«No ai tagli, la riabilitazione non è un lusso»

Ricciuti del Centro Tabor: aiuti indispensabili. Ferrante: fondi ai disabili senza filtri per evitare sprechi

PESCARA. «Ai malati di Sla non si possono tagliare risorse pubbliche». A dirlo è Ettore Ricciuti, direttore del Centro Tabor della fondazione Paolo VI in prima linea nella riabilitazione dei malati. Con il pericolo dei tagli per ora scampato dopo le rassicurazioni del ministro Vittorio Grilli, Ricciuti spiega perché tagliare fondi alla Sla sarebbe stato un controsenso: «La Sla è una malattia neurodegenerativa che porta alla morte del paziente. Una malattia che comincia subdola e continua fino a quando il paziente non cammina e non respira più. In questi casi», assicura Ricciuti, «la riabilitazione non è un lusso. Anzi, l’intervento deve essere multidiscipliare con più figure professionali che interagiscono per analizzare il paziente, dal fisioterapista fino allo pneumologo e allo psicologo». Ma cosa succederebbe se un malato fosse costretto a rinunciare a sedute di riabilitazione causa tagli? «Il decorso della malattia», risponde Ricciuti, «sarebbe sempre più rapido e potrebbero insorgere problemi ai movimenti residui dei pazienti. La situazione sarebbe sempre più grave visto che la malattia, di per sè, ha già un esito letale. La riabilitazione», avverte il direttore, «è fondamentale in tutte le malattie neuromuscolari».

Il rischio dei tagli tiene in allerta anche l’associazione Carrozzine determinate: «Siamo di fronte allo smantellamento dello Stato sociale. In 5 anni», protesta il presidente Claudio Ferrante, «sono state ridotte del 90 per cento le risorse destinate ai fondi sociali, azzerato il fondo per la non autosufficienza, basti pensare che la spesa procapite per i servizi alla disabilità è di soli 23 euro contro i 125 della media europea, e come se non bastasse è stato in discussione anche l’unica certezza del diritto ciòè l'indennità di accompagnamento. Il problema delle persone con disabilità gravissima», spiega Ferrante, «si può risolvere tranquillamente finanziando i progetti di Vita indipendente che prevedono di erogare le risorse direttamente ai disabili non autosufficienti perché scelgano e retribuiscano in prima persona chi si occuperà di loro, secondo le proprie reali necessità. La Vita indipendente è prevista come possibilità dalla legge 162/98 e come obbligo dall’articolo 19 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata anche dall’Italia. Ci sarebbe un risparmio notevole per Stato e Comuni perché lo Stato eviterebbe di pagare costi altissimi per i ricoveri in strutture sanitarie e i Comuni eviterebbero di occuparsi dell’assistenza. Se accadesse finirebbe la ricchezza per le lobby».

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