Omicidio rigante

Processo bis ai Ciarelli: Mimmo Nobile in aula

Il capo ultrà biancazzurro cambia ancora versione: il colpo è partito accidentalmente dopo che io ho strattonato Massimo Ciarelli

L'AQUILA. Si è aperto con Mimmo Nobile in aula (atteso fuori della Corte d'Appello da una quarantina di tifosi biancazzurri) il processo d’Appello ai Ciarelli per l’omicidio di Domenico Rigante. Il capo ultrà biancazzurro, testimone chiave dell'omicidio del 24enne pescarese la sera del primo maggio del 2012 è stato chiamato a testimonare dalla difesa di Massimo Ciarelli, rappresentata dall'avvocato Franco Metta, dopo la lettera inviata al quotidiano il Centro in cui Nobile ha  ridimensionato  il ruolo di Massimo Ciarelli nell'omicidio per cui, in primo grado, il rom ha preso una condanna di 30 anni. E in aula, Nobile ha ripetuto quanto affermato nella lettera, che la morte di Domenico è stata una disgrazia, aggiungendo un nuovo dettaglio: "Il colpo è partito per sbaglio, mentre strattonavo Ciarelli".

[[(Video) Processo bis ai Ciarelli, Mimmo Nobile in aula]]

Una testimonianza contestata dall'accusa, soprattutto per il fatto che si tratterebbe della terza versione fornita da Nobile, e che invece avvalora quanto sostenuto sin dall’inizio dalla difesa: in via Polacchi si consumò un omicidio preterintenzionale, un evento che andò oltre le intenzioni di chi l’ha materialmente causato e dei suoi complici. Un reato punito con la reclusione da 10 a 18 anni.

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La sentenza è prevista nel primo pomeriggio di domani. Dopo la testimonianza di Nobile, la circostanziata ricostruzione del procuratore Cuomo che ha rimarcato la volontà di Ciarelli di uccidere e la consapevole complicità degli altri quattro rom che facevano parte del commando, e il breve intervento dlel'avvocato Ranieri Fiastra per la parte civile,  hanno parlato  i difensori, a cominciare da Franco Metta. Gli ultimi interventi sono attesi per domani mattina.

Per l’omicidio di Domenico Rigante, il 3 febbraio scorso, è stato condannato Massimo Ciarelli. Il gup del tribunale di Pescara, Gianluca Sandrea gli ha inflitto 30 anni di reclusione per omicidio volontario premeditato. Fu lui a sparare un colpo di revolver al giovane Domenico Rigante sopra il gluteo. Sempre in primo grado, con il rito abbreviato, erano stati condannati a 19 anni e 4 mesi di reclusione, sempre per omicidio volontario, anche il nipote Domenico Ciarelli e i cugini Luigi, Antonio e Angelo Ciarelli che accompagnarono Massimo nella spedizione in via Polacchi. Il rom avrebbe così vendicato un’offesa ricevuta la sera prima in corso Manthonè dove fu picchiato dal fratello di Domenico, Antonio Rigante.