Pecorale condannato a 12 anni per la reazione sproporzionata
Il giudice mette in evidenza anche «le condizioni irreversibili» in cui ha ridotto Yelfry per gli arrosticini Esclusa la premeditazione degli spari contro il cuoco: aveva la pistola per le sue manie di persecuzione
PESCARA. «Per la valutazione del fatto deve partirsi dalla assoluta sproporzione tra il motivo della discussione e la reazione letale dell’imputato, che sparò nei confronti di Yelfry Rosado Guzman cinque colpi di arma da fuoco, da distanza ravvicinata, quattro dei quali sporgendosi appositamente dietro il bancone mentre la persona offesa si trovava esanime a terra, dopo essere caduto all’esito del primo colpo che lo attinse al volto. Il tutto nei confronti di un giovane del tutto sconosciuto, colpevole solo di non aver salato gli arrosticini al punto giusto». È uno dei passaggi chiave contenuti nei motivi della sentenza di condanna nei confronti di Federico Pecorale, l’italo-svizzero che il 10 aprile del 2022 ridusse il cuoco dominicano Yelfry sulla sedia a rotelle.
FATTO GRAVE, MOTIVO BANALE «A ribadire ulteriormente la straordinaria gravità del fatto», aggiunge il gup Francesco Marino che ha depositato la sentenza già dal 26 giugno, «oltre alla volontà omicidaria dell’imputato c’è l’esito delle lesioni patite dalla persona offesa, che è di impressionante entità». E dopo aver elencato le conseguenze di quell’aggressione subita da Yelfry nel locale “Casa Rustì” in piazza Salotto, il giudice prosegue: «Queste le condizioni, miserevoli ed irreversibili, alle quali l’imputato ha ridotto un giovane poco più che ventenne in conseguenza di una banale discussione sulla salatura degli arrosticini». Tutto questo per spiegare come è arrivato alla condanna a 12 anni di reclusione (due in più di quelli chiesti dalla pubblica accusa, partendo da una pena base di 24 anni ridotta dal rito abbreviato e dalla parziale infermità mentale), con l’aggiunta di altri 5 anni di misura di sicurezza presso una Rems.
DISTURBO DELIRANTE Il giudice Marino esclude l’incapacità di Pecorale di presenziare al processo (sconfessando il suo perito), e non condivide l’aggravante della premeditazione (prospettata dal pm), mentre riconosce l’aggravante dei futili motivi. Quanto alle capacità psichiche di Pecorale, il gup ritiene di condividere le conclusioni della psichiatra Federica Vellante «che ha individuato una matrice organica concomitante a una radice psichica della situazione psicopatologica complessiva patita dall’imputato (a seguito del grave incidente patito quando era ancora minorenne ndr). Lo stesso perito ha concluso», aggiunge Marino, «con la diagnosi di “disturbo delirante cronico” che ha grandemente scemato la sua capacità di intendere e di volere, senza escluderla. Conclusioni sostanzialmente conformi a quelle dei consulenti nominati dalla difesa dell'imputato», e aggiunge che «le conclusioni del perito d’ufficio non sono nemmeno in contrasto con quelle dei consulenti della parte civile i quali hanno comunque riconosciuto un “parziale decadimento” della capacità di volere, pur non azzardando valutazioni sull’entità del vizio riscontrato».
LE LETTERE DI PECORALE Il giudice si è soffermato sulle due missive inviate dal carcere da Pecorale (difeso dall’avvocatessa Valentina Aragona): la prima il 14 giugno del 2022 al pm Fabiana Rapino, la seconda direttamente a lui il 14 giugno 2023, fornendo una seconda ricostruzione dei fatti: «Una versione dell’accaduto», scrive il giudice, «non solo del tutto priva di riscontri, ma anche del tutto inverosimile».
MANIE DI PERSECUZIONE E comunque, nella sua sentenza, Marino prende in considerazione le testimonianze della vittima e della cameriera che era accanto a lui in quei terribili momenti, versioni che trovano conferma nelle immagini della telecamera interna al locale che riprese tutta la scena. Un comportamento, quello di Pecorale, che secondo il gup «può trovare una spiegazione alternativa (alla premeditazione sostenuta dall'accusa ndr) proprio nella patologia psichica sofferta dall’imputato, ossessionato da manie di persecuzione che possono averlo spinto a procurarsi un mezzo di difesa. D’altro canto, proprio le modalità della condotta di Pecorale appaiono il frutto di una estemporanea reazione rabbiosa al culmine di un diverbio del tutto occasionale con il Rosado, prima colpito con un pugno e poi con diversi colpi di pistola (5 in totale ndr), laddove un premeditato intento omicidiario si sarebbe verosimilmente manifestato con l’immediato ricorso all'arma da fuoco, senza inscenare la pantomima del litigio per la salatura degli arrosticini».
Per Yelfry (assistito dall’avvocato Piero Bisceglie) confermata una provvisionale di 200 mila euro, oltre al risarcimento dei danni da quantificare in sede civile.
FATTO GRAVE, MOTIVO BANALE «A ribadire ulteriormente la straordinaria gravità del fatto», aggiunge il gup Francesco Marino che ha depositato la sentenza già dal 26 giugno, «oltre alla volontà omicidaria dell’imputato c’è l’esito delle lesioni patite dalla persona offesa, che è di impressionante entità». E dopo aver elencato le conseguenze di quell’aggressione subita da Yelfry nel locale “Casa Rustì” in piazza Salotto, il giudice prosegue: «Queste le condizioni, miserevoli ed irreversibili, alle quali l’imputato ha ridotto un giovane poco più che ventenne in conseguenza di una banale discussione sulla salatura degli arrosticini». Tutto questo per spiegare come è arrivato alla condanna a 12 anni di reclusione (due in più di quelli chiesti dalla pubblica accusa, partendo da una pena base di 24 anni ridotta dal rito abbreviato e dalla parziale infermità mentale), con l’aggiunta di altri 5 anni di misura di sicurezza presso una Rems.
DISTURBO DELIRANTE Il giudice Marino esclude l’incapacità di Pecorale di presenziare al processo (sconfessando il suo perito), e non condivide l’aggravante della premeditazione (prospettata dal pm), mentre riconosce l’aggravante dei futili motivi. Quanto alle capacità psichiche di Pecorale, il gup ritiene di condividere le conclusioni della psichiatra Federica Vellante «che ha individuato una matrice organica concomitante a una radice psichica della situazione psicopatologica complessiva patita dall’imputato (a seguito del grave incidente patito quando era ancora minorenne ndr). Lo stesso perito ha concluso», aggiunge Marino, «con la diagnosi di “disturbo delirante cronico” che ha grandemente scemato la sua capacità di intendere e di volere, senza escluderla. Conclusioni sostanzialmente conformi a quelle dei consulenti nominati dalla difesa dell'imputato», e aggiunge che «le conclusioni del perito d’ufficio non sono nemmeno in contrasto con quelle dei consulenti della parte civile i quali hanno comunque riconosciuto un “parziale decadimento” della capacità di volere, pur non azzardando valutazioni sull’entità del vizio riscontrato».
LE LETTERE DI PECORALE Il giudice si è soffermato sulle due missive inviate dal carcere da Pecorale (difeso dall’avvocatessa Valentina Aragona): la prima il 14 giugno del 2022 al pm Fabiana Rapino, la seconda direttamente a lui il 14 giugno 2023, fornendo una seconda ricostruzione dei fatti: «Una versione dell’accaduto», scrive il giudice, «non solo del tutto priva di riscontri, ma anche del tutto inverosimile».
MANIE DI PERSECUZIONE E comunque, nella sua sentenza, Marino prende in considerazione le testimonianze della vittima e della cameriera che era accanto a lui in quei terribili momenti, versioni che trovano conferma nelle immagini della telecamera interna al locale che riprese tutta la scena. Un comportamento, quello di Pecorale, che secondo il gup «può trovare una spiegazione alternativa (alla premeditazione sostenuta dall'accusa ndr) proprio nella patologia psichica sofferta dall’imputato, ossessionato da manie di persecuzione che possono averlo spinto a procurarsi un mezzo di difesa. D’altro canto, proprio le modalità della condotta di Pecorale appaiono il frutto di una estemporanea reazione rabbiosa al culmine di un diverbio del tutto occasionale con il Rosado, prima colpito con un pugno e poi con diversi colpi di pistola (5 in totale ndr), laddove un premeditato intento omicidiario si sarebbe verosimilmente manifestato con l’immediato ricorso all'arma da fuoco, senza inscenare la pantomima del litigio per la salatura degli arrosticini».
Per Yelfry (assistito dall’avvocato Piero Bisceglie) confermata una provvisionale di 200 mila euro, oltre al risarcimento dei danni da quantificare in sede civile.