Nascono 624 aziende i lavoratori tentano di rimettersi in gioco

Nel 2° trimestre saldo positivo tra iscrizioni e cessazioni Confindustria: «Si cercano nuove forme di reddito»

PESCARA. Torna positivo, dopo diversi anni, il saldo tra le imprese iscritte e quelle cessate nella provincia di Pescara. Nel secondo trimestre del 2012 (aprile - giugno) i dati parlano di un più 274, con 624 aziende nuove e 377 chiuse. Dato incoraggiante, soprattutto se rapportato al crollo registrato nei primi tre mesi dell’anno in corso, quando, a fronte di 1.531 imprese cessate, furono solo 763 quelle iscritte, con un bilancio negativo che segnò un meno 768. Accorpando i dati dei due trimestri, l’andamento da gennaio a giugno resta con il segno meno. Le imprese perse per strada sono state 521, per effetto delle 1.387 iscrizioni e delle 1.908 cessazioni. Le imprese registrate al 30 giugno scorso sono 35.256, quelle attive 30.750.

Nonostante il trend positivo, analizzando i numeri suddivisi per settore, è evidente l’ulteriore caduta in basso dell’edilizia, che perde altre 442 imprese di costruzione. A catena negativo anche il bilancio del comparto immobiliare che segna un meno 46. Altri settori che segnano numeri in discesa tra iscrizioni e cessazioni sono il commercio (-22), turismo (- 26) e sociale (- 17).

Dati positivi, ma che secondo le associazioni di categoria non rappresentano un segno di ripresa, ma un assestamento del mercato dopo il crollo dei primi tre mesi. «Ogni segno positivo di questi tempi è da prendere con un applauso di incoraggiamento», dice Gianni Taucci, direttore provinciale di Confesercenti, «analizzando nel dettaglio i dati emerge tuttavia che dopo il disastro del primo trimestre, con una vera e propria strage di piccole imprese, questa rilevazione segnala un assestamento del mercato, ma non c’è traccia degli incrementi degli anni passati. Nel commercio il saldo è positivo per appena 10 unità, nel turismo, nella ristorazione e nell’artigianato c’è una sostanziale stabilità: siamo lontani da quell’inversione di tendenza di cui ci sarebbe bisogno per parlare di un rilancio della piccola impresa. Chi resiste, oggi, continua a farlo nella totale indifferenza delle istituzioni e lo fa con mezzi propri: c’è bisogno che le istituzioni lo comprendano».

Sulla stessa linea di pensiero anche Luigi Di Giosaffatte, direttore di Confindustria: «Questo dato non assume purtroppo un significato positivo nel contesto congiunturale generale. La spinta a costituire nuove imprese, in momenti di forte recessione e aumento significativo della disoccupazione, deriva dalla esigenza dei lavoratori espulsi di trovare nuove forme di reddito. Sarebbe utile effettuare una verifica qualitativa delle società cessate e di quelle costituite a cominciare dagli anni di permanenza sul mercato, dal fatturato e dalla compagine societaria. Occorre evitare commenti leggeri, senza contestualizzare i dati. Occorre pertanto valutare questi dati anche declinandoli sullo stesso territorio rispetto all’andamento dell’occupazione e al grado di utilizzo degli impianti produttivi per determinare con esattezza la portata del fenomeno. Certo è che le ore di cassa integrazione autorizzate nello stesso periodo di riferimento, l’aumento della disoccupazione e la costante diminuzione dei consumi sono il sintomo chiaro di una recessione storica».

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