Penne, morì sul lavoro a Rigopiano: «Ma per l’Inail non esiste»
Lo sfogo di Francesco D’Angelo, fratello di Gabriele, il cameriere morto nel resort distrutto dalla valanga. I lavori per la bonifica dell’area non si sono fermati neppure durante le festività
PENNE. Meno di due settimane e sarà il 18 gennaio. Il primo anniversario della valanga che lo scorso anno si è staccata dal monte Siella intorno alle 16,49 distruggendo l’hotel Rigopiano e uccidendo 29 persone, al suo interno, tra dipendenti e ospiti. Oggi per i parenti delle vittime, in attesa che la giustizia stabilisca cause e colpevoli (sono stati indagati in 23 nell’inchiesta condotta dalla Procura), c’è sempre lo stesso dolore. A cui, per alcune famiglie, si aggiunge la beffa di non veder riconosciuta dall’Inail la morte sul lavoro al proprio caro, dipendente dell’albergo.
Francesco D’Angelo, fratello di Gabriele - cameriere nel resort andato distrutto - non si dà pace per la situazione che stanno vivendo in famiglia. «Per l’Inail la morte di mio fratello non è morte sul luogo di lavoro. Lo stabilisce una legge del ’38, modificata trent’anni dopo. Se il tuo stipendio non serve al mantenimento della famiglia, non ti viene riconosciuto nulla. Detto in parole povere, non sei niente. Questa regola assurda vale anche per la famiglia di Marinella Colangeli e per altri. Non è giusto, fa male. Se penso a mio fratello, a quanta energia dedicava al lavoro. Ci teneva proprio. Per questo voglio scrivere al presidente della Repubblica Mattarella, voglio invitarlo qui, a Penne, e chiedergli una cosa sola: mi spieghi cosa significa Inail. Se è l’istituto del lavoratore e non riconosce che a Rigopiano ci sono state morti sul lavoro, allora chi tutela?», si sfoga Francesco D’Angelo.
Suo fratello Gabriele era un ragazzo dal cuore d’oro e a Penne tutti lo ricordano con affetto e stima. Era impegnato da 14 anni nella Croce Rossa, era generoso, preciso, esperto di emergenze. Aveva lavorato anche all’Aquila, dopo il terremoto del 2009. Per alcuni parenti delle vittime il mancato riconoscimento di morte sul lavoro da parte dell’Inail è stata una sorpresa negativa. Una beffa a pochi giorni dalla ricorrenza di quel maledetto 18 gennaio. A Rigopiano, intanto, proseguono i lavori di bonifica del sito distrutto dalla valanga. L’azienda che si è aggiudicata l’affidamento, la Ecoalba, che a Farindola e in altri Comuni dell’area vestina gestisce il servizio di raccolta e spazzamento rifiuti, dovrà portare a smaltimento qualcosa come seimila tonnellate di resti dell’albergo, cioè una montagna di macerie, e altre duemila tonnellate di legna, centinaia di alberi trascinati a valle dalla valanga che alle 16,49 di quel maledetto 18 gennaio dello scorso anno ha travolto il resort cancellando 29 vite. I lavori non si sono mai fermati e c’è stato solo qualche giorno di pausa a causa della neve caduta sui 1200 metri di Rigopiano. Gli inerti, cioè i resti del crollo del resort, saranno conferiti in una discarica. Il legname, invece, seguirà un’altra strada: sarà venduto e il ricavato andrà in gran parte al comitato dei parenti delle vittime di Rigopiano e non solo al Comune di Farindola.
Francesco D’Angelo, fratello di Gabriele - cameriere nel resort andato distrutto - non si dà pace per la situazione che stanno vivendo in famiglia. «Per l’Inail la morte di mio fratello non è morte sul luogo di lavoro. Lo stabilisce una legge del ’38, modificata trent’anni dopo. Se il tuo stipendio non serve al mantenimento della famiglia, non ti viene riconosciuto nulla. Detto in parole povere, non sei niente. Questa regola assurda vale anche per la famiglia di Marinella Colangeli e per altri. Non è giusto, fa male. Se penso a mio fratello, a quanta energia dedicava al lavoro. Ci teneva proprio. Per questo voglio scrivere al presidente della Repubblica Mattarella, voglio invitarlo qui, a Penne, e chiedergli una cosa sola: mi spieghi cosa significa Inail. Se è l’istituto del lavoratore e non riconosce che a Rigopiano ci sono state morti sul lavoro, allora chi tutela?», si sfoga Francesco D’Angelo.
Suo fratello Gabriele era un ragazzo dal cuore d’oro e a Penne tutti lo ricordano con affetto e stima. Era impegnato da 14 anni nella Croce Rossa, era generoso, preciso, esperto di emergenze. Aveva lavorato anche all’Aquila, dopo il terremoto del 2009. Per alcuni parenti delle vittime il mancato riconoscimento di morte sul lavoro da parte dell’Inail è stata una sorpresa negativa. Una beffa a pochi giorni dalla ricorrenza di quel maledetto 18 gennaio. A Rigopiano, intanto, proseguono i lavori di bonifica del sito distrutto dalla valanga. L’azienda che si è aggiudicata l’affidamento, la Ecoalba, che a Farindola e in altri Comuni dell’area vestina gestisce il servizio di raccolta e spazzamento rifiuti, dovrà portare a smaltimento qualcosa come seimila tonnellate di resti dell’albergo, cioè una montagna di macerie, e altre duemila tonnellate di legna, centinaia di alberi trascinati a valle dalla valanga che alle 16,49 di quel maledetto 18 gennaio dello scorso anno ha travolto il resort cancellando 29 vite. I lavori non si sono mai fermati e c’è stato solo qualche giorno di pausa a causa della neve caduta sui 1200 metri di Rigopiano. Gli inerti, cioè i resti del crollo del resort, saranno conferiti in una discarica. Il legname, invece, seguirà un’altra strada: sarà venduto e il ricavato andrà in gran parte al comitato dei parenti delle vittime di Rigopiano e non solo al Comune di Farindola.