Scomparse le code infinite al pronto soccorso di Pescara
Il primario: grazie ai vostri articoli molte persone con patologie lievi hanno rinunciato a venire e hanno preferito rivolgersi al proprio medico
PESCARA. «Questa è la dimostrazione scientifica che la gente si rivolge al pronto soccorso non per le emergenze, ma per patologie di poco conto: le stesse che potrebbero essere curate dal medico di famiglia». Scrolla la testa il primario Alberto Albani mentre indica le sedioline blu della sala d’attesa quasi tutte libere e i pochi pazienti in fila che aspettano di essere curati.
La calca degli ultimi giorni ieri mattina era praticamente sparita e gli utenti con un codice verde o bianco (cioè quelli con patologie lievissime) si contavano sulle dita di una mano. «Se questo è il risultato allora dovreste scrivere un articolo al giorno sul nostro pronto soccorso”, rimarca il primario, sottolineando come gli ultimi due servizi pubblicati sul Centro sulle lunghe file e le attese record abbiano indotto i malati meno gravi a rinunciare ad andare al pronto soccorso per cose di poco conto.
Il personale medico e infermieristico ridotto all’osso e la scadenza del progetto con i medici di base per tentare di intercettare quella fetta di utenti che sistematicamente finisce per intasare il pronto soccorso, avevano determinato un boom di accessi. Martedì scorso per farsi visitare un braccio è stato necessario aspettare sette ore, sei per farsi controllare un’escoriazione e cinque per le contusioni causate da un incidente stradale. Lunedì i pazienti medicati a fine giornata erano 318 con una media di otto ore di attesa.
Si calcola che dall’inizio di giugno siano state visitate più di 7.200 persone. «E’ un dato di fatto», aggiunge Albani, «che la maggior parte dei nostri pazienti arriva qui per problemi lievi. Ci sono persone che arrivano, prendono il numero della prenotazione e poi vanno via per espletare le varie commissioni della giornata. Qualcuno addirittura telefona per sapere a che numero siamo arrivati. Chi sta male sul serio di certo non ha la forza di andare e venire dall’ospedale in diversi momenti».
Per rafforzare la sua tesi, il primario racconta un caso concreto: «Da quando sono iniziati gli Europei di calcio, gli accessi al pronto soccorso si riducono puntualmente ogni volta che gioca la nazionale di calcio. Quando c’è l’Italia in campo nei nostri corridoi ci sono solo gli utenti con i codici rossi o gialli».
Parliamo dei casi più gravi: chi è vittima di un infarto, un ictus, un malore improvviso o un incidente grave, quando cioè – nel caso dei codici rossi – una o più funzioni vitali sono compromesse e c’è concreto pericolo di vita. Tutti coloro che non possono aspettare il novantesimo minuto per farsi curare e la corsa al pronto soccorso diventa questione di attimi.
«Quando ci sono le emergenze vere qui si ferma tutto», prosegue il responsabile del pronto soccorso, «tutto il personale si dà da fare per tentare di fare il possibile. Oggi (ieri ndr) le liste d’attesa erano di tre o quattro persone al massimo. E non mi si venga a dire che si sono verificati meno malori. Le notizie delle file chilometriche pubblicate sulla stampa hanno scoraggiato molte persone che hanno preferito passare la mattinata e il pomeriggio al mare piuttosto che intasare il pronto soccorso».
Ylenia Gifuni
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