Scafa, Italcementi a rischio chiusura: Legnini e Quagliariello convocano l’azienda a Roma

L’incontro per sventare la chiusura dello stabilimento di Scafa. I due ministri: ferma volontà di chiedere conto della perdita di valore dell’azienda pubblica Sama data in concessione

SCAFA. Il ministro per le Riforme costituzionali, Gaetano Quagliariello, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanni Legnini, recepiscono e sostengono le posizioni dei lavoratori dell’Italcementi di Scafa. Fanno proprie le istanze della vertenza fin qui portata avanti con scioperi e incontri fra tutte le parti interessate e annunciano proprie iniziative per cercare di risolvere la questione del cementificio di cui è stata annunciata la chiusura.

E' quanto emerso, ieri, dal vertice a Roma a palazzo Verospi, nell'ufficio di Legnini con le parti sociali, i rappresentanti nazionali dei sindacati Cgil, Cisl e Uil, il sindaco di Scafa, Maurizio Giancola, quello di Abbateggio, Antonio Di Marco, anche in rappresentanza dei colleghi dei comuni dell’area della concessione mineraria, il vice presidente della Regione, Alfredo Castiglione, e il presidente della Provincia di Pescara, Guerino Testa.

Un incontro sostenuto a distanza dai lavoratori dello stabilimento che, ieri mattina, per la quarta volta, hanno scioperato per quattro ore bloccando la Tiburtina. «Solleciteremo i ministri del lavoro Enrico Giovannini e dello Sviluppo economico Flavio Zanonato a riconsiderare, la trattativa in corso sul piano generale Italcementi», ha detto Legnini. «Subito dopo convocheremo i vertici di Italcementi per farci spiegare l'immotivata decisione di chiudere e per manifestare la nostra ferma volontà, nel caso non abbandonino questa decisione, di chiedere conto della perdita di valore dell’azienda pubblica Sama, in concessione a Italcementi che, nel corso degli anni, avrebbe meritato investimenti e strategie finalizzati ad un mercato dell'asfalto che oggi offre interessanti prospettive e soprattutto sulla bonifica del sito sul quale insiste il cementificio».

«L'Abruzzo», ha sostenuto Quagliariello, parlamentare eletto in Abruzzo, «rappresenta un mercato dinamico per il cemento, anche per via della ricostruzione che dovrà essere avviata. E’ inaccettabile pensare di continuare a sfruttare quel mercato attraverso un deposito, chiudendo un’attività produttiva in spregio ad accordi precedentemente presi». Quegli accordi sono stati sottoscritti ufficialmente nel gennaio scorso e prevedevano la cassa integrazione per circa il 50% delle maestranze (32 su 73) in virtù di un piano di ristrutturazione aziendale. Un accordo che ora Italcementi vuole modificare perché intenzionata a chiudere, come ha spiegato, per motivi di crisi del mercato del cemento. Il sindaco Giancola ha posto la questione degli impianti della Sama che sfrutta una concessione mineraria e strutture pubbliche: «Un impianto che, negli anni, anziché crescere attraverso investimenti mirati, è stato depauperato. I dipendenti Sama sono oggi soltanto 10, in passato superavano quella della Italcementi. L'ipotesi del danno erariale va prospettata all'azienda affinché valuti se le convenga chiudere o pagare un conto considerevole per i danni subiti dal territorio».

Il sindaco di Scafa ha convocato, per domani alle 9 in Comune, un incontro con i sindaci del bacino minerario, sindacalisti e lavoratori per un ulteriore approfondimento. «E’ stato un incontro molto fruttuoso», ha commentato, da parte sua, Guerino Testa. «Non si può pensare di chiudere Scafa a discapito di quello di Trieste che si vuole salvare a tutti i costi». «Non è accettabile», ha sostenuto Castiglione, «che su un tavolo nazionale si decida di barattare Scafa con altri siti produttivi». «Un incontro molto positivo», ha commentato Massimo Di Giovanni della Cgil anche a nome dei colleghi Luigi Girinelli della Cisl e Giovanni Panza della Uil, «che ci lascia ottimisti poiché si è stabilita una azione sinergica fra tutti i presenti, un segnale forte ed unitario».

Infine, secondo il presidente della Cna di Pescara, Riccardo Colazilli, «a rischiare per la chiusura Italcementi non solo solo i lavoratori ma anche decine di imprese dell'indotto».

Walter Teti

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