Precaria non confermata, Asl Pescara condannata a risarcire 50mila euro
Secondo caso in un mese, infermiera assunta a termine per 5 anni vince in appello: meritava l’indeterminato
PESCARA. Per 5 anni, D.V. ha svolto la mansione di infermiera all’ospedale di Pescara, con contratti a tempo determinato, in attesa che prima o poi venisse assunta stabilmente, attesa risultata vana poiché la Asl non l’ha più impiegata. Ora la Corte d’appello dell’Aquila ha stabilito che l’abusivo ricorso ai contratti a termine va sanzionato con la condanna della Asl al ristoro dei danni subiti dal lavoratore, che consistono nel pregiudizio derivante dalla perdita di un posto di lavoro fisso. La Asl, quindi, è stata condannata al pagamento a favore della lavoratrice di una somma di circa 50 mila euro, oltre alle spese di giudizio. È già il secondo caso: anche per un altro infermiere precario, A.S., la Corte d’appello ha disposto un risarcimento danni di 50 mila euro. Una sentenza pilota quella di A.S., assistito dall’avvocato Luca De Felice, che adesso produce effetti anche per altri casi simili. I giudici d’appello, infatti, hanno sottolineato che il risarcimento, in questi casi, deve svolgere anche la funzione di sanzionare l’operato illegittimo dell’azienda e di dissuadere la dirigenza dal perseverare nell’impiego di questa tipologia contrattuale, eludendo la legge.
In primo grado le richieste della dipendente erano state respinte dal giudice del lavoro del tribunale di Pescara, Carmine Maffei – stessa cosa per A.S. –, ma in appello, su ricorso curato dall’avvocato Cristina Di Renzo, del foro di Chieti, difensore dell’infermiera, la decisione è stata rovesciata.La sentenza d’appello ha stabilito che, nell’ipotesi di contratti a termine anomali o successione anomale dei contratti nel settore pubblico, c’è l’obbligo della pubblica amministrazione di risarcire i danni. Nel caso specifico, la lavoratrice è stata assunta con una successione di 5 contratti a termine, oltre alle proroghe, nell’arco di quasi 5 anni.
«La reiterazione delle plurime assunzioni», dice l’avvocato Di Renzo, «avveniva senza che sussistesse una effettiva esigenza organizzativa temporanea e urgente che giustificasse l’apposizione di un termine alla prestazione lavorativa, ma attraverso l’impiego di formule generiche e stereotipate prive di qualsiasi riferimento alle ragioni dell’assunzione a termine». La Corte d’appello ha riconosciuto l’abuso della Asl nell’impiegare la dipendente con assunzioni temporanee, perché in realtà quelle assunzioni sarebbero state destinate a soddisfare esigenze tutt’altro che temporanee e eccezionali, bensì permanenti. Inoltre, la Corte ha stabilito un principio innovatore riconoscendo il diritto al ristoro dei danni per il solo fatto di essere stato impiegato abusivamente come precario per anni. «Tale decisione», conclude Di Renzo, «potrebbe avere seri strascichi per la Asl, ove altri lavoratori, nelle medesime condizioni, hanno fatto ricorso al tribunale».
(cr.pe.)
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