Ragazzina vittima di bullismo in classe: la scuola condannata a risarcire i danni 

I giudici: «I professori erano perfettamente consapevoli di quei comportamenti, ma hanno sminuito offese umilianti» L’istituto di Pescara è accusato di non aver adottato misure incisive e adeguate alla salvaguardia dell’adolescente

PESCARA. «I professori, perfettamente consapevoli del comportamento di Andrea, responsabile di veri e propri atti di bullismo, non hanno ritenuto opportuno adottare alcuna preventiva e incisiva misura disciplinare idonea a evitare l’insorgenza di una situazione di pericolo o a salvaguardare l’incolumità di Luisa». Andrea e Luisa sono nomi di fantasia, ma le offese e le violenze verbali che hanno segnato l’adolescenza di una ragazzina pescarese no, quelle sono certificate da una sentenza della Corte d’appello dell’Aquila, che ha riconosciuto la responsabilità della scuola media, condannata a risarcire con circa 60.000 euro la vittima e i suoi genitori. I giudici di secondo grado (presidente Francesco Salvatore Filocamo, consigliere Silvia Rita Fabrizio e consigliere relatore Marco Bartoli) hanno confermato in toto il pronunciamento di primo grado del tribunale di Pescara.
LA DENUNCIA
La vicenda è venuta a galla quando il papà e la madre della ragazzina – assistiti dall’avvocato Giacomo Cecchinelli – hanno citato in giudizio l’istituto scolastico, denunciando come – nel corso dell’anno scolastico 2014/15 – Andrea avesse deriso la figlia all’interno della classe (una terza media), «appellandola, anche dinanzi ai loro compagni, con termini dispregiativi, volgari, a sfondo sessuale e offensivi. Gli episodi sono continuati anche nel corso dei mesi successivi e, al comportamento vessatorio del ragazzo, si sono accompagnate anche le prese in giro dei compagni, fino a quando, nei primi mesi del 2015, Luisa ha deciso di recarsi, accompagnata da un’altra studentessa, dal preside, il quale, reso edotto della vicenda, ha convocato separatamente i genitori della ragazza e di Andrea. A seguito dell’incontro, l’istituto ha adottato nei confronti del ragazzo il provvedimento della sospensione di una settimana, ma, ritenendo questa misura non adeguata, Luisa ha deciso di trasferirsi in un’altra scuola, perdendo l’anno scolastico». A causa degli episodi di bullismo, la ragazza ha cominciato ad accusare disturbi che, oltre a comportare la perdita di venti chili, si sono accompagnati a «stati di ansia e frustrazione, fino a sfociare in patologia psico-fisica, diagnosticata dall’unità operativa di neuropsichiatria infantile di Pescara in “disturbo post-traumatico da stress reattivo a situazioni di violenza subita e riferita”».
Le testimonianze
Il racconto della ragazzina e dei genitori, ma non solo: determinanti, secondo i giudici, sono state anche le testimonianze di compagne e compagni di classe. Dagli atti, dice la Corte d’appello dell’Aquila, non emerge alcun elemento che faccia dubitare della credibilità dei testimoni e della genuinità delle loro dichiarazioni, «che appaiono invero preferibili rispetto a quelle rese dai docenti della scuola, soprattutto in considerazione del fatto che provengono da compagni di scuola di Luisa che, in quanto tali, trascorrevano insieme a lei l’intera giornata scolastica e assistevano a tutto ciò che poteva accadere in classe».
LA SENTENZA
Per i giudici si è raggiunta la prova «che durante l’orario scolastico, dunque nel tempo in cui i minori erano sottoposti alla vigilanza da parte della scuola, Luisa è stata fatta bersaglio quotidiano e pubblico di offese umilianti, per lo più verbali, da parte di Andrea; offese che non meritano di essere ridimensionate a meri sfottò, soprattutto da parte di chi, per il ruolo istituzionale che riveste, ha il dovere di non sminuire, ma di prestare particolare attenzione a determinati atteggiamenti, prevenendoli e ostracizzandoli, viepiù se coinvolgono minori in età adolescenziale». Si tratta quindi di episodi che «costituiscono, per la loro ripetitività e intenzionalità, veri e propri atti di bullismo». Eppure «i professori, e dunque la scuola, hanno deciso di intervenire soltanto a seguito della denuncia di Luisa, allorché la violenza verbale si era ormai inesorabilmente perpetrata e cristallizzata».
MANCATA TUTELA
L’istituto scolastico ha respinto le accuse. «A tal riguardo», osservano però i giudici, «a nulla rileva l’aver adottato un rigido regolamento scolastico o la sanzione inflitta a carico di Andrea – soltanto dopo che la vittima, dopo mesi di vessazioni, nel febbraio 2015, trovava la forza di informare il preside – in quanto compito dell’istituto era quello di tutelare la minore, adempiendo all’obbligo di controllo e vigilanza prima che si verificasse la situazione di pericolo, e non intervenendo in un momento successivo». E ora la scuola dovrà risarcire i danni.