RIGORE E' QUANDO ARBITRO FISCHIA
Qualche decennio fa nelle cronache sportive impazzavano le espressioni, in un italiano approssimativo quanto efficace, di un allenatore serbo (allora si diceva jugoslavo), il grande Vujadin Boskov . Alle interminabili italiche polemiche che seguivano alla concessione di un calcio di rigore, il nostro rispondeva serafico e un po' stupito: "Rigore è quando arbitro fischia". Mitico. Ecco, mi sono venute in mente proprio quelle parole nell'ascoltare le feroci discussioni che stanno accompagnando la decadenza di Silvio Berlusconni da senatore. In qualsiasi Paese civile, in cui vige un principio elementare come la separazione dei poteri, una discussione del genere non si sarebbe neppure posta. L'ha spiegato bene qualche sera fa a Ballarò quel feroce anticomunista che risponde al nome di Edward Luttwak: Berlusconi ha tutto il diritto di considerare ingiusta la condanna, ma ha il preciso dovere di accettarne le conseguenze, per non scardinare uno dei principi basilari dello stato di diritto. Non possono essere i calciatori a decidere quando è rigore: possiamo chiedere di cambiare le norme, chiedere di selezionare meglio gli arbitri (alias i giudici), ma finché ci sono questi dobbiamo accettare le decisioni di chi queste norme è chiamato ad applicare.
Purtroppo l'atteggiamento del Cavaliere non è isolato: tutto il Paese sembra avere contratto questa malattia. Ovvero la convinzione che la giustizia sia una sorta di bricolage, in cui ognuno si può ritagliare l'applicazione del diritto secondo quel che lui, e non il giudice naturale, ha deciso. Il vecchio detto manzoniano secondo cui a ben maneggiare le grida nessuno è colpevole e nessuno è innocente, a seconda della bisogna, è entrato in pieno nell'immaginario collettivo, con l'effetto collaterale di darci un numero di avvocati che non ha eguali nel mondo. E l'Abruzzo, dicono le ultime statistiche, anche in questo non è secondo quasi a nessuno, con un tasso di un legale ogni 168 abitanti. Le degenerazioni che nascono da questa patologia sono gravi: hai un debito? Non ti ingegni per cui ripagare il dovuto, ma per cercare un avvocato aggressivo che ritardi all'infinito la restituzione. Ti hanno beccato mentre guidavi con un tasso alcolemico oltre il consentito? Cerchi il legale famoso per trovare il cavillo con cui risolvere multa e punti. Questi atteggiamenti, che a noi sembrano normali (se non virtuosi), fanno inorridire gli stranieri e sono il vero spread che ci separa dai Paesi più civili. Chi mai investirebbe in una terra in cui se subisci un torto (e lo denunci) rischi di passare anche per fesso? Ai tempi in cui Boskov calcava i campi di calcio, il rispetto che si doveva ai giudici era sintetizzato in un'espressione poi dimenticata: il decoro della magistratura. Ora c'è il disprezzo della magistratura. Ed è questa, con cento altre, una delle ragioni del caos in cui viviamo. Buona domenica.
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