Ripartenza sofferta per la marineria: settore in grave crisi 

Gli armatori: «Le politiche del governo non ci aiutano» E il 70 per cento di chi fa pesca d’altura è pronto a ritirarsi

PESCARA. Il pescato locale già da alcuni giorni è tornato sulle tavole dei ristoranti pescaresi e dei territori vicini, dopo oltre un mese di stop dovuto al fermo pesca nel mare Adriatico. Prezzi né troppo alti né bassi, per gli addetti ai lavori, che continuano a parlare di grave crisi del settore, tanto che in molti (circa il 70 per cento) sono pronti a ritirarsi inoltrando al ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste la richiesta di arresto definitivo. «Nel momento della ripartenza dell’attività in mare nulla è cambiato rispetto al periodo pre-fermo», precisa Romeo Palestino. «Il punto è che il comparto della pesca sta soffrendo parecchio e le politiche del governo non aiutano. Una situazione insostenibile, in cui le uscite continuano a essere superiori alle entrate e in molti, anche da Pescara, chiedono l’arresto definitivo, proprio come ho fatto io». E insiste: «Sa quante imprese del settore, al livello nazionale, decidono di smettere? Beh circa il 65 per cento. Critiche le condizioni in cui negli ultimi anni la marineria è costretta a lavorare».
Il 70 per cento degli operatori chiede la demolizione, fa sapere Doriano Camplone, presidente dell’associazione Pesca professionale dedicata a Mimmo Grosso. «Ciò non significa che parte della marineria pescarese non ci sarà più, ma è un segnale sicuramente preoccupante. Mostra i due volti di una città fortemente ancorata alle proprie tradizioni: da una parte la volontà di promuovere il pescato locale, anche in linea con lo spostamento del punto vendita del pesce in città e della riqualificazione del porto, e dall’altra la voglia di deporre le armi da parte di lavoratori che non riescono più ad andare avanti. Il settore sta soffrendo parecchio. Tuttavia, in base al bando ministeriale pubblicato il 17 luglio scorso solo due o al massimo tre imprese del settore a Pescara cesseranno la loro attività».
Le richieste vanno, infatti, inoltrate entro la fine dell’anno, ma non tutte saranno accolte, sia per una quantità limitata di fondi a disposizione che incentivano il termine delle attività che per via delle quantità minime consentite per la effettiva demolizione delle imbarcazioni. Una boccata d’ossigeno, in Abruzzo, è rappresentata dai benefici a sostegno della marineria pescarese previsti nella legge di Stabilità regionale 2024. Alcuni armatori sollevano il problema dovuto alla necessità di un rinnovamento delle aste.
«Andiamo avanti con la tecnologia», dice l’armatore Mario Di Giovanni, «ma il mercato ittico resta indietro. Il punto è che in questo periodo dell’anno siamo costretti a pescare tutti nella stessa zona, perché altre sono interdette e così abbiamo bene o male le stesse quantità e lo stesso prodotto. Se un’asta si blocca, non si va avanti e il pesce rischia di non essere venduto».
E Camplone precisa: «Al momento la richiesta, da parte del mondo della ristorazione, è inferiore rispetto ai mesi estivi, quindi le aste tendono a rallentare. C’è però da dire che a soffrire di più è la cosiddetta pesca d’altura, ossia quella che si svolge in acque più profonde in cui è possibile catturare pesci più grandi. La stagione consente di pescare prevalentemente mazzancolle, pannocchie, triglie, seppioline e calamari, quindi pesci che si trovano nei bassi fondali. Questi prodotti sono più vendibili sul mercato».
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