Omicidio Rigante, Ciarelli in Cassazione "Troppi rischi, via il processo da Pescara"

Dopo la rissa sfiorata in tribunale, gli avvocati Taormina e Metta chiedono di spostare la sede «A Pescara manca la serenità, ci sono gravi situazioni che turbano la sicurezza e l’incolumità»

PESCARA. «Non sono un gladiatore, il mio mestiere è fare l’avvocato: difendo Massimo Ciarelli. Devo presentarmi in tribunale con la scorta?». La rissa sfiorata, i rom in tribunale con i bastoni, il crocchio di tifosi e di rom arginato dalla polizia, sono bastati a convincere il tandem di avvocati Carlo Taormina e Franco Metta che Pescara non è una piazza serena per ospitare il processo a carico di Massimo Ciarelli che invece, per la difesa del rom accusato dell’omicidio di Domenico Rigante, deve essere trasferito altrove.

Il professore e l’avvocato di Cerignola, che in passato ha difeso la banda di pugliesi che uccise il maresciallo Marino Di Resta, depositeranno la richiesta di trasferimento del processo perché, come illustra l’avvocato Metta, «abbiamo già avuto la dimostrazione che il clima a Pescara non è sereno. Io e il professor Taormina siamo usciti dal tribunale tra gli insulti solo per aver fatto il nostro lavoro. Quindi sì, chiederemo di trasferire il processo».

La difesa: «Processo da trasferire». Si è ridotta a una manciata di minuti la prima udienza, martedì, a carico dei cinque Ciarelli – Massimo, Luigi, Antonio, Angelo e Domenico – accusati di aver ucciso il giovane tifoso di 24 anni. Ma nonostante che la prima tappa del processo sia stata solo una formalità (il gup nominato era incompatibile perché si era già espresso in fase di indagini preliminari), rom e tifosi si sono radunati in tribunale e per poco non sono venuti a contatto, fino a quando dal gruppo dei nomadi sono saltati fuori tre bastoni di legno subito sequestrati dalla polizia che ha denunciato, poi, tre componenti della famiglia Ciarelli.

Un assaggio, secondo l’avvocato Metta, di un’atmosfera non idonea a ospitare un processo così delicato, un clima «ostile» che ha spinto l’avvocato, con l’avallo di Taormina, a presentare ricorso in Cassazione.

«Non è possibile», spiega Metta del foro di Foggia, «che gruppi di facinorosi si radunino all’interno del palazzo di giustizia. Se ad esempio nel corso del processo dovrò chiedere un’attenuante per provocazione, dovrò andare in tribunale con la scorta?», si domanda retoricamente il legale.

«Gravi situazioni locali». Nel ricorso i due avvocati si appelleranno all’articolo 45 del codice di procedura penale, quello che dice che il processo può essere spostato, ricorda ancora Metta, «quando ci sono gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo pregiudicando la libera determinazione delle persone che partecipano al processo, ovvero la sicurezza e l’incolumità pubblica».

Un’incompatibilità ambientale simile a quella, ad esempio, che spinse i difensori di Sabrina Misseri a chiedere di spostare il processo: ricorso che, poi, la Cassazione non accolse. «Non è ostruzionismo», specifica ancora l’avvocato pugliese aggiungendo che per questo motivo cercherà di depositare il ricorso prima dell’udienza del 9 maggio, giorno in cui il processo Ciarelli riprenderà in un tribunale che si annuncia blindato. «La nostra richiesta», conclude, «nasce da un problema di sicurezza e di incolumità».

Pasquale Rigante: «Il processo deve stare qui». Profetico è stato Pasquale Rigante che, dopo la rissa sfiorata, ha interpretato quel parapiglia come un piano ad hoc «per creare tensione, perché», come aveva detto al Centro, «i rom vogliono che il processo sia spostato da Pescara. E invece», aveva proseguito il papà di Domenico, l’uomo che spesso ha assunto il ruolo di equilibrista spegnendo le tensioni tra i due gruppi, «il processo deve restare qui a Pescara, dove è stato ucciso Domenico».

Le prossime udienze sono comunque state fissate al 9 e al 10 maggio di fronte al nuovo giudice per l’udienza preliminare Gianluca Sarandrea, che però sospenderà sicuramente il processo in attesa del pronunciamento dei giudici romani di piazza Cavour.

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