Rifiuti, in Abruzzo è possibile stoccarne 500mila tonnellate
Il caso Roma è solo l’inizio. Ecco i numeri che svelano cosa accadrà entro il 2022. E D’Alfonso scrive una lettera alla Raggi: «La aiutiamo se ammette l’emergenza»
PESCARA. Luciano D’Alfonso scrive a Virginia Raggi costringendola ad ammettere l’emergenza e a chiedere aiuto all’Abruzzo. Ma il caso Roma è solo l’inizio. Dietro allo scontro politico tra Pd e Cinque Stelle sui rifiuti della Capitale da accogliere negli impianti abruzzesi si cela il vero progetto della Regione. Quello di puntare sul business dei rifiuti. Entro il 2022 l’Abruzzo sarà in grado di accogliere e trattare oltre mezzo milione di tonnellate d’immondizia proveniente da fuori regione: un giro d’affari di 65 milioni di euro l’anno. A certificarlo è il Piano regionale dei rifiuti approvato il 12 dicembre scorso che prevede un’impiantistica molto al di sopra del fabbisogno regionale rendendo esplicita in alcuni passaggi del testo la candidatura a risolvere i problemi di regioni limitrofe. A parlare sono i numeri e i dati sui cui il Forum H20, in fase di audizione, aveva chiesto chiarimenti alla Regione.
MOLTO DI PIÙ. Per il trattamento della frazione organica il fabbisogno attuale abruzzese è di 135.809 tonnellate/anno, nel 2022 sarà di 143.620 tonnellate a fronte di una potenzialità di impianti che sarà, tra quattro anni, di 261.500. Per questa frazione l’Abruzzo avrebbe quindi un surplus di impianti di 117.880 tonnellate/anno. Passiamo ai rifiuti indifferenziati: fabbisogno attuale 267.952 tonnellate/anno diventerà nel 2022 di 171.199 tonnellate con potenzialità impianti di 463.736 tonnellate/anno e quindi un surplus di 292.537 tonnellate. Infine la frazione secca: il fabbisogno attuale è di 171.988 tonnellate che, nel 2022, saranno 188.874 con una potenzialità impianti di 305.000 tonnellate e un surplus di 116.126 tonnellate. Che, tirando le somme, diventano la bellezza di 526.543 tonnellate anno. In questa prospettiva si inserisce l’operazione rifiuti dalla Capitale che porterà nelle casse abruzzesi, pubbliche e private, 13 milioni di euro se si considera il costo a tonnellata di 130 euro. I rifiuti da importare sono 100mila tonnellate l’anno, destinate a impianti di Aielli (45mila tonnellate all’Aciam), Sulmona (30mila tonnellate al Cogesa spa) e Chieti (altre 30mila alla Deco di contrada Casoni).
TOCCA A LEI. Ma dev’essere la Raggi a chiedere aiuto all’Abruzzo. Arriviamo così alla lettera che D’Alfonso ha inviato ieri a Roma: due pagine scritte con il cesello. La sindaca dovrebbe ammettere il fallimento della sua gestione dei rifiuti. Ecco la premessa: «Nel confermare la disponibilità ad un esame premuroso della richiesta di solidarietà avanzata dalla Regione Lazio ed avendo accertato la disponibilità residua presso gli impianti autorizzati dalla Regione Abruzzo (Deco e Cogesa), si rende necessario che Codesta Amministrazione trasmetta i dati occorrenti per il riscontro delle informazioni che seguono al fine di consentire una corretta e completa valutazione di una ipotesi di Accordo di programma».
QUANTA ROBA. Se vuole l’aiuto, la Raggi dovrà fornire alla Regione Abruzzo: «Il quantitativo di rifiuti non gestibili, in autonomia, dal Comune di Roma per i quali si chiede il conferimento presso gli impianti della Regione Abruzzo». E ancora: «L’arco temporale per il quale necessita l’esercizio dell’Accordo di programma per ragioni di solidarietà istituzionale». E poi: «L’itinerario ed il numero dei passaggi quotidiani sulla viabilità minore ad esclusione del tratto autostradale interessato, poiché capace di reggere anche grandi consistenze di spostamento». Ma non finisce.
CHE FARÀ? D’Alfonso chiede di sapere anche: «Gli interventi posti in essere da Codesta Amministrazione per superare la situazione di emergenza, nel più breve tempo possibile, dei rifiuti nel territorio interessato». Ed i «costi preventivati per espletare il conferimento in esame e le modalità di pagamento». E’ una lettera dai contenuti tecnici che termina in modo formale: «Si resta in attesa delle informazioni sopra richiamate al fine di definire l’Accordo di Programma di cui in oggetto». Politicamente è un macigno scagliato dal Pd contro i 5 Stelle.