Sapeva di essere malata Arrestata la prostituta con l’Hiv
Ha messo a rischio i clienti. Durante una rapina ha minacciato un commerciante dicendogli: «Ho l’Aids» È accusata di tentate lesioni gravissime. L’ex convivente l’ha denunciata dopo aver capito il pericolo
PESCARA. Ha taciuto con i clienti, altrimenti non avrebbe più lavorato. Ma ha taciuto anche con l’uomo che l’ha accolta in casa, l’ha ospitata e poi è diventato il suo compagno, per una breve relazione, andata avanti quattro mesi. Iole Marafini, 36 anni, nata a San Benedetto, si prostituiva nonostante sapesse benissimo di essere affetta da Hiv ed Epatite C. E ha rischiato di contagiare, o forse lo ha fatto, chi ha avuto rapporti sessuali con lei, primo tra tutti l’uomo con cui ha vissuto. Per questo è stato emesso nei suoi confronti un ordine di arresto da parte del giudice per le indagini preliminari Elio Bongrazio (su richiesta del sostituto procuratore Barbara Del Bono) che le è stato notificato in carcere, dove è rinchiusa da maggio per una rapina. Ora nei suoi confronti c’è anche l’accusa di tentate lesioni personali gravissime.
È stato il suo ex a rivolgersi alla polizia. Gli uomini della squadra mobile, diretti da Pierfrancesco Muriana, all’inizio di maggio hanno concluso un’operazione contro lo sfruttamento della prostituzione che ha consentito di scoprire l’esistenza di questa “squillo” e del rischio che rappresenta per i suoi clienti. La Mobile ha quindi lanciato un appello, che ora viene rinnovato, perché ha saputo che la donna è affetta da Hiv ed Epatite C e ritiene necessario acquisire elementi utili ad incastrarla in merito al possibile contagio. E gli unici in possesso di informazioni di questo genere sono gli uomini che l’hanno frequentata. A quell’appello non ha risposto neppure in cliente, mentre in questura si è presentato il suo ex convivente. Ha immaginato che la donna al centro delle indagini fosse la Marafini, che fino al giorno dell’arresto si prostituiva nella zona della stazione ferroviaria, e si è rivolto agli investigatori, ha raccontato la storia che ha avuto con la donna e ha chiarito di essere all’oscuro della malattia. Eppure l’argomento è stato affrontato dai due, visto che l’uomo ha un passato da tossicodipendente, ormai archiviato. Nei loro colloqui Marafini avrebbe sempre negato di essere affetta da Hiv o da Epatite C e proprio per questo l’uomo ha avuto rapporti sessuali non protetti con la convivente, pensando di poter stare tranquillo.
La verità gli è piombata addosso nel momento in cui la polizia ha reso noto il caso, e la testimonianza raccolta ha fatto scattare il provvedimento di arresto del gip. Marafini, fa notare proprio il giudice per le indagini preliminari, sa benissimo delle sue condizioni di salute: è stata sottoposta nei mesi scorsi ad analisi di laboratorio e l’8 luglio, quando ha rapinato una commerciante cinese sulla Nazionale, le ha detto: «Lasciami stare, altrimenti ti pungo. Ho l’Aids». Sapeva anche, sostiene il gip, della «concreta possibilità» di trasmettere la malattia ad altri, avendo rapporti sessuali non protetti con i clienti e con il compagno.
Nessun dubbio, per il giudice, sulle esigenze cautelari, essendo «concreto e attuale» il pericolo di recidiva, visto che la donna ha intrattenuto frequenti rapporti con uomini «ignari della sua malattia che potrebbero essere infettati». Indispensabile, poi, tenere in carcere la 36enne, cioè sotto «controllo», per la gravità del fatto che le viene contestato e anche perché, nel tempo, è risultata «insensibile al rispetto delle regole».
Sempre per la gravità della sua condotta la Mobile ha diffuso la foto dell’indagata chiedendo a chi la riconosce, tra i clienti, di presentarsi in questura, superando «paura e vergogna», dice Muriana. Una richiesta dettata da esigenze investigative che coincidono, in questo caso, con la necessità di tutelare «la salute pubblica e di chi ha avuto a che fare con lei».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
È stato il suo ex a rivolgersi alla polizia. Gli uomini della squadra mobile, diretti da Pierfrancesco Muriana, all’inizio di maggio hanno concluso un’operazione contro lo sfruttamento della prostituzione che ha consentito di scoprire l’esistenza di questa “squillo” e del rischio che rappresenta per i suoi clienti. La Mobile ha quindi lanciato un appello, che ora viene rinnovato, perché ha saputo che la donna è affetta da Hiv ed Epatite C e ritiene necessario acquisire elementi utili ad incastrarla in merito al possibile contagio. E gli unici in possesso di informazioni di questo genere sono gli uomini che l’hanno frequentata. A quell’appello non ha risposto neppure in cliente, mentre in questura si è presentato il suo ex convivente. Ha immaginato che la donna al centro delle indagini fosse la Marafini, che fino al giorno dell’arresto si prostituiva nella zona della stazione ferroviaria, e si è rivolto agli investigatori, ha raccontato la storia che ha avuto con la donna e ha chiarito di essere all’oscuro della malattia. Eppure l’argomento è stato affrontato dai due, visto che l’uomo ha un passato da tossicodipendente, ormai archiviato. Nei loro colloqui Marafini avrebbe sempre negato di essere affetta da Hiv o da Epatite C e proprio per questo l’uomo ha avuto rapporti sessuali non protetti con la convivente, pensando di poter stare tranquillo.
La verità gli è piombata addosso nel momento in cui la polizia ha reso noto il caso, e la testimonianza raccolta ha fatto scattare il provvedimento di arresto del gip. Marafini, fa notare proprio il giudice per le indagini preliminari, sa benissimo delle sue condizioni di salute: è stata sottoposta nei mesi scorsi ad analisi di laboratorio e l’8 luglio, quando ha rapinato una commerciante cinese sulla Nazionale, le ha detto: «Lasciami stare, altrimenti ti pungo. Ho l’Aids». Sapeva anche, sostiene il gip, della «concreta possibilità» di trasmettere la malattia ad altri, avendo rapporti sessuali non protetti con i clienti e con il compagno.
Nessun dubbio, per il giudice, sulle esigenze cautelari, essendo «concreto e attuale» il pericolo di recidiva, visto che la donna ha intrattenuto frequenti rapporti con uomini «ignari della sua malattia che potrebbero essere infettati». Indispensabile, poi, tenere in carcere la 36enne, cioè sotto «controllo», per la gravità del fatto che le viene contestato e anche perché, nel tempo, è risultata «insensibile al rispetto delle regole».
Sempre per la gravità della sua condotta la Mobile ha diffuso la foto dell’indagata chiedendo a chi la riconosce, tra i clienti, di presentarsi in questura, superando «paura e vergogna», dice Muriana. Una richiesta dettata da esigenze investigative che coincidono, in questo caso, con la necessità di tutelare «la salute pubblica e di chi ha avuto a che fare con lei».
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