«Ragazzini sabato a casa con i genitori: bisogna riflettere dopo il delitto» 

La garante per l’infanzia Falivene: «Tragedia immane, non c’è rispetto le famiglie devono controllare i telefonini dei ragazzi per prevenire»

PESCARA. Ragazzini a casa per un sabato sera in famiglia: niente feste con gli amici e niente locali della movida. Non è una punizione quella proposta da Marina Falivene, garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, ma un modo per tracciare una cesura tra quello che è stato – un ragazzo di 16 anni ucciso con 25 coltellate da due amici 17enni – e quello che dovrebbe essere. «Ai genitori dico: state a casa con i vostri figli e parlate con loro perché», riflette Falivene, «quello che è successo è assurdo: è una tragedia dalle proporzioni immani che non può lasciarci inermi». E la garante annuncia: «Convocherò i questori e i prefetti d’Abruzzo».
Da garante per l’infanzia e l’adolescenza, si aspettava un omicidio così efferato tra ragazzini nel centro di Pescara?
«Sì, perché le condotte dei minorenni per strada sono palesi da anni. Le baby gang e le violenze si ripetono da tanto tempo e, dopo la fine dell’emergenza Covid, è stato soltanto un crescendo».
Perché?
«I genitori hanno perso autorevolezza nei confronti dei ragazzi e non riescono più a contenerli: per esempio è assurdo che i genitori non conoscano il codice pin del cellulare dei figli, controllare è normale. Invece, stiamo assistendo alla deresponsabilizzazione dei genitori mentre gli adulti dovrebbero seguire con costanza i figli. Spesso, però, gli adulti pensano più a se stessi».
Qual è l’origine di una tragedia simile?
«La nostra società ormai è troppo liquida. E l’errore è di tutti: abbiamo dato libertà estreme ai nostri ragazzi: secondo me, non si può consentire che i giovanissimi restino fuori fino a notte fonda; e poi come si fa a non accorgersi che un figlio di 14 anni faccia uso di droghe oppure possa permettersi spese anomale? Ci sono ragazzi che passano intere giornate fuori casa».
E cosa può fare la società?
«Invito tutti i genitori, per questo sabato, a tenere a casa i propri ragazzi per iniziare a parlare con loro e a fare davvero i genitori. Dopo quello che è successo in quel parco, non può essere che gli adolescenti vadano tranquillamente in discoteca a divertirsi. Ai gestori dei locali della movida chiedo di chiudere l’accesso ai minorenni per questo sabato. È una questione di rispetto».
Ragazzini che giocano a privarsi la vita: manca il rispetto per la vita, propria e degli altri?
«Io sono per la censura nazionale sui videogiochi violenti, quelli in cui si vibrano coltellate, si stimolano gli abusi sessuali oppure si simula l’assunzione di droga e alcol. Ormai la violenza è dilagante: convocherò d’urgenza i questori e i prefetti d’Abruzzo per esaminare una situazione che, sui nostri tavoli tecnici regionali, avevamo preannunciato da anni».
I ragazzini emulano i comportamenti dei criminali, quelli veri e quelli che recitano nelle serie tv: sono i nuovi modelli di riferimento?
«Sui social e nelle serie tv abbondano omicidi, violenze e promiscuità sessuale. E, per i ragazzi, tutto ciò diventa un modello da seguire. È un po’ come quelli che nascono in una zona segnata dalla criminalità e i boss vengono visti come dei miti. Se si abdica al ruolo genitoriale, poi l’esempio arriva da tutto il resto che ci circonda. I nostri ragazzi ascoltano canzoni violente ma ci sono anche canzoni, e mi viene in mente Clementino, che sono un grido di aiuto in cui emerge la solitudine. In queste condizioni, poi, il branco che fa? Si riunisce e condivide quello che ha interiorizzato e se sono stati interiorizzati comportamenti violenti allora ci sarà altra violenza».
E chi può fare qualcosa?
«Possono fare qualcosa le istituzioni: il Daspo urbano è una misura di repressione ma può essere anche un deterrente; poi servono controlli mirati nei locali, a partire dagli alcolici; e i genitori devono tornare a controllare i propri figli: ormai viviamo con una velocità tale che non capiamo più cosa fanno i ragazzi: è gravissimo non capire il disagio che provano i giovani. Adesso, non esiste più il patto di reciprocità tra genitori e figli: sbagliamo di grosso quando diamo ai ragazzi tutto quello che non abbiamo avuto noi, devono guadagnarselo».