L’ESPERTO
Orfanelli: «Cercano sensazioni forti senza considerare il rischio»
PESCARA. I giovani non hanno la percezione del pericolo, vivono un'emotività incontrollata e sono dominati dal mito dei nostri tempi, l'apparire. Sono queste le motivazioni che, secondo Giuseppe...
PESCARA. I giovani non hanno la percezione del pericolo, vivono un'emotività incontrollata e sono dominati dal mito dei nostri tempi, l'apparire. Sono queste le motivazioni che, secondo Giuseppe Orfanelli, psicologo, criminologo e per anni giudice onorario del tribunale dei minori dell'Aquila, consulente di diverse procure e tribunali, stanno alla base di gesti estremi come quello accaduto a Teramo. Anche il filosofo Umberto Galimberti nel suo libro "L'ospite inquietante" descrive il nichilismo di una generazione, quella dei giovani, che guarda al futuro non più come una promessa, ma come una minaccia, con la conseguenza di trovarsi di fronte a ragazzi che vivono un vero e proprio "analfabetismo emotivo", condizione che li porta sempre più spesso a gesti incontrollati, estremi, pericolosi per se stessi e per chi li frequenta. «Ma - avverte Orfanelli - ciò che è cambiato rispetto al passato sono solo le dinamiche sociali e comportamentali, non il bisogno dei giovani di vivere cose diverse, di buttarsi in esperienze pericolose ed estreme». Questo per dire che, da che mondo è mondo, c'è sempre stata nei giovani la tendenza a gesti eclatanti, che superano il concetto di normalità.
«Penso ad esempio a chi si arruolava nella Legione straniera - prosegue lo psicologo - a chi si imbarcava in avventure il cui esito era del tutto incerto. Il giovane per sua stessa condizione dal punto di vista anagrafico e sociale è impreparato alla morte, un concetto a cui si inizia a pensare in età adulta, con l'avvicendarsi degli anni. E' chiaro che si parla in generale di un quadro adolescenziale e post giovanile e che poi ogni caso specifico dipende dal substrato personale di ogni individuo e dal contesto in cui egli vive, ma la pulsione a non prendere in considerazione le conseguenze reali di gesti definiti estremi è insita nella fase giovanile».
Esistono dei campanelli d'allarme? Per Orfanelli per come la società definisce il sesso maschile, ovvero concedendogli «uno spirito masculino di avventura», «un modus mentale che consente al giovane di avventurarsi in cose più rischiose rispetto alle donne», sono i ragazzi i soggetti più a rischio. Famiglia e istituzioni come la scuola possono accorgersi che qualcosa cova dentro facendo caso a gesti «più sfrontati» rispetto ad altri ragazzi, «ad una mancanza di autostima» che porta il giovane ad affermarsi nel gruppo in maniera sempre più drastica e drammatica.
Ma esistono delle ancore di salvezza. «Sono la famiglia, l'associazionismo, lo sport - considera Orfanelli - L'essere impegnato in una pratica sportiva o in un gruppo aiuta a proiettare al di fuori le sensazioni interne, a pensare meno a cose distruttive. Laddove ci sono degli educatori, una presenza genitoriale e famigliare a fare da cuscinetto a certe tendenze si preferiranno sempre più situazioni costruttive invece che distruttive».
Daria De Laurentiis
«Penso ad esempio a chi si arruolava nella Legione straniera - prosegue lo psicologo - a chi si imbarcava in avventure il cui esito era del tutto incerto. Il giovane per sua stessa condizione dal punto di vista anagrafico e sociale è impreparato alla morte, un concetto a cui si inizia a pensare in età adulta, con l'avvicendarsi degli anni. E' chiaro che si parla in generale di un quadro adolescenziale e post giovanile e che poi ogni caso specifico dipende dal substrato personale di ogni individuo e dal contesto in cui egli vive, ma la pulsione a non prendere in considerazione le conseguenze reali di gesti definiti estremi è insita nella fase giovanile».
Esistono dei campanelli d'allarme? Per Orfanelli per come la società definisce il sesso maschile, ovvero concedendogli «uno spirito masculino di avventura», «un modus mentale che consente al giovane di avventurarsi in cose più rischiose rispetto alle donne», sono i ragazzi i soggetti più a rischio. Famiglia e istituzioni come la scuola possono accorgersi che qualcosa cova dentro facendo caso a gesti «più sfrontati» rispetto ad altri ragazzi, «ad una mancanza di autostima» che porta il giovane ad affermarsi nel gruppo in maniera sempre più drastica e drammatica.
Ma esistono delle ancore di salvezza. «Sono la famiglia, l'associazionismo, lo sport - considera Orfanelli - L'essere impegnato in una pratica sportiva o in un gruppo aiuta a proiettare al di fuori le sensazioni interne, a pensare meno a cose distruttive. Laddove ci sono degli educatori, una presenza genitoriale e famigliare a fare da cuscinetto a certe tendenze si preferiranno sempre più situazioni costruttive invece che distruttive».
Daria De Laurentiis