Rigante, in tribunale rom armati di bastoni
Prima udienza per il delitto dell’ultrà, sfiorata la rissa con i tifosi del Pescara Insulti tra le parti, poi la polizia sequestra le mazze e denuncia tre Ciarelli
PESCARA. «Siete voi gli assassini» urlano i rom, «schifosi» rispondono i tifosi. Si apre un varco tra i due gruppi, da un lato i tanti componenti della famiglia Ciarelli e dall’altro gli amici di Domenico Rigante, quando alle 11.30 con la prima udienza per omicidio ormai terminata le due anime contrapposte del processo a carico di Massimo Ciarelli si sfidano, si insultano, stravolgono la routine di una giornata qualunque in tribunale. Prima una voce femminile «mi stai a guardare?» – «perché non posso?» – poi la miccia che si accende, il cordone della polizia in assetto antisommossa e le mazze che, per la prima volta, entrano in un palazzo di giustizia portate dai rom, sprezzanti delle telecamere e della polizia. Alla fine della giornata tre componenti della famiglia Ciarelli rimediano una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale e porto di oggetti atti a offendere: Eva Ciarelli, sorella di Massimo, il marito Andrea Contino e Vincenzo Ciarelli detto “Volpino”.
Il faccia a faccia tra Ciarelli e Rigante. E’ iniziata alla 11 la prima udienza preliminare del processo a carico di Massimo Ciarelli, il rom di 29 anni accusato di aver ucciso Domenico Rigante – il 24enne che ha perso la vita la notte del 1° maggio – insieme a quattro complici tutti appartenenti alla sua famiglia: i cugini di Massimo, Luigi, Antonio e Angelo e il nipote Domenico. L’udienza è stata rapida ma ha richiamato un centinaio di persone rimaste fuori ad aspettare perché in aula non si poteva entrare: rom e ultrà che in un primo momento, nonostante la vicinanza, non si sono beccati. Le due fazioni si sono sistemate al piano terra del tribunale mentre al piano di sopra, scortati dalla polizia penitenziaria, hanno iniziato a sfilare con le manette i Ciarelli in carcere dal maggio dello scorso anno. «Ciao», ha detto un Ciarelli entrando nell’aula rivolto ai “suoi” al piano di sotto per poi dileguarsi all’interno dove ad attenderlo c’era il pool di avvocati della famiglia nomade: Carlo Taormina, Franco Metta, Giancarlo De Marco e Ruggero Romanazzi. Ma nell’aula c’erano anche i due fratelli di Domenico, il gemello Antonio e il più piccolo Francesco accanto ai genitori Pasquale e la mamma Antonietta Ottaviano. I cinque imputati accusati di omicidio volontario premeditato e porto d’armi abusivo sono rimasti in piedi con il ghigno, con l’atteggiamento fiero che ha scatenato la reazione dei fratelli Rigante su cui è intervenuta il gup Mariacarla Sacco.
Taormina insultato. Il tempo di fissare un nuova data per l’udienza – il 9 maggio – e i Rigante sono usciti dall’aula, si sono uniti agli amici venuti a sostenere la famiglia che ha perso una figlio e sono usciti nel corridoio esterno del tribunale. E’ tra quelle due ali di tifosi e rom che è passato anche il professor Taormina: «Sei un verme», gli hanno gridato i tifosi scagliandosi contro il legale che, come in tanti hanno scritto sulla pagina Facebook del Centro, «ha assunto la difesa di un assassino». E’ fuori che, infine, si sono radunati i tifosi e anche i tanti rom, alcuni provenienti da fuori regione, e alle 11.15 sono iniziate a volare le prime parole.
La rissa sfiorata. Da un lato i nomadi, con le donne in particolare che hanno iniziato a insultare i tifosi, e dall’altro gli ultrà che nel tribunale avevano issato lo striscione: «Giustizia». Quando i due antagonisti sono venuti in contatto i poliziotti della celere si sono schierati dividendoli. Nella confusione, secondo la ricostruzione della Squadra Mobile presente con il vice Dante Cosentino, Vincenzo Ciarelli si sarebbe allontanato per andare a prendere tre bastoni di legno in auto che, poi, sono passati nelle mani di Eva Ciarelli e del marito. Le mazze sono state subito prese dai poliziotti e i tre sono stati denunciati.
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