«Sì al collegio unico alle elezioni regionali ma senza disparità»
Il leader di opposizione: ma serve anche una Asl unica e poi sei diverse società acquedottistiche sono una follia
Professor D’Amico, ha visto che il presidente Marsilio dalle colonne del nostro giornale, ieri, la invitava a prendere posizione sulla sua proposta di riforma elettorale regionale?
(Sorriso). Ho visto tutto, ho letto tutto. Sono contento Del dibattito che si è aperto.
Marsilio rilancia l’idea di una nuova legge, che nasce intorno ad collegio unico regionale. Chiede che il centrosinistra partecipi alla scrittura comune di questa riforma. Siete favorevoli o contrari?
Guardi, mi sembra che le prime reazioni che ho visto siano frutto di una grave incomprensione. Noi siamo d’accordo sull’idea di partecipare alla scrittura di questa nuova legge, e siamo d’accordo – per motivi che le spiegherò a breve – anche sull’idea cardine del collegio unico intorno a cui prende forma la nuova legge. Quindi non c’è nessuna potenziale polemica su questi temi. Anzi.
Anzi cosa?
Io, e non parlo solo a titolo individuale ovviamente, perché questo è una idea che condividiamo nella coalizione, sono convinto che sia ovvio e giusto partecipare insieme alla scrittura delle regole comuni. Con la convergenza più ampia possibile in Consiglio.
Capisco.
Ma poi c’e un ulteriore elemento importante per noi.
Quale?
Quando Marsilio ha ventilato per la prima volta questa ipotesi di riforma, in via informale c’è stata una grande condivisione tra le forze della coalizione che mi ha sostenuto.
Spieghiamo ai non addetti ai lavori la prima grande differenza che si creerebbe?
Si tratta di un altro dei principi su cui tra di noi siamo d’accordo: tutte le forze del cosiddetto campo largo condividono l’esigenza di ampliare il mandato dei consiglieri.
Diciamolo in maniera semplice.
Il collegio unico implica una condivisione più ampia sul territorio, riduce le barriere e i campanilismi.
Perché?
Perché essere eletti in un unico collegio regionale, con voti che possono arrivare da tutti i territori della regione, è un ottimo antidoto contro la tentazione di rappresentare gli interessi più particolari.
C’è un metodo da seguire?
Abbiamo chiesto di avviare un programma di audizioni e poi iniziare a decidere.
Avete delle condizioni da porre?
Non è nostro costume. Noi non diamo diktat e non poniamo veti. Stiamo andando avanti con il confronto in commissione, e vedremo le formule tecniche che si troveranno sulla legge. Però abbiamo una idea forte da accompagnare al ragionamento sul modello elettorale.
Quale?
Se si fa questa riforma per ridurre la frammentazione elettorale, sarebbe utile fare altrettanto nella sanità e nell’amministrazione delle risorse idriche. Posso dire una cosa in più?
Certo.
Spettava a Marsilio, per il suo ruolo di guida della maggioranza fare il primo passo. Ma se non lo avesse fatto lui, con l’intervista al Centro, lo avrei fatto io.
Luciano D’Amico, l’uomo che guida la delegazione del Campo Largo nel consiglio regionale della regione prende una posizione molto netta e chiara sulla riforma. Non si tratta di una disputa per maniaci dei sistemi elettorali, spiega, “Ma semmai di una proposta che cambierà il modo in cui gli elettori scelgono i loro rappresentanti, e la qualità del lavoro di chi viene eletto”.
Professore, sa che ci sono molte obiezioni e molti cavilli - in una legge come questa - che possono fare la differenza.
Ovvio. Ad esempio, bisogna dire che il collegio unico aumenterà i costi della campagna elettorale. È ovvio che farsi conoscere in una singola porzione di territorio è molto meno costoso che farlo a livello regionale.
E secondo lei questo modello non renderà più difficile la scalata per chi viene dalle “periferie” e dalle zone montane?
Non credo. Ho imparato, anzi, che chi viene dai territori e dispone di un radicamento vero, non ha difficoltà ad acquisire consensi. Magari è vero il contrario: che spesso nelle città più grandi può essere più difficile costruire un legame di comunità.
Quindi nessun rischio da quel punto di vista?
Non credo. Secondo me non è un problema di rappresentanza territoriale, ma il tipo di mandato: superare cioè la gabbia degli interessi più particolari. La micro-rappresentanza non produce grandi risultati.
C’è qualcosa che non la convince, invece, nel ragionamento di Marsilio?
Si. Credo che tutti quanti dobbiamo superare l’ipocrisia dei tetti di spesa.
Ovvero?
È inutile continuare a dire che il tetto di 50mila euro di spesa per il presidente e 36mila per il candidato è reale.
Non è così?
I partiti hanno un tetto di un milione di euro, e quindi quando intervengono a sostegno di questo o di quel candidato – con una finanziamento che ad oggi è legittimo – cambiano totalmente lo scenario competitivo.
E lei ha in mente una possibile soluzione per ridurre la forbice tra candidati “ricchi” e candidati “poveri”?
Credo proprio di sì. Vogliamo immaginare un meccanismo in cui si mettono a disposizione dei servizi primari che possano esser uguali per tutti. Ovviamente in condizioni di compatibilità con la legge nazionale.
Quindi lei dice: servizi di stampa, sale per convegni…
Si, il modello è questo: dare meno soldi ma dare più opportunità. Tutti devono avere una possibilità di competere.
E invece quel cambio di paradigma di cui mi parlava?
È quella che io chiamo una necessaria visione comune. Prendiamo come primo esempio la sanità?
Certo.
Bisogna eliminare gli sprechi e le doppie funzioni che aumentano i costi di gestione. Questi si può fare unificando tutte le realtà inutili di cui non si giustifica la funzione.
Mi faccia un esempio.
Ad esempio si possono da subito ridurre le Asl. Nulla giustifica che ne esistano – oggi – addirittura quattro. Avremmo delle poltrone in meno da distribuire, certo, ma più facilità di controllo di qualità nei servizi ai cittadini.
E quante Asl immagina?
Per un territorio come il nostro una sola, e ben amministrata, sarebbe più che sufficiente.
Mi faccia un altro esempio.
Le società partecipate e pubbliche di servizio. Le sembra possibile che sul nostro territorio esistano ben sei diverse società di acquedottistica? Folle. Anche perché il sistema idrico naturale è molto più integrato e connesso di quello burocratico.
Quindi, lei dice che la filosofia è la stessa che porta al collegio unico.
Esattamente: più visione generale, meno interessi particolari, che come è noto spesso diventano clientela. Mi consenta una battuta.
Ne può fare quante vuole.
Marsilio chiedeva all’opposizione di partecipare a questi dibattito in modo chiaro e trasparente.
Esatto.
(Sorride). Ma siamo sicuri che su questi temi le vere divisioni non siano nella sua coalizione? Noi non abbiamo dimenticato cosa stava accadendo tra di loro nel dibattito sulla spartizione delle poltrone pubbliche. Se ora diventano riformatori siamo contentissimi. Posso fare un’altra battuta?
Ci sta prendendo gusto?
Vorrei che lo stesso spirito costruttivo invocato da Marsilio ci ispirasse anche nella gestione ordinaria.
Ovvero?
Vorrei che arrivassero in aula più leggi di programmazione e meno leggi di sotto-gestione. Ad esempio la legge mancia, e lo spettacolo non decoroso che fornisce.
Spieghi.
Abbiamo visto proporre leggi e provvedimenti ad personam. Nella legge di bilancio per quella via c’erano oboli ai clienti. Chiudiamo quella pagina per sempre.
Ora come si procede sulla riforma elettorale?
È giusto che il primo passo in consiglio, audizioni a parte, lo faccia il presidente: ci presenterà un suo testo, ci dirà se tiene conto del nostro spirito costruttivo e di queste nostre idee, e poi credo che si possa immaginare un cammino rapido.
Quanto rapido?
Io credo che in primavera potremmo arrivare al voto su un testo definitivo che potrebbe nascere da un ottimo e possibile compromesso.
L’ha stupita che Marsilio abbia nominato solo lei come interlocutore?
No, e voglio evitare che questa sua domanda possa seminare zizzania: io so che per mio tramite, il presidente, si rivolga a tutti i partiti che rappresentiamo.
E c’è qualcos’altro di importante da dire?
Sì, ma lo faremo nel merito, quando vedremo il testo. Di sicuro sarebbe opportuno bilanciare i poteri del presidente nel nuovo sistema. Ci pensi bene.
A cosa?
Chi vince oggi è blindato da un mandato diretto del Popolo. Ha una maggioranza inattaccabile numericamente garantita. Decide e sceglie – come è giusto – gli indirizzi di tutti gli atti. Ma se è così l’opposizione a cosa si riduce? Nello statuto vorremmo un riequilibrio dei poteri.
Quale?
Credo che – chiunque sia al governo – sia utile immaginare un ruolo maggiore per il consiglio regionale.
Ci guadagnereste voi dell’opposizione?
Ci guadagnerebbe la democrazia, cioè tutti coloro che sono in quell’aula, e le persone che rappresentano.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
(Sorriso). Ho visto tutto, ho letto tutto. Sono contento Del dibattito che si è aperto.
Marsilio rilancia l’idea di una nuova legge, che nasce intorno ad collegio unico regionale. Chiede che il centrosinistra partecipi alla scrittura comune di questa riforma. Siete favorevoli o contrari?
Guardi, mi sembra che le prime reazioni che ho visto siano frutto di una grave incomprensione. Noi siamo d’accordo sull’idea di partecipare alla scrittura di questa nuova legge, e siamo d’accordo – per motivi che le spiegherò a breve – anche sull’idea cardine del collegio unico intorno a cui prende forma la nuova legge. Quindi non c’è nessuna potenziale polemica su questi temi. Anzi.
Anzi cosa?
Io, e non parlo solo a titolo individuale ovviamente, perché questo è una idea che condividiamo nella coalizione, sono convinto che sia ovvio e giusto partecipare insieme alla scrittura delle regole comuni. Con la convergenza più ampia possibile in Consiglio.
Capisco.
Ma poi c’e un ulteriore elemento importante per noi.
Quale?
Quando Marsilio ha ventilato per la prima volta questa ipotesi di riforma, in via informale c’è stata una grande condivisione tra le forze della coalizione che mi ha sostenuto.
Spieghiamo ai non addetti ai lavori la prima grande differenza che si creerebbe?
Si tratta di un altro dei principi su cui tra di noi siamo d’accordo: tutte le forze del cosiddetto campo largo condividono l’esigenza di ampliare il mandato dei consiglieri.
Diciamolo in maniera semplice.
Il collegio unico implica una condivisione più ampia sul territorio, riduce le barriere e i campanilismi.
Perché?
Perché essere eletti in un unico collegio regionale, con voti che possono arrivare da tutti i territori della regione, è un ottimo antidoto contro la tentazione di rappresentare gli interessi più particolari.
C’è un metodo da seguire?
Abbiamo chiesto di avviare un programma di audizioni e poi iniziare a decidere.
Avete delle condizioni da porre?
Non è nostro costume. Noi non diamo diktat e non poniamo veti. Stiamo andando avanti con il confronto in commissione, e vedremo le formule tecniche che si troveranno sulla legge. Però abbiamo una idea forte da accompagnare al ragionamento sul modello elettorale.
Quale?
Se si fa questa riforma per ridurre la frammentazione elettorale, sarebbe utile fare altrettanto nella sanità e nell’amministrazione delle risorse idriche. Posso dire una cosa in più?
Certo.
Spettava a Marsilio, per il suo ruolo di guida della maggioranza fare il primo passo. Ma se non lo avesse fatto lui, con l’intervista al Centro, lo avrei fatto io.
Luciano D’Amico, l’uomo che guida la delegazione del Campo Largo nel consiglio regionale della regione prende una posizione molto netta e chiara sulla riforma. Non si tratta di una disputa per maniaci dei sistemi elettorali, spiega, “Ma semmai di una proposta che cambierà il modo in cui gli elettori scelgono i loro rappresentanti, e la qualità del lavoro di chi viene eletto”.
Professore, sa che ci sono molte obiezioni e molti cavilli - in una legge come questa - che possono fare la differenza.
Ovvio. Ad esempio, bisogna dire che il collegio unico aumenterà i costi della campagna elettorale. È ovvio che farsi conoscere in una singola porzione di territorio è molto meno costoso che farlo a livello regionale.
E secondo lei questo modello non renderà più difficile la scalata per chi viene dalle “periferie” e dalle zone montane?
Non credo. Ho imparato, anzi, che chi viene dai territori e dispone di un radicamento vero, non ha difficoltà ad acquisire consensi. Magari è vero il contrario: che spesso nelle città più grandi può essere più difficile costruire un legame di comunità.
Quindi nessun rischio da quel punto di vista?
Non credo. Secondo me non è un problema di rappresentanza territoriale, ma il tipo di mandato: superare cioè la gabbia degli interessi più particolari. La micro-rappresentanza non produce grandi risultati.
C’è qualcosa che non la convince, invece, nel ragionamento di Marsilio?
Si. Credo che tutti quanti dobbiamo superare l’ipocrisia dei tetti di spesa.
Ovvero?
È inutile continuare a dire che il tetto di 50mila euro di spesa per il presidente e 36mila per il candidato è reale.
Non è così?
I partiti hanno un tetto di un milione di euro, e quindi quando intervengono a sostegno di questo o di quel candidato – con una finanziamento che ad oggi è legittimo – cambiano totalmente lo scenario competitivo.
E lei ha in mente una possibile soluzione per ridurre la forbice tra candidati “ricchi” e candidati “poveri”?
Credo proprio di sì. Vogliamo immaginare un meccanismo in cui si mettono a disposizione dei servizi primari che possano esser uguali per tutti. Ovviamente in condizioni di compatibilità con la legge nazionale.
Quindi lei dice: servizi di stampa, sale per convegni…
Si, il modello è questo: dare meno soldi ma dare più opportunità. Tutti devono avere una possibilità di competere.
E invece quel cambio di paradigma di cui mi parlava?
È quella che io chiamo una necessaria visione comune. Prendiamo come primo esempio la sanità?
Certo.
Bisogna eliminare gli sprechi e le doppie funzioni che aumentano i costi di gestione. Questi si può fare unificando tutte le realtà inutili di cui non si giustifica la funzione.
Mi faccia un esempio.
Ad esempio si possono da subito ridurre le Asl. Nulla giustifica che ne esistano – oggi – addirittura quattro. Avremmo delle poltrone in meno da distribuire, certo, ma più facilità di controllo di qualità nei servizi ai cittadini.
E quante Asl immagina?
Per un territorio come il nostro una sola, e ben amministrata, sarebbe più che sufficiente.
Mi faccia un altro esempio.
Le società partecipate e pubbliche di servizio. Le sembra possibile che sul nostro territorio esistano ben sei diverse società di acquedottistica? Folle. Anche perché il sistema idrico naturale è molto più integrato e connesso di quello burocratico.
Quindi, lei dice che la filosofia è la stessa che porta al collegio unico.
Esattamente: più visione generale, meno interessi particolari, che come è noto spesso diventano clientela. Mi consenta una battuta.
Ne può fare quante vuole.
Marsilio chiedeva all’opposizione di partecipare a questi dibattito in modo chiaro e trasparente.
Esatto.
(Sorride). Ma siamo sicuri che su questi temi le vere divisioni non siano nella sua coalizione? Noi non abbiamo dimenticato cosa stava accadendo tra di loro nel dibattito sulla spartizione delle poltrone pubbliche. Se ora diventano riformatori siamo contentissimi. Posso fare un’altra battuta?
Ci sta prendendo gusto?
Vorrei che lo stesso spirito costruttivo invocato da Marsilio ci ispirasse anche nella gestione ordinaria.
Ovvero?
Vorrei che arrivassero in aula più leggi di programmazione e meno leggi di sotto-gestione. Ad esempio la legge mancia, e lo spettacolo non decoroso che fornisce.
Spieghi.
Abbiamo visto proporre leggi e provvedimenti ad personam. Nella legge di bilancio per quella via c’erano oboli ai clienti. Chiudiamo quella pagina per sempre.
Ora come si procede sulla riforma elettorale?
È giusto che il primo passo in consiglio, audizioni a parte, lo faccia il presidente: ci presenterà un suo testo, ci dirà se tiene conto del nostro spirito costruttivo e di queste nostre idee, e poi credo che si possa immaginare un cammino rapido.
Quanto rapido?
Io credo che in primavera potremmo arrivare al voto su un testo definitivo che potrebbe nascere da un ottimo e possibile compromesso.
L’ha stupita che Marsilio abbia nominato solo lei come interlocutore?
No, e voglio evitare che questa sua domanda possa seminare zizzania: io so che per mio tramite, il presidente, si rivolga a tutti i partiti che rappresentiamo.
E c’è qualcos’altro di importante da dire?
Sì, ma lo faremo nel merito, quando vedremo il testo. Di sicuro sarebbe opportuno bilanciare i poteri del presidente nel nuovo sistema. Ci pensi bene.
A cosa?
Chi vince oggi è blindato da un mandato diretto del Popolo. Ha una maggioranza inattaccabile numericamente garantita. Decide e sceglie – come è giusto – gli indirizzi di tutti gli atti. Ma se è così l’opposizione a cosa si riduce? Nello statuto vorremmo un riequilibrio dei poteri.
Quale?
Credo che – chiunque sia al governo – sia utile immaginare un ruolo maggiore per il consiglio regionale.
Ci guadagnereste voi dell’opposizione?
Ci guadagnerebbe la democrazia, cioè tutti coloro che sono in quell’aula, e le persone che rappresentano.
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