un anno dopo i mondiali
Oddo: «Che emozione alzare quella Coppa»
L’abruzzese: «Non basta essere forti, è lo spirito di gruppo che fa la differenza»
PESCARA. Ha trascorso la vigilia del primo anniversario della conquista del titolo di campione del mondo in mezzo alla gente. Per Massimo Oddo la festa continua. Non si è certo esaurita con Germania 2006, nemmeno con la notte magica di Berlino. No, il terzino pescarese poi ha vinto la Champions League con la maglia del Milan. Nel giro di un anno è prima salito sul tetto del mondo (con l’Italia) e poi su quello d’Europa (con i rossoneri). E così ieri sera è stato ospite a Lettomanoppello. Nel paese all’interno del Pescarese è stato invitato dal Milan Club per una cerimonia in cui il sindaco gli ha consegnato la cittadinanza onorario. Per il 31enne terzino abruzzese l’ennesima gratificazione vissuta con legittimo orgoglio, ma con misura.
Oddo, che cosa le è rimasto di quella notte di Berlino un anno dopo?
«La sensazione di una bella esperienza, di una grande emozione che mi è rimasta dentro. E che credo sia entrata nella storia del calcio». L’emozione più bella? «E’ difficile sceglierne una. Se proprio devo, opto per il momento in cui ho alzato la coppa del mondo. A ripensarci mi vengono i brividi ancora adesso».
Come è nato il quarto titolo mondiale?
«Cementando il gruppo, sin dal ritiro a Coverciano. So di dire qualcosa di scontato, ma è la verità. Per vincere non bisogna essere solo i più forti, ma avere quello spirito di gruppo che alla lunga fa la differenza».
C’erano squadre più forti dell’Italia?
«A livello tecnico tutto è opinabile. Ma se siamo arrivati fino in fondo i più forti siamo stati noi».
E il mondiale di Massimo Oddo?
«L’ho vissuto con il gruppo con cui sono stato benissimo. Ho giocato poco, ma non per questo mi sento meno campione di un altro mio compagno».
Quando avete capito che potevate farcela?
«Non riesco a scegliere un momento ben preciso. Diciamo che la consapevolezza è maturata nel corso delle partite. Quella contro la Germania ci ha aperto le porte verso la finale, ma a quell’appuntamento siamo arrivati caricati a mille».
Lei nel frattempo faceva il barbiere in Germania.
«E’ nato tutto per gioco. Da anni coltivo questa passione e curo in prima persona il mio taglio di capelli. E mentre li stavo accorciando mi ha visto all’opera Gattuso. Mi ha detto: “Ma che cosa fai?” Da lì ho cominciato a spuntare i capelli a quasi tutti i miei compagni».
L’apoteosi nella notte di Berlino con Camoranesi.
«Mauro era riluttante al taglio, era geloso della sua capigliatura. E così ha ceduto solo alla fine. Era una scomessa. “Se vinciamo il titolo mi faccio tagliare la chioma”, mi disse. Ed è stato di parola».
Il rapporto tra di voi è cambiato?
«No, è ottimo perché maturato nel corso di una grande competizione che è il sogno di qualsiasi ragazzo. Una competizione per di più vinta contro ogni pronostico. Io, ad esempio, gioco con diversi componenti di quella spedizione; con altri ci incontriamo da avversari in mezzo al campo; e con altri ancora ci scambiamo sms».
Grosso è andato al Lione, non ci sarà più il derby abruzzese all’interno di Inter-Milan.
«Ho chiamato Fabio l’altro giorno, ma non mi ha risposto. Aveva ben altro da fare visto che stava trattando il passaggio in Francia».
Il calcio abruzzese è in difficoltà proprio nel momento in cui due abruzzesi sono campioni del mondo.
«Strano, ma è così. Tra l’altro, Fabio ha vinto lo scudetto con l’Inter e io la Champions con il Milan. Sono grandissime soddisfazioni».
Meglio lo scudetto o la Champions?
«Meglio vincere, non importa che cosa».
Però, sente più sua la Champions rispetto al titolo mondiale.
«E’ inevitabile, visto che con il Milan ho avuto la possibilità di giocare diverse gare di Champions e, soprattutto, la finale di Atene contro il Liverpool».
Si fa un gran parlare del titolo di Germania 2006 sfruttato poco a livello di immagine, lei che cosa ne pensa?
«Io dico che il trionfo è nostro e ce lo teniamo stretto. E il bagno di folla al ritorno in Italia e ogni qualvolta si celebra Germania 2006 rende l’idea di quanta partecipazione popolare abbia accompagnato quei giorni magici».
Un giorno ai nipotini che cosa dirà?
«Di aver fatto parte di un gruppo fantastico che ha scritto una pagina bellissima della storia del calcio italiano».
Oddo, che cosa le è rimasto di quella notte di Berlino un anno dopo?
«La sensazione di una bella esperienza, di una grande emozione che mi è rimasta dentro. E che credo sia entrata nella storia del calcio». L’emozione più bella? «E’ difficile sceglierne una. Se proprio devo, opto per il momento in cui ho alzato la coppa del mondo. A ripensarci mi vengono i brividi ancora adesso».
Come è nato il quarto titolo mondiale?
«Cementando il gruppo, sin dal ritiro a Coverciano. So di dire qualcosa di scontato, ma è la verità. Per vincere non bisogna essere solo i più forti, ma avere quello spirito di gruppo che alla lunga fa la differenza».
C’erano squadre più forti dell’Italia?
«A livello tecnico tutto è opinabile. Ma se siamo arrivati fino in fondo i più forti siamo stati noi».
E il mondiale di Massimo Oddo?
«L’ho vissuto con il gruppo con cui sono stato benissimo. Ho giocato poco, ma non per questo mi sento meno campione di un altro mio compagno».
Quando avete capito che potevate farcela?
«Non riesco a scegliere un momento ben preciso. Diciamo che la consapevolezza è maturata nel corso delle partite. Quella contro la Germania ci ha aperto le porte verso la finale, ma a quell’appuntamento siamo arrivati caricati a mille».
Lei nel frattempo faceva il barbiere in Germania.
«E’ nato tutto per gioco. Da anni coltivo questa passione e curo in prima persona il mio taglio di capelli. E mentre li stavo accorciando mi ha visto all’opera Gattuso. Mi ha detto: “Ma che cosa fai?” Da lì ho cominciato a spuntare i capelli a quasi tutti i miei compagni».
L’apoteosi nella notte di Berlino con Camoranesi.
«Mauro era riluttante al taglio, era geloso della sua capigliatura. E così ha ceduto solo alla fine. Era una scomessa. “Se vinciamo il titolo mi faccio tagliare la chioma”, mi disse. Ed è stato di parola».
Il rapporto tra di voi è cambiato?
«No, è ottimo perché maturato nel corso di una grande competizione che è il sogno di qualsiasi ragazzo. Una competizione per di più vinta contro ogni pronostico. Io, ad esempio, gioco con diversi componenti di quella spedizione; con altri ci incontriamo da avversari in mezzo al campo; e con altri ancora ci scambiamo sms».
Grosso è andato al Lione, non ci sarà più il derby abruzzese all’interno di Inter-Milan.
«Ho chiamato Fabio l’altro giorno, ma non mi ha risposto. Aveva ben altro da fare visto che stava trattando il passaggio in Francia».
Il calcio abruzzese è in difficoltà proprio nel momento in cui due abruzzesi sono campioni del mondo.
«Strano, ma è così. Tra l’altro, Fabio ha vinto lo scudetto con l’Inter e io la Champions con il Milan. Sono grandissime soddisfazioni».
Meglio lo scudetto o la Champions?
«Meglio vincere, non importa che cosa».
Però, sente più sua la Champions rispetto al titolo mondiale.
«E’ inevitabile, visto che con il Milan ho avuto la possibilità di giocare diverse gare di Champions e, soprattutto, la finale di Atene contro il Liverpool».
Si fa un gran parlare del titolo di Germania 2006 sfruttato poco a livello di immagine, lei che cosa ne pensa?
«Io dico che il trionfo è nostro e ce lo teniamo stretto. E il bagno di folla al ritorno in Italia e ogni qualvolta si celebra Germania 2006 rende l’idea di quanta partecipazione popolare abbia accompagnato quei giorni magici».
Un giorno ai nipotini che cosa dirà?
«Di aver fatto parte di un gruppo fantastico che ha scritto una pagina bellissima della storia del calcio italiano».