Rapinato dai coetanei L’aggressore: solo botte per una ragazza 

Davanti al gip il racconto di uno dei tre responsabili: «Mandava foto spinte a una mia amica, andava fermato»

PESCARA. Nessuna rapina, ma un piccolo regolamento di conti a causa di una ragazzina che la vittima di quella che è stata considerata una rapina con lesioni, voleva incontrare.
Una vicenda che risale al 12 agosto scorso, con misure cautelari di arresti domiciliari per due dei tre responsabili, scattate soltanto il 15 novembre scorso dopo le indagini della polizia e la decisione del gip Giovanni de Rensis, su richiesta del pm Andrea Di Giovanni.
Ebbene, ieri mattina, assistito dal suo legale di fiducia, l'avvocato Daniele D'Ortenzio, uno dei due diciottenni finiti ai domiciliari (l’altro, difeso dall'avvocato Roberto Serino, verrà interrogato venerdì, mentre il terzo, minorenne, è finito all'attenzione del tribunale dei minori dell’Aquila), è stato sottoposto all'interrogatorio di garanzia ed ha fornito la sua versione dei fatti: molto diversa da quella rilasciata dalla vittima minorenne che diventerà però maggiorenne domani.
Ieri mattina è stata la volta del vero protagonista del pestaggio, che ha un legame con la giovanissima ragazza che venne avvicinata sui social dalla vittima, al fine di incontrarla. La decisione di picchiarlo, stando almeno al racconto dell’arrestato, sarebbe maturata quando si è trovato di fronte quel ragazzo che mandava messaggi anche spinti alla sua “amica”: si parla anche di foto seminude del ragazzo che pensava così di fare colpo sulla giovanissima. Messaggi che ieri il legale ha mostrato al giudice e che quindi sono state acquisite agli atti del procedimento, per far comprendere il perché di quella aggressione, comunque ingiustificata.
L’arrestato avrebbe ammesso, davanti al giudice, di aver picchiato quel ragazzo, ma di averlo fatto per impedirgli di continuare ad infastidire la sua amica. Avrebbe anche chiarito il ruolo dell’altro arrestato maggiorenne (difeso da Serino) che sarebbe rimasto in disparte senza mai intervenire nella lotta, mentre avrebbe anche detto di non ricordare se il terzo del gruppetto, il minorenne, abbia lanciato il casco addosso alla vittima.
Ma soprattutto avrebbe negato ogni addebito circa la rapina che sarebbe stata consumata con lo strappo della catenina dal collo della vittima. «Deve essere caduta a terra mentre stavamo lottando, io non ho mai pensato di rubare nulla» ha detto, in estrema sintesi, l’arrestato. E ad avvalorare questa tesi difensiva potrebbe esserci anche la dichiarazione rilasciata dalla stessa vittima alla polizia in sede di denuncia, quando avrebbe detto che nella vicenda probabilmente era coinvolta anche la ragazza, «considerando che non mi spiego come quei tre ragazzi a quell’ora sembrava che stessero cercando qualcuno e quando mi hanno visto mi hanno dato quella botta con il motorino».
E in effetti, stando alla versione dell’arrestato, quei messaggi vecchi e nuovi con l’appuntamento, erano stati fatti vedere dalla ragazza ai suoi amici.
L’accusa parla però di una vera e propria aggressione di gruppo finalizzata a rapinare il minorenne (rapina e lesioni personali le accuse). L’appuntamento dopo le 21 in una strada vicino all’Arca, la veloce aggressione, la colluttazione e poi la vittima che scappa e il terzetto che se ne va al centro commerciale.
Il giudice si è riservato la decisione sulla richiesta di scarcerazione.
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