Pescara, la stessa pistola per due omicidi
Rigante-Cagnetta: decisiva la comparazione tra le ogive E l’esame balistico rivela: calibro 7,65 contro la nigeriana
PESCARA. Due fratelli, due omicidi e un solo calibro, il calibro 38. È dalle perizie balistiche che ora si attendono i primi importanti riscontri a quanto finora portato alla luce dalle indagini della Mobile di Pierfrancesco Muriana. Analogie importanti, sostiene l’accusa che adesso, pur non avendo trovato ancora le armi utilizzate per l’omicidio di Domenico Rigante lo scorso primo maggio e per quello di Tommaso Cagnetta il 2 luglio, ha fretta di verificare se le ogive estratte dalle vittime, entrambe uccise con un colpo al fianco sinistro, siano compatibili con la stessa arma. Se così fosse, la posizione dei fratelli Massimo e Angelo Ciarelli , rispettivamente in carcere per Rigante e per Cagnetta, si aggraverebbe sensibilmente. Per questo al gabinetto interregionale della Scientifica di Ancona è stata richiesta la precedenza alla comparazione delle ogive usate per Cagnetta e Rigante rispetto a quelle di Ceci (ancora calibro 38) e Rigante. Questo mentre i primi risultati ufficiosi delle analisi balistiche sugli ultimi fatti di sangue avvenuti a Pescara da gennaio a oggi rivelano anche che la pistola usata il 25 aprile, presumibilmente da Pasquale Di Giovanni, contro la prostituta nigeriana non è una calibro 38, ma una calibro 7,65, un’arma più piccola rispetto alla prima. Un particolare che solo apparentemente tirerebbe fuori Di Giovanni (imparentato indirettamente con i Ciarelli per cui lavorava come stalliere), dall’intricata matassa all’esame degli investigatori. Perché se è vero che Rigante è stato ucciso con una calibro 38 come Cagnetta, e che quelle ogive sono compatibili con i 13 proiettili calibro 38 special trovati in un tombino in via Vico Moro, di fronte all’abitazione di Angelo e Massimo Ciarelli, è pur vero che la sera dell’agguato del primo maggio, quando Massimo Ciarelli, secondo l’accusa, sparò a Domenico Rigante, nell’appartamento di via Polacchi i testimoni videro in mano a Luigi Ciarelli (cugino di Massimo ma anche di Pasquale Di Giovanni) una seconda pistola, più piccola della calibro 38 impugnata da Massimo e compatibile proprio con la 7,65.
Intanto ieri mattina, nella parrocchia Gesù Risorto di via Guelfi, i familiari hanno dato l’addio a Tommaso Cagnetta: «Si può morire anche di morte improvvisa e violenta» ha ricordato padre Adriano Ciminelli, «come è successo a Gesù».
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