l'inchiesta
Pescara, liquami in mare, direttori Aca a giudizio
Di Giovanni e Livello accusati per un ingente sversamento avvenuto nel 2013 a Fosso Pretaro. Solo il Comune di Francavilla al Mare vietò i bagni
PESCARA. Nell’agosto del 2013, in piena stagione turistica, il mare all’altezza di Fosso Pretaro, al confine tra Pescara e Francavilla, diventò una fogna a cielo aperto, come è accaduto l’estate scorsa. Un improvviso sversamento in mare causato dalla rottura di una pompa di sollevamento del depuratore provocò un forte inquinamento, ma solo il Comune di Francavilla vietò la balneazione.
Ora, per quella sorta di mini disastro ambientale finiranno a giudizio due dirigenti dell’Aca, il direttore generale Bartolomeo Di Giovanni e il direttore tecnico Lorenzo Livello.
Entrambi sono accusati dei reati di getto pericoloso di cose, concorso per reato colposo e mancata comunicazione all’autorità competente, perché non hanno provveduto «ad attuare le cautele preventive idonee a scongiurare il verificarsi di guasti tecnici». L’udienza si terrà a Pescara il prossimo 12 gennaio, alle 9. I due direttori sono difesi dall’avvocato Sergio Della Rocca, che non ha voluto rilasciare dichiarazioni. A questa conclusione è giunto il pm Anna Rita Mantini, che ha condotto un’inchiesta, aperta il 29 agosto del 2013 dopo l’allarme lanciato dall’Arta e dalla Capitaneria di porto. Questa vicenda ricorda ciò che è accaduto l’estate scorsa, quando ha ceduto la condotta fognaria di via Raiale e si sono riversati nel fiume e poi in mare 30 milioni di litri di liquami. Il Comune di Pescara non ha emanato il divieto di balneazione. Nell’inchiesta, chiusa di recente, risultano coinvolti il sindaco Marco Alessandrini e il vice Enzo Del Vecchio con l’accusa di omissione di atti d’ufficio. Per l’inquinamento registrato nel 2013, invece, sono imputati i dirigenti dell’Aca. Tutto cominciò il 4 agosto del 2013, quando si verificò l’improvvisa rottura di una pompa di sollevamento del depuratore gestito dall’Aca, causando un significativo sversamento in mare di liquami nel tratto di costa all’altezza di Fosso Pretaro, tra Pescara sud e Francavilla. Fu la Capitaneria di porto, dopo alcune segnalazioni, a dare l’allarme. La Capitaneria chiamò i tecnici dell’Arta, i quali avviarono subito dei campionamenti. Ed ecco cosa scrisse l’Arta in una relazione inviata allora ai sindaci di Pescara Luigi Albore Mascia e di Francavilla Antonio Luciani, alla Asl, all’Aca e al ministero delle Infrastrutture. «Si invitano gli enti, per quanto di propria competenza», si legge, «a valutare questa anomala immissione...».
Il 7 agosto, arrivarono le prime analisi, sui prelievi effettuati il 5 nel tratto di mare antistante lo stabilimento Sabbia d’oro, che confermarono l’inquinamento. Si registrarono 1.300 unità di enterococchi, contro il limite consentito di 200, e 2.005 unità di escherichia coli, contro il tetto massimo di 500. I divieti di balneazione scattarono solo a Francavilla. L’allora sindaco Mascia dichiarò: «Nel tratto di mare antistante la riviera sud di Pescara, non ci sono stati problemi di balneazione ed entro pochissime ore anche il divieto temporaneo di balneazione, emesso in via cautelativa in un piccolo tratto di costa di Francavilla potrà essere revocato».
Tuttavia, il 9 agosto, l’Arta inviò altre analisi su prelievi effettuati nello stesso punto il 7 agosto e l’inquinamento, comunque in diminuzione, risultò sempre oltre i limiti. Quanto basta per riconfermare i divieti già emanati. Poi, il 22 e il 23 agosto 2013 l’Arta provvide a fare altre analisi, questa volta in corrispondenza della foce di Fosso Vallelunga. Si registrarono valori da record: 2.600.000 unità di escherichia coli, il 22 e 400.000, il 23. «Sulla base del risultato», scrisse l’Arta il 23 agosto al sindaco di Pescara, «si consiglia l’apposizione di un divieto cautelativo di balneazione».
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