 anni, che per un orso, anche in cattività, sono tanti. Piano piano nelle ultime settimane si è fatta più debole, e negli ultimi 4 giorni si è fatta alimentare sul suo letto di paglia. Da ieri l’altro era entrata in stato comatoso e ieri mattina si è spenta senza particolari sofferenze. Cure, attenzioni, amorevolezze che in parte le hanno restituito quanto le era stato tolto per 24 anni.
L'AREA FAUNISTICA. È stata inaugurata nel 2015, a perfezionamento del Mom, il Museo dell'Orso Marsicano già attivo dal 2005. I due centri, con finalità didattiche, educative e scientifiche, sono stati realizzati nel Comune di Palena, nella Maiella orientale, Alta Valle del fiume Aventino, a ridosso del Monte Porrara e dei Monti Pizzi. L’area è situata in località Colleveduta, a circa 800 metri sul livello del mare e si estende per 10.770 metri quadrati, tra un bosco di abeti, cespugli, alberi da frutto e aree di pascolo, rispecchiando l'habitat naturale dell'orso marsicano.
Obiettivo primario dell'area faunistica è far conoscere l'orso nella terra degli orsi. È circondata da un sentiero brecciato e un tunnel con finestre di avvistamento, così da permettere di osservare in totale tranquillità e sicurezza il placido plantigrado, uno dei simboli dell’Abruzzo montano che nell’immaginario collettivo passa, in maniera trasversale, da balocco a temuto predatore. Con la dipartita di Caterina l’area faunistica ospita adesso solo Iris e Margherita, due esemplari di orso bruno europeo (Ursus arctos arctos), sottospecie di orso bruno diffuso in Europa. Hanno 11 anni e sono nate nello zoo di Zurigo. Nate e vissute in semilibertà e, quindi, incapaci di tornare alla vita libera.
CATERINA E LUIGIA. Luigia Di Sciullo è la responsabile del servizio guida dell’area faunistica. La morte di Caterina l’ha scossa. «Tante persone ci stanno chiamando per manifestare il proprio dispiacere, non incrociare più lo sguardo della “nostra” Caterina sarà difficile» afferma aggiungendo: «Una cosa mi preme sottolineare io non sono sola a gestire tutta questa struttura (compreso il museo dell’orso), c’è un gruppo di lavoro ben formato, professionisti, siamo un equipe affiatata. È una condizione essenziale per raggiungere certi risultati. Il racconto della storia di Caterina è stato sempre quello che più ha colpito la sensibilità dei visitatori, grandi e piccoli, dell’Area faunistica dell’orso bruno, in alcuni casi fino alle lacrime. Il “sacrificio” della difficile vita di Caterina, alleviato dal 2015, quando è stata ospitata a Palena, è stato motivo di sensibilizzazione al rispetto degli orsi e di tutta la fauna selvatica. Obiettivo per il futuro: mai più storie simili a quella di Caterina, ma crescita responsabile per la convivenza e coesistenza con gli orsi solo in libertà».
Luigia ha fatto riferimento al museo dell’orso marsicano, il Mom, che si trova nel rione Sant’Antonio, sempre a Palena. Il percorso museale è articolato in sei sezioni, su due piani, che illustrano diverse tematiche legate all’orso bruno. Punto di forza del museo è il carattere divulgativo con finalità didattiche, educative e scientifiche; la riproduzione di una foresta di notte ed una parete interattiva favoriscono lo stimolo della curiosità di bambini, ragazzi ed adulti.
IL “MARSICANO”. L'area faunistica di Palena può essere impiegata come sito di recupero/riabilitazione di soggetti autoctoni in difficoltà che necessitino, per periodi limitati, di particolari cure e attenzioni prima del rilascio in natura .
Da oltre venti anni avvistamenti e segnali testimoniano la presenza dell'orso marsicano in particolare in questo settore del Parco, unica area, al di fuori del Pnalm (Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise), classificata nel Patom (Piano d'azione per la tutela dell'orso marsicano) come parte dell'areale centrale di distribuzione della specie. Contando solo poche decine di individui, rappresenta una delle unità di interesse conservazionistico della specie più a rischio di estinzione in Europa.
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