Palombo, l’abruzzese che entrò nella storia della Resistenza 

Braccio destro del generale Cadorna, ebbe l’onore nel ’45 di sfilare a Milano con i principali artefici della Liberazione

Vittorio Palombo nacque a Manoppello il 16 marzo 1905. I suoi genitori era però nati nella vicina Serramonacesca. Il padre Carlo Antonio Palombo (figlio di Benedetto e Serafina Mancini) e la madre Maria Carmela Di Nizio (figlia di Vincenzo e Irene Tracanna), entrambi “possidenti”, si sposarono a Serramonacesca il 9 ottobre del 1902. Il giovane Vittorio si diplomò all’Istituto Tecnico di Chieti. In seguito intraprese la carriera militare. Fu allievo della Regia Accademia militare. Studiò alla Scuola di guerra di Torino. Nel 1928 era già tenente, nel 1934 capitano. Nel 1937 rispose, come volontario, al richiamo della Guerra di Spagna dove combatté a sostegno dei “nazionalisti” del generale Franco. Durante questo periodo ebbe ruoli di comando nel Ctv (Comando truppe volontarie). Partecipò con le “Frecce Azzurre” alla “Battaglia dell’Ebro”. Nel 1941, come maggiore, diede il suo contributo alla drammatica campagna di Russia. L’8 settembre lo pose, come moltissimi altri, dinanzi a una scelta non facile. Dopo essere rimasto, per qualche tempo, in forma clandestina a Roma decise di aggregarsi al Governo del Sud. Nel giugno del 1944 venne paracadutato al Nord, in Val d’Ossola. Qui assunse il comando della missione italiana denominata “Oro” (dal 15 giugno 1944 al 30 aprile 1945) e della missione “Axbridge” (inglese). Vero e infaticabile motore della centrale informativa, assunse il nominativo di comandante “Pieri”. Divenne poi Capo di Stato maggiore del generale Raffaele Cadorna. L’8 febbraio del 1945 venne catturato e rinchiuso nel carcere di San Vittore. La mattina del 25 aprile venne liberato e tornò subito in piena attività. Erano le tragiche ultime ore della Guerra civile.
E lui divenne attore in una delle più controverse vicende della storia Italiana: la fine di Benito Mussolini. E’ possibile che fu proprio lui, incaricato da Cadorna, a tentare di gestire la vicenda prevedendo la consegna di Mussolini agli alleati. La storia, probabilmente, fu questa. Il colonnello Giovanni Sardagna detto “Giovannino” ebbe notizia della cattura di Mussolini e allora si precipitò a telefonare al generale Cadorna. A Sardagna rispose, proprio lui, il colonnello Palombo, che dopo non molto richiamò Sardagna per impartirgli l'ordine di attivarsi al fine di sottrarre Mussolini ai partigiani e di portarlo nella residenza dell'industriale Remo Cademartori (un industriale che aveva buoni rapporti con la resistenza ) a Blevio (a circa 4 km da Como nella stessa villa dove in precedenza aveva soggiornato Rachele Mussolini) e lì tenerlo sotto protezione in attesa di essere consegnato agli alleati. L'ordine successivamente fu poi, probabilmente, revocato (si disse che da Milano arrivò il contrordine telefonico proprio dal colonnello "Pieri" Vittorio Palombo, aiutante maggiore di Cadorna, a un albergatore di Moltrasio) e la storia poi andò in maniera assolutamente diversa. Quando il 5 maggio del 1945 il comando generale del Corpo volontari della libertà, sfilò per le vie di Milano, lui come importante attore degli eventi c’era. Nella oramai storica foto dell’evento appare in seconda fila, secondo da destra, appena dietro a Enrico Mattei. Successivamente, sarà con il generale Cadorna a capo della sua segreteria allo Stato maggiore dell'Esercito a Roma. Concluderà la sua carriera militare con il grado di generale di divisione. Durante le convulse ultime giornate della Guerra civile aveva conosciuto Mattei che poi lo volle tra i più stretti e fidati suoi collaboratori.
Il 24 novembre 1947, gli venne conferito il riconoscimento di “Cavaliere Ordine Militare d'Italia”. Nel 1949 fu tra i firmatari del “Manifesto Costitutivo della Fivl (Federazione italiana volontari della libertà) che inizialmente recitava così: “Partigiani d'Italia combattenti della guerra di liberazione!”. Mattei lo volle capo del personale dell'Agip spa, capo dell'Agip mineraria e responsabile dell'ufficio ispettivo del personale del gruppo Eni, da uomo di stretta fiducia e indiscutibile valore. Palombo ebbe tre figli: Antonella, Maria Novella e Ruggiero. Morì nel 1992.