Pensioni, da ottobre gli aumenti: priorità a chi ha l’assegno minimo  

L’incremento varia in base agli scaglioni di reddito, il ritocco è legato alle nuove aliquote Irpef  Ma cresce l’attesa della riforma al vaglio del governo Meloni e collegata alla prossima manovra  

L'AQUILA. Pensioni più ricche a partire da ottobre. Grazie a una combinazione di misure fiscali e alla rivalutazione annuale collegata all’inflazione, dal prossimo mese molti pensionati vedranno un incremento degli assegni pensionistici.
La novità nel cedolino riguarda, in particolare, coloro che ricevono assegni minimi. Nel dettaglio, l’aumento delle pensioni di ottobre interesserà oltre 16 milioni di pensionati. L'incremento si applica in modo particolare ai percettori degli assegni minimi, che vedranno il loro importo aumentare di 16 euro, passando da 598,77 a 614,77 euro. Il cedolino della pensione, accessibile tramite il servizio online dell’Inps, permette ai pensionati di verificare l’importo erogato ogni mese e le voci per cui tale importo può variare.
Le trattenute fiscali sul rateo di pensione di ottobre includeranno l’Irpef mensile e le addizionali regionali e comunali relative al 2023. Le somme conguagliate saranno certificate nella Certificazione Unica 2024. Inoltre, per i pensionati che hanno optato per l’Inps quale sostituto d’imposta, verranno effettuate operazioni di abbinamento delle risultanze contabili per il modello 730, con eventuali rimborsi o trattenute in caso di conguaglio a debito.
QUANTO SPETTA. L’incremento pensionistico di ottobre prossimo varia in base agli scaglioni di reddito.
Il ritocco agli importi in aumento di una decina di euro è da ricercare, infatti, nelle nuove aliquote Irpef, studiate dal governo per agevolare i redditi fino a 28mila euro, ma non solo. I nuovi importi, in linea con la normativa in vigore dal 1° gennaio 2024, sono così suddivisi: per le pensioni fino a quattro volte il minimo Inps l'aumento sarà del 5,4% su un importo lordo fino a 2.272,76 euro. Per le pensioni da 4 a 5 volte il minimo Inps l'aumento è del 4,59% su un importo fino a 2.839,70 euro; da 5 a 6 volte il minimo l'incremento ammonta al 2,862% su un importo fino a 3.407,64 euro; da 6 a 8 volte l'aumento sarà del 2,538% su un importo fino a4.543,52 euro.
Le pensioni da 8 a 10 volte il minimo Inps cresceranno del 1,998% su un importo fino a 5.679,40 euro. Infine, oltre dieci volte la pensione minima l'aumento previsto è dell’1,728% per importi oltre 5.679,40 euro. È importante sottolineare che il taglio dell’indicizzazione delle pensioni, stabilito nelle ultime manovre economiche, è attualmente al vaglio della Corte Costituzionale.
Intanto, il Governo sta considerando di introdurre nella nuova Legge di Bilancio 2025 un blocco della perequazione per le pensioni superiori a quattro volte il minimo: le precedenti sentenze della Corte avevano già annullato misure simili, e la decisione attesa avrà impatti significativi sulle future rivalutazioni.
SISTEMA PENSIONISTICO. Il sistema pensionistico pubblico in Italia è regolato dalla Riforma Dini, modificata dalla Legge Fornero 2011 e dalla Riforma Pensioni 2020 del governo Conte, in attesa della riforma della pensioni del governo Meloni, avviata con la manovra 2024. In generale, queste riforme mirano ad un progressivo controllo della spesa, al consolidamento della previdenza complementare e ad una delimitazione della flessibilità di uscita dal mondo del lavoro alle categorie più svantaggiate.
Le gestioni pensionistiche sono regolate da leggi speciali e controllate dallo Stato attraverso enti previdenziali. Il sistema di tutela previdenziale italiano è strutturato in due settori di riferimento: uno destinato ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, autonomi e collaboratori, gestito dall’Inps, in cui ora sono confluite anche le ex gestioni Inpdap ed Enpals e uno indirizzato alle categorie di liberi professionisti, gestito dagli enti previdenziali di diritto privato. Per arrivare alla pensione di vecchiaia occorre un’anzianità contributiva minima di 20 anni, oltre ad un’età anagrafica di 67 anni.
Per la pensione anticipata servono, invece, 42 anni e dieci mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e dieci mesi di contributi per le donne. È possibile raggiungere il requisito anche attraverso il versamento di contributi volontari. Per raggiungere il requisito contributivo per la pensione, si possono riscattare contributi non versati in passato. L’onere di riscatto, deducibile dall'Irpef, si può versare in un’unica soluzione o a rate in 10 anni. In base alla tipologia di periodi da riscattare - come il riscatto di laurea o del militare - si può applicare il riscatto agevolato, che costa circa 5mila euro per ogni anno.
Chi ha almeno 5 anni di contributi può ottenere la pensione di vecchiaia a 71 anni di età. Chi, invece, non ha mai lavorato e non ha contributi versati ha diritto a prestazioni assistenziali che sostituiscono la pensione. (m.p.)