Pescara, mancato dragaggio: il porto rischia il declassamento
Pavia, docente di Architettura e autore del progetto per il nuovo scalo marittimo: «In queste condizioni, il fiume costituisce un serio pericolo per la città»
PESCARA. Si allunga sempre di più la lista degli esperti che lanciano allarmi per le drammatiche condizioni del porto di Pescara, ormai quasi totalmente insabbiato. Rosario Pavia, docente ordinario di Urbanistica della facoltà di Architettura dell’università D’Annunzio, parla di «grave pericolo per la città». Ma non solo. Il professore, che ha elaborato insieme a Paolo De Girolamo e Alberto Noli, il prg portuale con il progetto del nuovo scalo marittimo, avverte che il porto rischia addirittura il declassamento a porticciolo regionale.
Pericolo per il fiume. Pavia non usa mezzi termini per descrivere una situazione preoccupante. Il mancato dragaggio ha reso il porto quasi completamente impraticabile e ora si teme che il prossimo nubifragio possa essere fatale, perché i fondali sono troppo bassi per reggere una piena del fiume.
«Allo stato attuale», dice il docente, «il porto è divenuto, con il suo insabbiamento, un elemento di grave criticità e pericolosità. Un pericolo per la città, per probabili esondazioni e per gli operatori del porto, a causa dell’inaccessibilità dei natanti».
Rischio declassamento. C’è anche un altro elemento di pericolo che, finora, nessuno aveva considerato. Lo fa presente il docente di Architettura. «Il porto è bloccato dal punto di vista economico e trasportistico», fa notare, «e rischia di essere declassato dalla seconda categoria, seconda classe, a seconda categoria, terza classe, cioè da porto nazionale a uno regionale». L’abbassamento del rating comporterebbe gravi conseguenze per lo scalo marittimo. Perderebbe, probabilmente, alcuni finanziamenti pubblici e non avrebbe più la possibilità di ospitare navi da crociera. Per Pescara, che ha sempre aspirato ad avere uno scalo turistico-commerciale, sarebbe un danno economico pesantissimo.
Non basta il dragaggio. Secondo Pavia, la questione del dragaggio, peraltro ancora bloccato, «non può essere risolta con interventi occasionali». «La dimensione del problema, cioè il prelievo di 400mila metri cubi di fanghi inquinati, il costo del dragaggio e del trasporto, con la Regione che parla di investire oltre 20 milioni di euro», osserva il professore, «ci portano a sostenere la tesi di legare il dragaggio alla realizzazione delle opere previste dal nuovo Piano regolatore portuale».
Anche Paolo De Girolamo, docente associato di Ingegneria costiera all’università dell’Aquila, aveva avvertito, in una recente intervista al Centro, che il dragaggio è solo una soluzione temporanea. Quella definitiva è la realizzazione di un nuovo scalo marittimo con la deviazione del fiume, così come previsto nel progetto allegato al Piano regolatore portuale elaborato da De Girolamo, Pavia e Noli.
Deviazione del fiume. A detta anche di Pavia, è necessario realizzare quel progetto.«Il nuovo piano regolatore», spiega il docente, «propone, sviluppando le indicazioni dell’Apat, (Agenzia per la progettazione ambientale), oggi Ispa (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), di deviare il corso del fiume portandolo oltre la parte terminale nord della diga foranea». «In questo modo», precisa, «si separa il deflusso del fiume dal bacino portuale, evitando insabbiamenti e depositi di detriti. Una tale operazione è raccomandata da tutti i testi di idraulica portuale, per cui i fiumi non dovrebbero assolutamente defluire attraverso i bacini portuali».
«La deviazione del fiume», sottolinea, «è un’opera necessaria per risolvere concretamente il problema insabbiamento. Inoltre, farebbe acquistare alla città circa otto ettari di nuovo suolo urbano e consentirebbe la realizzazione di una nuova darsena per le attività di diporto o per la pesca».
«Il nuovo spazio restituito alla città», prosegue Pavia, «potrebbe essere un’importante opportunità per la riqualificazione del waterfront (area portuale di Porta Nuova, ndr), con investimenti nel settore edilizio per funzioni direzionali, turistiche e balneari, ricettive, culturali, per la pesca. Una grande opportunità anche per lo spazio pubblico della città. Per le opere di colmata, necessarie per la realizzazione di questo spazio, si potrebbero utilizzare proprio i fanghi del dragaggio».
Dal punto di vista ambientale», precisa Pavia, «solo un’operazione di questo tipo, cioè la deviazione del fiume, può contenere il fenomeno dell’insabbiamento e il continuo ricorso al dragaggio. Il costo stimato nel 2008 per la deviazione del fiume è di 10 milioni di euro».
Il docente non risparmia una critica. «Si ha l’impressione che manchi un progetto di futuro per la città», conclude, «che si proceda in modo occasionale e disorganico. Ne sono esempi la questione del dragaggio, le modalità con cui sono state impegnate le aree individuate dal prg come il Piano particolareggiato 2, o le aree prossime al porto».
©RIPRODUZIONE RISERVATA