Pescarese offeso a Padova: "Parli come un terrone"
Il racconto di un ricercatore universitario originario di Montesilvano: "Vessato dall’autista dell’autobus che non voleva farmi scendere con mio figlio"
MONTESILVANO. L’autista dell’autobus, a Padova, gli ha dato del «terrone» e gli ha detto che «deve imparare a rispettare le regole»: «Mi ha detto», racconta Marco Dispaldro, originario di Montesilvano, «che, forse, da dove vengo io le regole non si rispettano. Quando gli ho fatto presente che vivo a Padova da 7 anni e che sono un ricercatore universitario, l’autista mi ha risposto che “dall’accento da terrone non si direbbe e che mio figlio si deve vergognare di avere un padre ignorante come me”». È scoppiato un caso nazionale quando Dispaldro, ricercatore del dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’università di Padova, ha affidato il racconto di quello che gli è successo intorno alle 19,30 di sabato scorso a una lettera aperta inviata al quotidiano il Mattino di Padova. Lui prigioniero sul bus e la moglie e il figlio di appena 2 già in strada. Dal giornale la notizia è rimbalzata su Internet e ha fatto il giro dei social network, a partire da Facebook: «Sì, è vero», dice Dispaldro, partito da Montesilvano per inseguire il sogno di una carriera universitaria, «in tanti mi hanno scritto lettere e messaggi di solidarietà». Quando si è sentito chiamare “terrone”, Dispaldro si è sentito «umiliato come poche volte in vita mia», ma ci tiene a sottolineare: «Sono stato vittima di un maleducato come ce ne sono ovunque, anche a Pescara e Montesilvano, non è vero che tutti i padovani sono così. È la prima volta che mi capita di essere offeso». Il ricercatore continua: «Io, mia moglie e mio figlio di 2 anni eravamo sul bus che ci stava portando a casa. Dato che l’autobus era pieno, io sono rimasto nella coda con il passeggino chiuso e mia moglie si è spostata verso l’uscita centrale con il bambino in braccio, come da regolamento Aps, l’azienda del trasporto pubblico padovana. Arrivati alla fermata ho chiesto all’autista, gentilmente, se poteva aprire la porta inferiore per farmi uscire dato che non avevo spazio per muovermi con il passeggino, anche se chiuso. L’autista», dice Dispaldro, «non solo si è rifiutato di aprirmi ma non ha nemmeno aspettato che io raggiungessi l’uscita: è partito lasciandomi sul bus con il passeggino e lasciando un bambino di 2 anni fuori, a piedi e al freddo». Sul bus è scoppiata la protesta: «Alle mie proteste, che sono state appoggiate da tutti i passeggeri, il conducente, che tra l’altro stava chiacchierando con un suo amico mentre guidava il bus, ha inveito contro di me. Più che “terrone”, mi è dispiaciuto che l’autista abbia messo in mezzo mio figlio. Anche se non avesse detto “terrone”, avrei scritto lo stesso la mia lettera di protesta». ©RIPRODUZIONE RISERVATA