Processo Ciclone cancellato in appello
Assoluzioni e prescrizioni, Cantagallo esce senza condanna: «Una liberazione». Ma in 7 dovranno dare 200 mila euro al Comune
MONTESILVANO. «Aspetto di dire questa frase dal giorno del mio arresto, il 15 novembre del 2006. Adesso, finalmente, più di 8 anni dopo, posso farlo: sono stato assolto e nessuno può dire che è stata soltanto la prescrizione a salvare Cantagallo. Ascoltare la lettura della sentenza in aula è stata una liberazione». Così l’ex sindaco Pd Enzo Cantagallo «dopo un’attesa snervante. Pensavo che la sentenza arrivasse intorno a mezzogiorno, invece, ho dovuto aspettare fino alle 14,15. Più di due ore che non passavano mai». Sette capi di imputazione cancellati per prescrizione, altri 4 annullati dalla formula del «fatto non sussiste». Il pg ha chiesto 4 anni e 6 mesi per Cantagallo – condannato in primo grado a 5 anni – invece la Corte d’Appello ha ferito a morte il Ciclone e ha detto che il sistema Montesilvano, un patto tra amministratori e costruttori cementato da corruzioni e abusi d’ufficio, non è mai esistito: come già fatto dal tribunale di Pescara, il reato di associazione per delinquere è caduto anche all’Aquila. È rimasto in piedi solo un caso di concussione per i lavori di palazzo Baldoni. Appena tre i condannati ma, due con la pena già estinta per l’indulto: messa così, il solo condannato a due anni è l’ex assessore Guglielmo Di Febo.
Per Cantagallo, «è una vittoria». Anche se la sentenza si chiude con la condanna, per Cantagallo, per l’imprenditore Duilio Ferretti, l’ex dirigente Ronaldo Canale, l’ex consigliere Paolo Di Blasio, l’ex assessore Di Febo, il tecnico comunale Alfonso Di Cola e l’ex assessore Attilio Vallescura, a risarcire 200 mila euro alla parte civile, cioè il Comune: di questi 200 mila euro, l’ex sindaco è stato condannato a risarcirne 70 mila, Ferretti poco più di 40 mila, 20 mila Canale, Di Blasio, Di Febo e Di Cola, 2 mila Vallescura. Ci sarà tempo per pensare al resto, fa capire Cantagallo, l’importante è che il processo Ciclone si sia chiuso senza un vero colpevole: «Una sentenza di assoluzione chiara che mi ridà dignità, onore e stimoli. I giudici hanno detto che il sistema Montesilvano non è mai esistito e, quindi, io e miei collaboratori abbiamo lavorato solo per il bene di Montesilvano e, dico io, se avessimo continuato ad amministrarla, adesso, Montesilvano sarebbe una città diversa da quella è diventata, cioè una città in ginocchio. Ai miei tempi, invece, Montesilvano sorrideva».
Cantagallo parla delle assoluzioni: «La Corte d’Appello, ancorché fosse intervenuta la prescrizione, mi ha assolto per un presunto episodio di corruzione da parte di Bruno Chiulli». Per i giudici d’appello, una presunta tangente da 8 mila euro, da parte dell’imprenditore del verde pubblico, primo accusatore di Cantagallo, dalle testimonianze fino al patteggiamento di una condanna, in cambio di favori nell’appalto della riqualificazione della riviera non c’è stata: «È un risultato concreto. Montesilvano si è liberata di un incubo», dice, «e la mia assoluzione ridà dignità a tutti quelli che, nel 2004, mi hanno votato, il 69,5 per cento della città: a loro ricordo che hanno fatto bene a votarmi, il loro voto è stato giusto». Cantagallo è certo: «Questa sentenza non mi lascia alcuna macchia».
Tra i primi a complimentarsi con Cantagallo, il presidente Pd della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso: «Sono stato contento quando lui è stato assolto, così D’Alfonso per me». Cantagallo ripensa al passato: «Sono stati anni difficilissimi, un’esperienza negativa che però mi sarà di aiuto per il resto della mia vita. L’inchiesta Ciclone mi ha insegnato a riconoscere meglio le persone che ho vicino, i veri amici che non sono scappati e gli altri che si sono dileguati. Adesso, spero che la città possa riflettere sull’accaduto».
Il percorso giudiziario di Cantagallo, da ieri, è in discesa: restano aperti due procedimenti, uno diretto verso la Corte di Cassazione con una prescrizione probabile (le presunte assunzioni pilotate all’Azienda speciale) e l’altro su un binario morto (il caso di un terreno ceduto dal Comune a un condominio) con una prescrizione sicura. «Se tornerò in politica? Adesso non ci penso, mi godo questa sentenza, voglio gioire con le persone a me care. Ci sarà tempo e modo per pensare al futuro».
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