Pescara, spari in faccia a una prostitutaL'arrestato: a sparare non sono stato io

Il giovane non risponde al gip mentre il suo avvocato fa ricorso al Riesame per ottenere la libertà. La difesa punta sullo scambio di persona

PESCARA. «Non sono stato io». Di fronte al gip, Pasquale Di Giovanni resta in silenzio, ma attraverso il suo legale, l'avvocato Luca Sarodi, il giovane di 28 anni ribadisce che non è lui l'uomo che la notte del 25 aprile ha sparato alla prostituta nigeriana lasciandola in fin di vita in una stradina di Colle Santo Spirito, a San Donato. È proprio sull'errore di persona che punta ora la difesa che ha già annunciato di fare ricorso al Riesame per ottenere la libertà: la descrizione fornita dalla ragazza non sarebbe poi così precisa, sostiene la difesa.

Una descrizione che la ragazza nigeriana fa subito in ospedale due giorni dopo la spaventosa aggressione del 25 aprile, parlando ai poliziotti della Mobile di un uomo sui 30 anni, di 1.75 di statura, leggermente robusto, con addome prominente e capelli neri corti pettinati in maniera disordinata. Ma soprattutto di un uomo con una vistosa cicatrice tra il pollice e l'indice. Particolari che la donna conferma e amplia nella sua seconda deposizione quando, una volta uscita dall'ospedale, l'11 maggio, scarta 250 foto segnaletiche, approfondendo il particolare delle cicatrici notate sulla mano destra dell'aggressore e descrivendole, questa volta, come cicatrici plurime di piccole dimensioni su alcune dita della mano.

Segni che lei ripete di aver notato la notte del 25 aprile a causa della pelle più chiara intorno alle ferite rispetto al resto della mano.

Ne segue un ulteriore riconoscimento fotografico, questa volta basato sull'intuizione dell'ispettore della sezione Omicidi, Antonio Iervese, il quale collega questa descrizione alle fattezze di Pasquale Di Giovanni che proprio in quei giorni era stato portato in Questura tra i sospettati dell'omicidio Rigante. Per l'accusa è la svolta, perché tra le quattro foto che le vengono mostrate, la nigeriana, colta da un'agitazione improvvisa, indica subito Di Giovanni.

Subito, dice l'accusa, ma non in maniera così sicura, ribatte la difesa che invece è pronta a contestare proprio le lacune della descrizione fornita dalla ragazza. A cominciare dai tratti somatici piuttosto marcati dell'uomo di cui la donna non fa parola. E soprattutto, sostiene la difesa, dal fatto che prima di indicare Di Giovanni, la donna avrebbe indicato un'altra persona.

Fondamentale, a questo punto, appare il confronto all'americana tra l'accusatrice e l'arrestato richiesto con l'incidente probatorio dal pm Giampiero Di Florio al gip Luca Sarandrea.

Un atto finalizzato a far entrare, nel processo che sarà, le dichiarazioni dell'unica e principale accusatrice, blindando l'accusa e proteggendo la testimone da possibili intimidazioni che potrebbero spingerla a ritrattare o a lasciare definitivamente l'Italia. (s.d.l.)

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