Palazzo Sipari svelato Le foto della casa di Benedetto Croce
Maniglie di vetro verde schiudono le porte decorate delle stanze che accolsero il primo vagito del filosofo Benedetto Croce, nato a Pescasseroli il 25 febbraio del 1866 al secondo piano del Palazzo Sipari. L’austero edificio ottocentesco in cui pochissimi pescasserolesi sono entrati. Abitato dalla figlia di Erminio Sipari, Maria Cristina, il palazzo è stato inaccessibile fino a oggi.
Lodovico Vannicelli Casoni, vicepresidente della Fondazione Erminio e Zel Sipari, nata per gestire il patrimonio, fa un’eccezione per il Centro prima che i lavori di adeguamento consentano l’apertura al pubblico della casa che diventerà museo. L’imponente scala in pietra e ferro battuto, le alte volte a botte, sembrano una corazza a custodia degli interni che si immaginano preziosi. In realtà si rivelano semplici, e l’unico re è il libro. Tappeti adornano il pavimento in cotto grezzo, quadri, e poi libri. Nei salotti solo tanti libri.
In un caleidoscopio di poltrone e divanetti riservati alla lettura sono ancora intatte le tracce degli illustri inquilini: Benedetto Croce ed Erminio Sipari, fondatore del Parco nazionale d’Abruzzo. Il primo lasciò il palazzo da bambino, il secondo visse stabilmente tra quelle mura dove intrattenne la sua attività commerciale e politica di deputato del Regno d’Italia. Le foto di entrambi sono esposte su un tavolino nel «salotto del balcone».
Il terrazzino al primo piano che si affaccia su largo Sipari, da cui Benedetto Croce nell’agosto del 1910, pronunciò il Discorso Pescasseroli in cui sono contenute frasi di incoraggiamento verso gli abruzzesi, tristemente riecheggiate per il sisma dell’Aquila. Su invito del cugino Erminio, Croce rientrò da Napoli immaginando fino ad allora la natìa cittadina dai racconti della mamma Luisa Sipari, e disse: «Quando c’è bisogno non solo di intelligenza agile e di spirito versatile, ma di volontà ferma e di persistenza e resistenza, io mi son detto spesso, tu sei abruzzese».
Nella sala da pranzo, qualche cornice vuota ricorda «la visita dei ladri anni addietro», racconta il vicepresidente Vannicelli Casoni. Le stanze da letto, compresa quella delle puerpere dove venne alla luce il filosofo, «non sono ancora pronte per essere visitate» spiega Vannicelli mentre illustra il regno dell’ingegnere Sipari: lo studio esattoria. Due stanze al piano terra in cui si accede dal cortile che custodiscono «l’archivio più importante».
La prima stanza è completamente tappezzata di faldoni pieni zeppi di documenti sull’attività della centralina idroelettrica e i progetti dell’ingegnere. Nella seconda stanza Sipari teneva incontri politici. Vicino alla finestra l’elegante scrivania, al centro della stanza un grande tavolo e ancora libri su libri, anche a cornice del caminetto. Un patrimonio culturale che avrebbe dovuto essere aperto al pubblico in occasione del prossimo Premio Croce. «I tecnici sono impegnati per il terremoto. Speriamo di farcela per il prossimo anno», conclude Vannicelli.
Lodovico Vannicelli Casoni, vicepresidente della Fondazione Erminio e Zel Sipari, nata per gestire il patrimonio, fa un’eccezione per il Centro prima che i lavori di adeguamento consentano l’apertura al pubblico della casa che diventerà museo. L’imponente scala in pietra e ferro battuto, le alte volte a botte, sembrano una corazza a custodia degli interni che si immaginano preziosi. In realtà si rivelano semplici, e l’unico re è il libro. Tappeti adornano il pavimento in cotto grezzo, quadri, e poi libri. Nei salotti solo tanti libri.
In un caleidoscopio di poltrone e divanetti riservati alla lettura sono ancora intatte le tracce degli illustri inquilini: Benedetto Croce ed Erminio Sipari, fondatore del Parco nazionale d’Abruzzo. Il primo lasciò il palazzo da bambino, il secondo visse stabilmente tra quelle mura dove intrattenne la sua attività commerciale e politica di deputato del Regno d’Italia. Le foto di entrambi sono esposte su un tavolino nel «salotto del balcone».
Il terrazzino al primo piano che si affaccia su largo Sipari, da cui Benedetto Croce nell’agosto del 1910, pronunciò il Discorso Pescasseroli in cui sono contenute frasi di incoraggiamento verso gli abruzzesi, tristemente riecheggiate per il sisma dell’Aquila. Su invito del cugino Erminio, Croce rientrò da Napoli immaginando fino ad allora la natìa cittadina dai racconti della mamma Luisa Sipari, e disse: «Quando c’è bisogno non solo di intelligenza agile e di spirito versatile, ma di volontà ferma e di persistenza e resistenza, io mi son detto spesso, tu sei abruzzese».
Nella sala da pranzo, qualche cornice vuota ricorda «la visita dei ladri anni addietro», racconta il vicepresidente Vannicelli Casoni. Le stanze da letto, compresa quella delle puerpere dove venne alla luce il filosofo, «non sono ancora pronte per essere visitate» spiega Vannicelli mentre illustra il regno dell’ingegnere Sipari: lo studio esattoria. Due stanze al piano terra in cui si accede dal cortile che custodiscono «l’archivio più importante».
La prima stanza è completamente tappezzata di faldoni pieni zeppi di documenti sull’attività della centralina idroelettrica e i progetti dell’ingegnere. Nella seconda stanza Sipari teneva incontri politici. Vicino alla finestra l’elegante scrivania, al centro della stanza un grande tavolo e ancora libri su libri, anche a cornice del caminetto. Un patrimonio culturale che avrebbe dovuto essere aperto al pubblico in occasione del prossimo Premio Croce. «I tecnici sono impegnati per il terremoto. Speriamo di farcela per il prossimo anno», conclude Vannicelli.