Raggirò e derubò Nadia e Bartolo: condannato a due anni e mezzo
Carmine Di Felice è accusato di essersi impossessato negli anni delle loro pensioni per 80mila euro Ora alla coppia con problemi psichici spetterà anche il risarcimento da quantificare in sede civile
PESCARA. Arriva la condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione per Carmine Di Felice, il pescarese di 40 anni accusato di aver raggirato e spillato i soldi della pensione (circa 80mila euro) a Nadia e Bartolo, coppia con problemi psichici, della quale si occupò anche la trasmissione “Le Iene” con Giulio Golia. L’imputato, difeso dall’avvocato Antonio Di Blasio, era accusato di circonvenzione di incapace e millantato credito (reato per il quale è stato assolto perché abrogato) per aver fatto credere all’uomo che sarebbe stato assunto in Comune grazie alle sue conoscenze. Tanto che una delle parti offese era l’allora vice sindaco Antonio Blasioli (testimone al processo), chiamato in causa da una lettera che riportava la sua firma falsificata, dove si parlava di questo ipotetico posto di lavoro.
Ieri i due erano assenti, ma ai loro legali, gli avvocati Giovanni Mangia e Sabrina Di Liso (che avevano chiesto al giudice anche una provvisionale di 50mila euro a testa per la coppia), ieri mattina avevano fatto una precisa richiesta: «Rivogliamo metà del malloppo e le nostre fedi». E questo delle fedi era uno dei crucci più grossi di Bartolo che, quando venne sentito in aula nel corso del processo, disse: «Signor giudice, lei che comanda, potrebbe farmi avere indietro le nostre fedi e l’anello di fidanzamento di Nadia? Sarei molto contento». Il “malloppo”, invece, lo svelò sempre in aula una delle figlie della coppia, Isabella, che con la sorella Maria Grazia fu adottata alla nascita da due famiglie umbre. A 18 anni decisero di conoscere i loro genitori naturali, scoprendo il raggiro e contattando poi “Le Iene”. Il “malloppo”, secondo quanto riferito dalla figlia, sarebbe stata una delle invenzioni dell’imputato per spillare soldi ai genitori: una fantomatica vincita al totocalcio per incassare la quale ci volevano dei soldi, ma non avrebbero dovuto dire nulla a nessuno altrimenti perdevano tutto. E ieri il giudice Fortieri ha stabilito, nel dispositivo di condanna per Di Felice, anche il risarcimento del danno che verrà quantificato in sede civile (stabilendo una provvisionale di 15mila euro a testa in favore di Nadia e Bartolo).
Per circa 5 anni i due malcapitati sarebbero rimasti vittima dell’imputato che con regolarità, stando all’accusa, ogni volta che i due dovevano riscuotere la pensione passava all’incasso. La trappola della polizia per Di Felice scattò il 1° febbraio 2018 (c’erano anche le telecamere delle Iene). Nadia e Bartolo vanno alle Poste a ritirare le pensioni come ogni mese (1.100 euro in totale) e fuori c'è Di Felice ad attenderli. Li carica in macchina, ma poco dopo vengono bloccati dalla polizia che trova i soldi addosso all’imputato. Ieri la pubblica accusa aveva chiesto la condanna per Di Felice a 2 anni e mezzo di reclusione (confermata dal giudice), mentre il difensore ha chiesto l’assoluzione o in subordine la derubricazione del reato da circonvenzione di incapace a truffa, sostenendo che la coppia era in grado di gestire i propri soldi e quindi potrebbe essere stata truffata, ma non altro. Ma la psicologa che eseguì la consulenza, Maria Cristina Verrocchio, spiegò al giudice la loro «importante patologia psichiatrica, un disturbo delirante cronico con distacco dalla realtà: sono altamente suggestionabili dalla vicinanza di questa persona», e il riferimento era all’imputato Di Felice.
Ieri i due erano assenti, ma ai loro legali, gli avvocati Giovanni Mangia e Sabrina Di Liso (che avevano chiesto al giudice anche una provvisionale di 50mila euro a testa per la coppia), ieri mattina avevano fatto una precisa richiesta: «Rivogliamo metà del malloppo e le nostre fedi». E questo delle fedi era uno dei crucci più grossi di Bartolo che, quando venne sentito in aula nel corso del processo, disse: «Signor giudice, lei che comanda, potrebbe farmi avere indietro le nostre fedi e l’anello di fidanzamento di Nadia? Sarei molto contento». Il “malloppo”, invece, lo svelò sempre in aula una delle figlie della coppia, Isabella, che con la sorella Maria Grazia fu adottata alla nascita da due famiglie umbre. A 18 anni decisero di conoscere i loro genitori naturali, scoprendo il raggiro e contattando poi “Le Iene”. Il “malloppo”, secondo quanto riferito dalla figlia, sarebbe stata una delle invenzioni dell’imputato per spillare soldi ai genitori: una fantomatica vincita al totocalcio per incassare la quale ci volevano dei soldi, ma non avrebbero dovuto dire nulla a nessuno altrimenti perdevano tutto. E ieri il giudice Fortieri ha stabilito, nel dispositivo di condanna per Di Felice, anche il risarcimento del danno che verrà quantificato in sede civile (stabilendo una provvisionale di 15mila euro a testa in favore di Nadia e Bartolo).
Per circa 5 anni i due malcapitati sarebbero rimasti vittima dell’imputato che con regolarità, stando all’accusa, ogni volta che i due dovevano riscuotere la pensione passava all’incasso. La trappola della polizia per Di Felice scattò il 1° febbraio 2018 (c’erano anche le telecamere delle Iene). Nadia e Bartolo vanno alle Poste a ritirare le pensioni come ogni mese (1.100 euro in totale) e fuori c'è Di Felice ad attenderli. Li carica in macchina, ma poco dopo vengono bloccati dalla polizia che trova i soldi addosso all’imputato. Ieri la pubblica accusa aveva chiesto la condanna per Di Felice a 2 anni e mezzo di reclusione (confermata dal giudice), mentre il difensore ha chiesto l’assoluzione o in subordine la derubricazione del reato da circonvenzione di incapace a truffa, sostenendo che la coppia era in grado di gestire i propri soldi e quindi potrebbe essere stata truffata, ma non altro. Ma la psicologa che eseguì la consulenza, Maria Cristina Verrocchio, spiegò al giudice la loro «importante patologia psichiatrica, un disturbo delirante cronico con distacco dalla realtà: sono altamente suggestionabili dalla vicinanza di questa persona», e il riferimento era all’imputato Di Felice.