Peculato, indagato D'Ambrosio

L'ex presidente dell'Ato accusato di aver usato fondi per le sue elezioni

PESCARA. Fondi dell'Ato che sarebbero stati usati per finanziare la campagna elettorale di Giorgio D'Ambrosio, assunzioni sospette nell'Ente in via Raiale che si occupa di gestire il servizio idrico integrato e auto di servizio che sarebbero state usate per spostamenti privati.

Alle otto di mattina, quindici agenti della Digos sono saliti al primo piano del palazzo in via Raiale e sono entrati nella sede dell'Ato pescarese portando via documenti cartacei e supporti informatici sulla gestione dell'Ente a partire dal 2006. L'anno in cui alla presidenza dell'Ato c'era Giorgio D'Ambrosio che, da ieri, risulta indagato per peculato, falso in atto pubblico e abuso d'ufficio nell'inchiesta sulla cattiva gestione dell'acqua coordinata dal pm Valentina D'Agostino e che mira a fare luce su come venivano usate le risorse dell'Ente d'ambito territoriale pescarese.

«Ho sempre operato nella massima trasparenza», dice l'attuale sindaco di Pianella. Con D'Ambrosio, e con le stesse accuse, sono indagate altre tre persone che rivestono doppi ruoli, sia dipendenti dell'Ato sia amministratori pubblici: Vincenzo Di Giamberardino di Pianella, 43 anni, dipendente Ato (con qualifica di istruttore amministrativo) e assessore ai Lavori pubblici di Pianella; Fabio Ferrante, pescarese residente a Manoppello, 30 anni, dipendente Ato (con qualifica di istruttore direttivo amministrativo) e assessore alla Protezione civile a Lettomanoppello; Fabrizio Bernardini, pescarese, 40 anni, segretario generale dell'Ato e anche segretario generale della Provincia di Pescara.

I fatti contestati risalgono al 2006 quando, secondo l'accusa, il presidente dell'Ato D'Ambrosio - dal settembre 2006 fino al 2008 anche parlamentare - avrebbe distolto dall'Ente del servizio idrico fondi non precisati per finanziare la sua campagna elettorale. E avrebbe agito con due dei suoi «più fidati collaboratori», Di Giamberardino e Ferrante, tanto da trasformare l'Ato, come scrive il pm, in una «segreteria politica personale». Ma D'Ambrosio avrebbe anche usato un'auto intestata all'Ato per spostamenti estranei al suo compito istituzionale spingendosi anche fuori regione, a Roma. Un intreccio nell'Ente che gestisce l'acqua e che oggi è anche commissariato, retto dal dirigente Pierluigi Caputi.

Al vaglio degli inquirenti ci sono poi le assunzioni del personale dell'Ato che, attualmente conta 12-13 persone il cui lavoro, ieri mattina, si è fermato con l'arrivo della Digos: le assunzioni sarebbero state effettuate violando le norme che disciplinano gli enti pubblici. Ma nell'inchiesta figura soprattutto quell'«indebito utilizzo di risorse economiche dell'Ente per finalità diverse da quelle dell'Ente stesso» e per cui sarebbero state falsificate delibere ed atti pubblici del consiglio di amministrazione dell'Ato. Ed è per questo che, ieri, dopo oltre quattro ore di perquisizioni che si sono estese anche alle case di D'Ambrosio, Ferrante e Di Giamberardino, gli agenti della Digos hanno portato via libri contabili dell'Ente, fatture, appunti, la documentazione relativa a rapporti economici e finanziari riconducibili all'Ato, registri delle presenze, agende, cartelle e qualsiasi supporto informatico utile per ricostruire i collegamenti tra i quattro indagati, accertare le eventuali «condotte distrattive commesse durante la gestione», verificare l'autenticità delle delibere di consiglio e, in generale, ricostruire il percorso delle risorse economiche dell'Ente d'ambito territoriale pescarese.

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