Porto Pescara, gli armatori: "La diga foranea va sfondata"
Confitarma e Federagenti dicono sì al progetto del nuovo porto: "Solo deviando il fiume finirà l’emergenza dragaggio"
PESCARA. «La foce del fiume deve essere traslata e allungata per superare e sfondare la diga foranea, restituendo al fiume il naturale sbocco in mare aperto». Per le associazione degli armatori Confitarma e Federagenti soltanto così, con il progetto del nuovo porto redatto dagli architetti Rosario Pavia, Paolo De Girolamo e Alberto Noli, è possibile «separare il fiume e la darsena destinata ai traffici commerciali». È questo un altro contributo alla discussione sul progetto milionario mentre il porto resta chiuso per il mancato dragaggio e da 188 giorni l’economia di Pescara va in malora con 74 posti di lavoro cancellati e 1,8 milioni di euro di affari bruciati. Ecco la cronologia del periodo nero: l’ultima petroliera è approdata a maggio 2011, l’ultima nave commerciale a luglio 2011, il collegamento con la Croazia dopo essere stato dirottato nell’agosto 2011 in extremis su Ortona è stato cancellato mentre le operazioni di scarico dei prodotti petroliferi tramite allibbo sono cessate a maggio 2011.
Il progetto di Pavia, De Girolamo e Noli lega il dragaggo ai grandi lavori. Ed è questo il primo punto contestato dall’associazione Armatori di Pescara: «La deviazione del fiume Pescara è una pessima soluzione al problema del porto», è la posizione del presidente Lucio Di Giovanni, «non vogliamo essere obbligati ad accettare la darsena prevista dal Prg portuale per avere il dragaggio: l’abbiamo già bocciata. Ci aspettiamo che il 16 settembre prossimo inizino le operazioni di dragaggio con l’uso della vasca di colmata sulla banchina di levante e il riciclo a terra».
In questo clima di muro contro muro, arriva la presa di posizione di Confitarma e Federagenti, associazioni nazionali aderenti a Confindustria e Confcommercio, che hanno mandato un’osservazione in vista della Valutazione ambientale strategica del piano regolatore portuale di Pescara. In un documento lungo 11 pagine, le associazioni marittime scrivono: «La questione del dragaggio dei fondali del porto è stata il principale elemento di freno alle attività marittime e all’economia regionale». Per Confitarma e Federagenti, «la ragione di fondo di tali difficoltà è data dal fatto che la foce del fiume coincide morfologicamente e strutturalmente con lo scalo marittimo. Le operazioni di dragaggio sono normalmente considerate interventi di ordinaria manutenzione, ma nel caso di Pescara», dicono le associazioni, «si può tranquillamente parlare di condizione di ordinaria emergenza». Per Confitarma e Federagenti, i lavori del nuovo porto sono indispensabili e porterebbero «diversi aspetti positivi, tra questi la sostanziale mitigazione o risoluzione del problema del deflusso delle acque fluviali e inquinate verso il litorale nord, la maggiore diluizione delle acque, il ripristino del naturale trasporto solido litoraneo».
Sull’osservazione, le associazioni dicono che, con il nuovo porto, Pescara potrebbe puntare ai traghetti e al turismo delle crociere: «Pescara e il suo porto hanno tutte le caratteristiche per assumere un importante ruolo come scalo marittimo di riferimento sull’Adriatico per importanti aree metropolitane, prima fra tutte Roma. Se invece si volesse considerare l’attuale configurazione come quella definitiva, ciò significherebbe, nel breve, l’impossibilità di incrementare traffici esistenti e, nel medio/lungo periodo, perdere ogni forma di attività turistico/commerciale». Secondo i dati di Confitarma e Federagenti, le opportunità ci sono: «Durante gli ultimi 7 anni, l’Adriatico ha registrato una crescita esponenziale come destinazione crocieristica, più che raddoppiando il numero dei visitatori. Purtroppo, Pescara», sottolineano, «l’unico porto a vocazione turistica d’Abruzzo non ha minimamente beneficiato di tale opportunità nonostante l’interesse da parte di diversi operatori del settore, fondamentalmente a causa dell’inadeguatezza delle strutture e dell’incapacità di mantenere efficienti i seppur minimi fondali».
Le associazioni chiedono poi attenzione per il traffico di idrocarburi stimato in 450 mila tonnellate all’anno: con il porto bloccato, significano 16.500 autobotti in più in marcia dal deposito di Falconara a Pescara.
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