Processo Grandi Rischi, gli imputati: «Mai rassicurato nessuno» Arrivano le Iene/ Video

Dolce resiste all’«assalto» delle Iene sul Progetto Case che sta cadendo a pezzi: «Io vergognarmi? Case di 5 anni fa, responsabilità di altri». Boschi: confido in Dio

L’AQUILA. Piove a Genova che Dio la manda. Sole all’Aquila, che ha già dato. Eccome. Ma Quella Notte, qui, piovvero sassi e travi di cemento. Entrano in aula A cinque dei sette imputati. Chi a testa bassa chi alta, quasi a sfidare gli obiettivi delle telecamere che un cartello giallo attaccato al muro con un mezzo giro di nastro bianco mette cortesemente alla porta, grazie. Entrano, i cinque, e nonostante siano passati cinque anni e mezzo da quell’emergenza, hanno pure oggi nelle orecchie un motivetto che fa così: «Alluvione a Genova, polemiche sulla mancata allerta». Tragedie nazionali. L’Aquila, Giampilieri, Ischia, Olbia, Genova. E le altre. Di quello che si poteva fare e non si è fatto. Le agenzie di stampa stanno battendo quella frase che ogni aquilano ha imparato a conoscere bene, da Quella Notte: «Accertare tutte le responsabilità, perché in tutti questi anni non si sono fatte le cose che bisognava fare». Parola di ministro dell’Interno. A questo prova a rispondere il processo.

LUI CHI È? Passa Bernardo «Chicco» De Bernardinis, l’ofenese – ex numero 2 della Protezione civile e braccio destro di Bertolaso – passato alla storia per il suo assenso a una battuta sul Montepulciano da bere per esorcizzare la paura del terremoto proprio il 31 marzo 2009, a margine della riunione della Grandi rischi. «Non rilascio interviste, lo sapete». «Ma come? E quella famosa?» Quella del vino... «Non mi provochi», dice rivolto al cronista che insiste. All’ingresso dell’aula uomini in divisa intervistano chiunque entri, chiamato a declinare generalità e motivi per stare lì. «Imputato», «parte civile», «familiare di una vittima». E ancora: «praticante avvocato», «aquilano», «cittadino». Mani dietro ai fianchi per chi di quella riunione fu il capo, Franco Barberi, presidente vicario di quel consesso scientifico e autore del famoso rapporto sulla vulnerabilità degli edifici. Passato alla storia, anche qui, come il dossier dimenticato, l’ennesimo. Una giovane gli aggiusta il nodo della cravatta. Lui se ne sta in silenzio durante il processo e nelle pause.

IENE. La nemesis alata sembra appalesarsi alle spalle del professor Mauro Dolce, responsabile del procedimento del Progetto Case, all’Aquila per il processo di secondo grado proprio mentre quegli edifici cadono a pezzi, e non solo coi balconi crollati. Filippo Roma delle «Iene» lo «assalta» due volte. Lui, protetto dalle divise, fa in tempo a dire che «quelle case sono di cinque anni fa, c’è un’inchiesta in corso e le responsabilità vanno cercate ad ampio raggio, altrove...». Eppoi: «Io non debbo vergognarmi di niente, non è vero che quegli edifici sono fatti male». Quindi pesca nell’intimo quando sussurra: «Ogni volta che torno all’Aquila sto male», dice mentre ripensa, forse, anche alla condanna a un anno per la storia degli isolatori difettosi.

ALLEATI CELESTI. Enzo Boschi e Giulio Selvaggi entrano ed escono insieme, scortati da una pletora di avvocati ed esponenti Ingv di ieri e di oggi, alcuni dei quali si trasformano in cronisti e su Twitter commentano le fasi dell’udienza. «Trovatemi una sola parola, un solo atto in cui io abbia rassicurato, e con me Giulio. Ho sempre detto che L’Aquila e l’Abruzzo sono al massimo del rischio sismico d’Europa, più della Sicilia, più della Calabria». Chiusura mistica, occhi al cielo azzurro: «Sono innocente. Confido in Dio». Mica solo lui.

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