Penne, bare con le salme accatastate nel cimitero
Sono state messe alla rinfusa nella chiesetta in attesa di una nuova collocazione Protestano i visitatori anche per le macerie abbandonate davanti a un ingresso
PENNE. Dovrebbe essere diritto di ogni defunto riposare in pace, ma nello storico cimitero di Penne non è così per tutti. Da oltre due anni, infatti, chiunque visiti questo luogo i può assistere ad una spiacevole visione: basta portare lo sguardo oltre la porta vetrata della chiesetta cimiteriale per trovarsi di fronte decine di bare accatastate sui due lati del piccolo edificio, un tempo dichiarato pericolante e ora incatenato non senza visibili crepe all'esterno.
No, non sono vuote. Riposano parecchi cari estinti in quelle casse di legno o solo zincate, piccole e grandi, più o meno datate (ad occhio si leggono decessi del '58, '60, '76, '82 con i relativi nomi), una addirittura appare aperta e si immagina, o si spera, vuota. «Sarà suggestione», commenta una signora, «ma quando mi avvicino sento come una puzza, adesso molto meno ma prima… E poi vede», aggiunge indicando la porta di ferro vetrata dalla quale si accede all'edificio, «non è chiusa, la porta è mezza aperta, solo quella catenella con un piccolo lucchetto la tiene ferma».
A contarle così superano la trentina le bare accatastate, sistemate senza nessuna accortezza o misura di sicurezza: ben visibili, addirittura raggiungibili con un morso di tenaglia contro la catenella. «Ma è legale?», chiede un signore mentre riempie il secchio dell'acqua, «e le norme igienico-sanitarie?». Un'anziana ci spiega che non stanno lì perché sono morti dimenticati, no. Alcuni sono stati riesumati dalla cappella comunale, altri da una parete fatiscente di tombe al limite tra il cimitero vecchio e nuovo che, circa tre anni fa, è stata demolita e ricostruita da pochi mesi. Soltanto che la nuova batteria di loculi non piace quasi a nessuno dei parenti interessati. «Non ci hanno messo neppure la mensola per un fiore o un lumino», conclude la signora, «e non hanno fatto ancora la pavimentazione». Con la pioggia di questi giorni i visitatori sguazzano tra il ristagno d'acqua e fango. Ecco la ragione per cui molti non vogliono riportare in quei loculi i parenti estinti, che riposavano in tombe differenti; gli altri, invece, dovrebbero essere ricondotti nella cappella comunale che, allo stato, sembra completamente inagibile. Di considerazioni e domande se ne fanno molte qui e tutte con un occhio di rimprovero rivolto al Comune di Penne. Perché per esempio appena usciti da un ingresso laterale ci si imbatte in un cumulo di macerie abbandonato sul ciglio stradale? «Rifiuti che non possono stare lì», commenta un ragazzo dal finestrino dell'auto, «vede i pezzi di marmo? Ci sono macerie di tombe smantellate». Nel quadrilatero colonnato che delimita il vecchio camposanto, il degrado è evidente in più punti: cappelle gentilizie dimesse con coperture pericolanti, altre interessate da infiltrazioni e crepe, soffitti cadenti o puntellati, altre addirittura con la fossa a vista, senza più la copertura; e poi ci sono i manti dei vialetti e i gradini della scalinata tra campo vecchio e nuovo ampiamente dissestati, poco praticabili dunque.Lo scotto lo paga anche la sepoltura di un glorioso pennese, il patriota Clemente de Caesaris, un padre del Risorgimento a cui il Comune dovrebbe prestare attenzione, che invece è condannata all'incuria. Poca cosa, ovviamente, rispetto al resto, anche se stavolta "la livella" non è stata democratica.
Giorgio D'Orazio