«Picchiata da papà e marito»
Una donna racconta il suo inferno: un’infanzia e un matrimonio da incubo
PESCARA. A 7 anni subisce pesanti molestie sessuali da un amico di famiglia. Cresciuta con un padre violento, col vizio di alzare il gomito e le mani, a 20 anni si sposa, dopo un lungo fidanzamento ostacolato dai genitori ma perfetto nell'intimità. I problemi arrivano a pochi mesi dal matrimonio, quando quel ragazzo dagli occhi azzurri e lo sguardo magnetico si trasforma nell'orco cattivo.
E la vita di Maria (nome di fantasia), residente in Val Pescara prima di scappare in Umbria, lontano dall'uomo che voleva ammazzarla di botte, diventa un inferno. Lei non ha il coraggio di denunciarlo: «Mi faceva tenerezza», racconta la donna, che oggi si è rifatta una vita, «anche lui, come me, aveva vissuto con un padre violento e cercavo di capire le sue ragioni. Ma oggi, se potessi tornare indietro, lo denuncerei e gli toglierei ogni possibilità di avvicinarsi a me. Purtroppo quando si è troppo giovani, si fanno di questi errori». All'idillio iniziale, seguono dunque giorni da incubo. «Cominciò a picchiarmi un giorno, dopo una banale lite sul colore dei mobili per casa. E poi, più io cercavo di restare calma e non rispondere ogni volta che perdeva il controllo, per non alimentare la sua rabbia, più lui inveiva contro di me, mi diceva che non ero buona a niente, neppure ad avere figli», racconta Maria, che anni dopo e diventata madre. «Mi riempiva di schiaffi e pugni anche se mettevo a tavola una forchetta al posto sbagliato. Poi si placava e mi chiedeva di fare l'amore, io cedevo per non farlo arrabbiare, ma mi faceva schifo». L'uomo non lavorava, forse un motivo in più di frustrazione alla base di tanta rabbia. Maria, per sbarcare il lunario, apre un'attività commerciale che si rivela vincente. Il lavoro va a gonfie vele, guadagna, in famiglia tornerà la serenità, pensava. No. «Lui non sopportava che io stessi fuori casa dalla mattina alla sera. Si precipitava a tutte le ore in negozio per controllarmi, si infuriava se mi vedeva parlare con un uomo. Era ossessionato, pensava che lo tradissi con qualcuno dei miei clienti. Invece io mi ammazzavo di fatica tutto il giorno, portavo i soldi a casa e quando tornavo per me erano solo botte. Il giorno dopo tornavo al lavoro tumefatta. Clienti e amici non ci misero molto a capire cosa mi accadeva. Mi dicevano: vattene via, allontanati da lui altrimenti prima o poi ti ucciderà. Io sapevo che avevano ragione, ma non riuscivo a lasciarlo. Ero come stordita. Come vittima di un incantesimo. Sull'altare gli avevo promesso che mi sarei presa cura di lui nella buona e nella cattiva sorte. Volevo che il matrimonio funzionasse per sempre. Anche se mi picchiava, continuavo ad amarlo e a sperare di cambiarlo». Ma i cambiamenti sperati da Maria, non arrivano. Il suo inferno, e il suo matrimonio, dura meno di un anno. Un giorno, ormai stremata, scappa dove il marito non avrebbe mai potuto rintracciarla. «Ma prima», conclude, «a malincuore dovetti vendere l'attività per potermi sostenere almeno per i primi tempi. Lui mi cercò a lungo come un forsennato. Poi seppi che si era di nuovo fidanzato, gli chiesi la separazione per telefono e smise di inseguirmi. E mi salvai».
E la vita di Maria (nome di fantasia), residente in Val Pescara prima di scappare in Umbria, lontano dall'uomo che voleva ammazzarla di botte, diventa un inferno. Lei non ha il coraggio di denunciarlo: «Mi faceva tenerezza», racconta la donna, che oggi si è rifatta una vita, «anche lui, come me, aveva vissuto con un padre violento e cercavo di capire le sue ragioni. Ma oggi, se potessi tornare indietro, lo denuncerei e gli toglierei ogni possibilità di avvicinarsi a me. Purtroppo quando si è troppo giovani, si fanno di questi errori». All'idillio iniziale, seguono dunque giorni da incubo. «Cominciò a picchiarmi un giorno, dopo una banale lite sul colore dei mobili per casa. E poi, più io cercavo di restare calma e non rispondere ogni volta che perdeva il controllo, per non alimentare la sua rabbia, più lui inveiva contro di me, mi diceva che non ero buona a niente, neppure ad avere figli», racconta Maria, che anni dopo e diventata madre. «Mi riempiva di schiaffi e pugni anche se mettevo a tavola una forchetta al posto sbagliato. Poi si placava e mi chiedeva di fare l'amore, io cedevo per non farlo arrabbiare, ma mi faceva schifo». L'uomo non lavorava, forse un motivo in più di frustrazione alla base di tanta rabbia. Maria, per sbarcare il lunario, apre un'attività commerciale che si rivela vincente. Il lavoro va a gonfie vele, guadagna, in famiglia tornerà la serenità, pensava. No. «Lui non sopportava che io stessi fuori casa dalla mattina alla sera. Si precipitava a tutte le ore in negozio per controllarmi, si infuriava se mi vedeva parlare con un uomo. Era ossessionato, pensava che lo tradissi con qualcuno dei miei clienti. Invece io mi ammazzavo di fatica tutto il giorno, portavo i soldi a casa e quando tornavo per me erano solo botte. Il giorno dopo tornavo al lavoro tumefatta. Clienti e amici non ci misero molto a capire cosa mi accadeva. Mi dicevano: vattene via, allontanati da lui altrimenti prima o poi ti ucciderà. Io sapevo che avevano ragione, ma non riuscivo a lasciarlo. Ero come stordita. Come vittima di un incantesimo. Sull'altare gli avevo promesso che mi sarei presa cura di lui nella buona e nella cattiva sorte. Volevo che il matrimonio funzionasse per sempre. Anche se mi picchiava, continuavo ad amarlo e a sperare di cambiarlo». Ma i cambiamenti sperati da Maria, non arrivano. Il suo inferno, e il suo matrimonio, dura meno di un anno. Un giorno, ormai stremata, scappa dove il marito non avrebbe mai potuto rintracciarla. «Ma prima», conclude, «a malincuore dovetti vendere l'attività per potermi sostenere almeno per i primi tempi. Lui mi cercò a lungo come un forsennato. Poi seppi che si era di nuovo fidanzato, gli chiesi la separazione per telefono e smise di inseguirmi. E mi salvai».