ABRUZZO / SANITA'
Nel 2026 mancheranno tremila medici
È la cifra del fabbisogno stimato in regione. Grimaldi (Anaao): «Aumentare gli ingressi nelle scuole di specializzazione»
PESCARA . «Nel 2026 mancheranno 100 mila medici, 60 mila infermieri e 30 mila fisioterapisti, sia nel pubblico, sia nel privato». In Abruzzo la carenza complessiva di medici potrebbe attestarsi sulle tremila unità, secondo una stima dell’Associazione nazionale medici di origine straniera in Italia (Amsi) e del Movimento internazionale “Uniti per Unire”. Un problema che rappresenta la vera emergenza dei prossimi anni, tale da rischiare di far implodere il sistema sanitario, ancora più grave alla luce del progressivo invecchiamento della popolazione.
LA CLASSIFICA DELLE CARENZE. Secondo l’indagine, la Regione che entro il 2026 sarà alle prese con la carenza di medici più grave sarà il Lazio, dove mancheranno all’appello 15 mila camici bianchi. Seguono Veneto e Piemonte (10 mila), la Lombardia (9 mila), Emilia Romagna 8 mila); in Puglia (7 mila); Toscana , Campania, Sicilia e Molise (4 mila). In Abruzzo a pesare è anche la carenza di personale amministrativo. In alcune Asl, come quella dell’Aquila, questa carenza sta determinando la impossibilità di espletare i concorsi.
L’ALLARME INASCOLTATO. Criticità che il rapporto Eurispes-Enpam “Il Termometro della Salute” aveva già indicato, tempo fa, con qualche preoccupazione. Tra le tante contraddizioni e i punti critici, il rapporto aveva evidenziato il tema del precariato e della insufficienza degli organici, del forte invecchiamento del personale sanitario che in alcune aree, ed in particolare nella medicina generale (medico di base e pediatra di libera scelta), rischia nel futuro prossimo di generare dei vuoti incolmabili.
MEDICINA GENERALE. Secondo i dati disponibili forniti dal Ministero della Salute, il comparto assorbiva 45.437 medici di medicina generale. Per la Federazione italiana dei medici di famiglia circa 21.700 medici di base andranno in pensione entro il 2023, mentre il numero dei giovani medici “in ingresso” si prevede non superiore alle 6.000 unità. Questo significherà una carenza di 16.000 medici di base e la quasi certezza che entro il prossimo decennio almeno un terzo dei residenti non potrà avvalersi del medico di famiglia.
GLI SPECIALISTI. E anche per gli specialisti le cose non vanno meglio. Anzi. «Sicuramente», afferma Alessandro Grimaldi, segretario regionale Anaao-Assomed, «lo sblocco del turn-over è un segnale positivo, se pensiamo che ad esempio nella Asl dell’Aquila il turn-over era del 20%. Significa che su cinque pensionamenti si poteva fare un’assunzione». Una situazione grosso modo sovrapponibile anche alle altre Asl abruzzesi, che nel corso degli anni ha creato gravi carenze di organico. «I medici in servizio, in massima parte, sono nati tra 1952 e 1959», prosegue Grimaldi, «e il rischio è che da qui a sei anni molti vadano in pensione. A livello nazionale sono attesi 52mila pensionamenti, e il tutto è aggravato da quota 100. Si prospetta già una discrepanza di 16mila specialisti, soprattutto medici di pronto soccorso, pediatria, medicina interna, anestesia e chirurgia generale». Ovviamente la carenza riguarderà alcune regioni più di altre, e certamente sarà più grave al Sud, Abruzzo compreso .
ETÀ MEDIA E SALUTE. Una circostanza che si ripercuoterà anche sull’aspettativa di vita, non tanto sull’età media, quanto sul mantenimento di condizioni di salute accettabili. Un indice, sottolinea Grimaldi, che privilegia chi vive a Trento e Bolzano ai (65 anni in buona salute), contro i 58 anni dell’Abruzzo e i 57 della Campania.
DOVE NASCE IL PROBLEMA. A determinare la mancanza di specialisti, sottolinea Grimaldi, non è il numero chiuso per l’accesso alla facoltà di medicina e chirurgia, ma il “blocco” degli ingressi alle scuole di specializzazione. «Anche se ora il contingente è stato portato a 8mila studenti l’anno», sottolinea il medico e dirigente sindacale, «gli ingressi nelle scuole di specializzazione non compenseranno le uscite, che da qui al 2025 saranno 52mila in tutta Italia». Lo studio dell'Anaao, del 2018, si riferisce al solo settore pubblico. A questi dati vanno aggiunti quelli del settore privato.
LA RETE. In questa situazione, osserva Grimaldi, «diventa veramente anacronistico continuare a parlare di reparti aperti in posti dove non vuole andare più nessuno, soprattutto nei piccoli ospedali, e soprattutto quando non si trovano i medici. Stiamo facendo i piani della rete ospedaliera, ma qui non si è capito che si rischia di progettare solo delle scatole vuote. Già oggi sono andati deserti avvisi pubblici per chirurgia e anestesia. Non si sa più dove andare a prendere specialisti».
LA CRITICA E LA PROPOSTA. «Il sistema sanitario», conclude Grimaldi, «si è retto in questi anni grazie al sacrificio degli operatori, che continuano a regalare milioni di ore di straordinario e centinaia di migliaia di giorni di ferie allo Stato. Per evitare che il sistema imploda bisogna potenziare e rafforzare i grandi ospedali dove si fanno attività di elevata specializzazione, e riconvertire i piccoli in attività di supporto o assistenza a pazienti fragili, a malati cronici, oppure nella riabilitazione. Soprattutto, bisogna aumentare il numero degli specializzandi e mantenere le scuole di specializzazione che sono in Abruzzo, un patrimonio importante da difendere e salvaguardare. Il futuro si gioca anche su questo».
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