Scafa, proclamate altre 16 ore di sciopero all'Italcementi
L’azienda incontra i sindacati e ribadisce che chiuderà lo stabilimento. Immediata la risposta dei lavoratori in attesa del vertice con il governo
SCAFA. Per Scafa non ci sono possibilità di tenere in vita l'impianto Italcementi. E' la perentoria comunicazione che ieri l'azienda, nella persona del responsabile delle relazioni industriali e membro del Cda Evaristo Capitanio, ha confermato ai lavoratori del coordinamento Rsu, ai rappresentanti sindacali territoriali di Cgil, Cisl e Uil (Massimo Di Giovanni, Lucio Girinelli e Giovanni Panza) e a quelli nazionali, in un incontro che si è svolto a Roma. La prima risposta a questa nuova presa di posizione dell’azienda è che il coordinamento Rsu dei lavoratori ha proclamato un primo pacchetto di 16 ore di sciopero con manifestazione per il prossimo 11 ottobre.
Ieri doveva aver luogo l'incontro fra azienda e ministeri del Lavoro e dello Sviluppo Economico che invece è stato rinviato a giovedì . Il primo tema in discussione è l'accordo del 14 gennaio del 2013 che prevede la cassa integrazione guadagni straordinaria per 32 dei 73 lavoratori fino a gennaio 2015, provvedimento dovuto al fatto che l’azienda intendeva ristrutturare lo stabilimento di Scafa per trasformarlo in un opificio per la sola macinazione del clinker (la materia prima del cemento) la che poi sarebbe servito per la produzione di cemento da realizzare altrove. L'azienda il 1° agosto 2013 ha invece comunicato l’intenzione di chiudere gli stabilimenti di Scafa e Monselice (nello stabilimento veneto ci sono stati problemi per l'ottenimento della autorizzazione integrata ambientale) e il relativo cambio dell'accordo con un altro che, al contrario, prevede la cessazione della attività produttiva a Scafa. «Ora la novità», spiegano Di Giovanni, Girinelli e Panza ,«è che l'azienda si è impegnata a rispettare l'accordo solo per quanto riguarda l'aspetto sindacale, volendo mantenere fino a gennaio 2015 la cassa integrazione per la metà delle maestranze, mentre non ci sarebbero speranze per continuare la produzione: insomma lo stabilimento chiuderà». E pur chiudendo continuerebbe a mantenere al lavoro regolarmente retribuito l'altra metà dei operai, «probabilmente», fa rilevare Giovanni Panza «con la prospettiva di farli lavorare per la messa in sicurezza degli impianti per prepararsi alla futura chiusura, visto che non ci sarà più produzione». Capitanio ha poi comunicato che per tutti gli stabilimenti del gruppo Italcementi che cesseranno l'attività, la direzione azienda è disponibile a promuovere studi per la loro riconversione e salvaguardia occupazionale e che comunque alcune scelte potrebbero cambiare qualora il mercato tornasse ad essere florido come una volta, ma da questa ipotesi di lavoro sicuramente lo stabilimento di Scafa è escluso a priori. E' stato invece dichiarato l'impegno alla riconversione, attraverso uno studio di nuovi investimenti da realizzare con altri soggetti interessati, per la società a capitale pubblico Sama per la quale si starebbero valutando investitori che potrebbero rilevarla, anche se questa, essendo demaniale, è soggetta ad un bando di gara di assegnazione con tempi non certo brevi. L'azienda però garantisce l'impegno, se ciò non fosse possibile, a tutelare i lavoratori (una decina) con ammortizzatori sociali.
Walter Teti
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