Pescara, omicidio Cagnetta Ciarelli: "Ucciso per caso"

Massimo parla del fratello Angelo accusato dell’omicidio dell’ambulante: «Ha fatto quello che ha fatto per la droga»

PESCARA. «Sono andati a prendere la droga, c’erano dei ragazzi e c’era anche Tommaso Cagnetta e quando è partito il colpo ha colpito Tommaso che non c’entrava per niente ed era lì perché anche lui voleva comprare la droga». Sarebbe morto per caso, Tommaso Cagnetta, l’ambulante di 42 anni ucciso il 2 luglio a Rancitelli e per cui è finito in carcere il rom Angelo Ciarelli. A raccontarlo è Massimo Ciarelli, il fratello minore di Angelo, il rom di 29 anni accusato di aver ucciso l’ultrà Domenico Rigante e rinchiuso nel carcere di Vasto dove, più volte, le sue visite sono state intercettate. E’ parlando con la madre e con le sorelle che Massimo, a un tratto, fa riferimento anche all’altro omicidio che pende sui Ciarelli: se Massimo, infatti, è considerato dall’accusa l’autore del delitto Rigante avvenuto nella notte del 1° maggio, Angelo è invece accusato di aver ucciso un ambulante il pomeriggio del 2 luglio al Ferro di Cavallo. Ed è proprio Massimo, in carcere del 5 maggio scorso, a fare riferimento al delitto Cagnetta durante i colloqui con i familiari: conversazioni che sono state intercettate dagli uomini della squadra Mobile guidati da Pierfrancesco Muriana, gli stessi che hanno arrestato i fratelli.

«Risulta che ha sparato Angelo per 5 euro?», domanda Massimo, durante il colloquio del 21 luglio, alla mamma e alla sorella. E la madre ribatte: «Non per cinque euro, ma per dieci...comunque per soldi». Sarebbero stati infatti dieci euro di differenza a scatenare la lite, la rissa e infine il colpo fatale. La somma che una coppia di tossicodipendenti non avrebbe dato per acquistare un grammo di cocaina: 70 euro al posto di 80 euro, una cifra irrisoria che, in quel pomeriggio al Ferro di Cavallo, avrebbe scatenato la lite tra rom e la coppia rinchiusa in macchina. Tra i rom, dice l’accusa, ci sarebbe stato anche Ciarelli che, all’improvviso, proprio mentre Cagnetta si sta avvicinando dal lato opposto dell’auto tira fuori la pistola e spara. Cagnetta sanguina e inizia subito a rantolare, mentre tre tossicodipendenti recuperano un’auto e lo portano al pronto soccorso dove, a distanza di mezz’ora, muore.

«Peppino ha fatto quello che ha fatto per la droga», dice in un altro colloquio Massimo alle sorelle riferendosi sempre al fratello Angelo chiamato “Peppino”. Gli investigatori commentano che «Massimo informato della vicenda in cui era rimasto coinvolto il fratello Angelo, afferma che la causa della morte accidentale di Cagnetta era dovuta a motivi riconducibili alla droga». I due Ciarelli sono legati anche dall’uso di una pistola dello stesso calibro, il 38. Per ambedue gli omicidi le pistole non sono state trovate ma, nel caso di Angelo Ciarelli, i poliziotti hanno trovato dentro un tombino nei pressi della sua casa 13 proiettili calibro 38 special nascosti dentro a un calzino. In un’altra intercettazione sempre legata all’omicidio Cagnetta la sorella di Ciarelli, rispondendo a una domanda del fratello, dice che «l’hanno recuperata loro e che sono state ritrovate soltanto le palline». Una frase che gli investigatori commentano così: «Si fa riferimento all’arma custodita in un posto sicuro e alla perquisizione dove sono state ritrovate le munizioni».

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