Sindaci, ecco quelli scelti dai cittadini
Si sono sfidati in sette: Collevecchio al governo per sei mesi, Pace per nove anni.
PESCARA. Il 4 dicembre del 1993 i pescaresi sperimentano per la prima volta il nuovo sistema elettorale maggioritario. L’elezione diretta del sindaco porta a Palazzo di Città Mario Collevecchio, all’epoca alto dirigente delle Ferrovie, oggi direttore generale della Provincia. Collevecchio, sostenuto da Alleanza per Pescara, Rete, Pds, Rifondazione comunista e Azione progressista, conquista le urne raccogliendo 40.804 preferenze (60,61%), con un netto distacco sul diretto avversario Nicola Cirelli, proveniente dalle fila della Dc e sostenuto da Proposta per Pescara e Costituente Laico riformista. Cirelli, imprenditore impegnato nel sociale, raccoglie 26.515 preferenze (39,39%). Siamo ormai alla lenta e inesorabile agonia della “Balena bianca”.
La Dc di Gaspari e Natali paga, anche in riva all’Adriatico, lo scotto degli scandali giudiziari di Tangentopoli per poi mutare pelle sotto il simbolo del Partito popolare italiano. La giunta Collevecchio ha però vita corta, come quella di una farfalla, spedita a casa dopo un ricorso al Tar per un vizio di forma all’epoca della presentazione delle liste. Esattamente un anno dopo, nel novembre e nel dicembre del 1994, si torna al voto. Collevecchio è ancora il candidato sindaco di una coalizione formata da Progetto democratico, Pds, Socialisti, Rifondazione comunista e Verdi.
Questa volta il suo principale sfidante è l’ingegnere Carlo Pace, ricercatore universitario, volto nuovo della politica. Lui non ha ancora in tasca nessuna tessera di partito, si presenta alla città come indipendente. Lo sostengono le liste del Centro cristiano democratico, Forza Italia, Alleanza Nazionale e Nuova Pescara. Gli altri sfidanti per la corsa a sindaco sono l’avvocato Carlo Mimola, anche lui proveniente da una lunga militanza nella Dc, che corre con il Partito popolare italiano e Sebastiano Curcio, espressione della Lega Italia Federale. Per decidere chi sarà il nuovo sindaco è necessario tornare alle urne per il ballottaggio, perché al primo turno nessuno supera la soglia del 50% più uno dei voti. Collevecchio si ferma al 43,7%, Pace al 46,9%, Mimola all’8,9%, Curcio allo 0,5%.
Quindici giorni dopo, a sorpresa, la città sceglie Carlo Pace che non ha ancora il bollino blu di Forza Italia ma che fa sprizzare di gioia Silvio Berlusconi, del quale l’ingegnere diventerà poi grande amico fino ad assumere l’incarico di portavoce del presidente del Consiglio per la Protezione civile, dopo avere aderito naturalmente al partito del “biscione”.
In quella tornata elettorale, la prima della nuova era dopo la scomparsa dei grandi simboli della Dc e del Pci e la nascita di Forza Italia, se ne vedono di tutti i colori dal risultato delle urne. Fanno rumore le 1.873 preferenze di Nino Sospiri, baluardo della lista di An per il consiglio comunale, ma anche le 6 (sei) raccattate dall’ex bomber del pescara Edi Bivi. L’ex segretario cittadino della Dc, Licio Di Biase, incassa 635 preferenze correndo con il Ccd di Casini e Buttiglione. Alle sue spalle, con lo stesso simbolo della Vela, si piazza un altro giovane promettente, Nazario Pagano, ex assessore socialista.
Carlo Pace governa per quattro anni ma con il fiato sul collo del parlamentare e consigliere comunale di An Nino Sospiri, che fa sentire spesso il suo dissenso su molte scelte dell’Amministrazione, ad iniziare da quelle sul traffico.
Nel 1998 si torna alle urne e Pace tenta il bis sfidando l’uomo forte della sinistra di allora, Gianni Melilla. Il sindaco uscente si riconferma al primo turno ottenendo 41.206 preferenze, il 51,26% dei consensi, sostenuto da una coalizione formata da “Il Timone”, i Cattolici e Democratici per Pescara, Pescara Futura, Forza Italia, Alleanza Nazionale, Ccd, Nuova Democrazia Cristiana. Melilla non va oltre le 37.139 preferenze (46,20%). Lo appoggiano Democratici di sinistra, Lista Dini-Udr (quella di Cossiga e Mastella), Comunisti italiani, Popolari, Socialisti Democratici Italiani, Partito comunista, Nuova Pescara, Pescara Domani-Verdi.
Nasce la Pace “bis”, che resterà in carica fino al 2003 lanciando definitivamente alcune giovani promesse, come l’avvocato Carlo Masci che continua a raccogliere consensi con la sua lista civica Pescara Futura, fortemente caratterizzata sull’antipartitismo. Ma quando si arriva al dunque, alle comunali del 2003, per strappare la candidatura a sindaco Masci è costretto a correre sotto la bandiera di Forza Italia trascinato con energia in questa avventura dal deputato e coordinatore regionale degli azzurri, Sabatino Aracu.
La lista Teodoro non ci sta e punta i piedi. Anche Nino Sospiri si mette di traverso e apre un duello con Aracu che alla fine sarà proprio Carlo Masci a pagare. Perché dall’altra parte il suo sfidante risponde al nome di Luciano D’Alfonso, che in quelle amministrative del 25 maggio del 2003 diventa l’artefice della sorprendente vittoria del centrosinistra contro ogni pronostico della vigilia. Anche in questo caso è però necessario ricorrere al ballottaggio.
D’Alfonso, sorretto da una larga coalizione formata da Ds, Margherita, Pescara Amica, Rifondazione comunista, Verdi, Udeur, l’Italia dei Valori, Comunisti italiani, Sdi, Lista Teodoro, raccoglie 41.569 preferenze (53,48%). Masci, sostenuto da Forza Italia, An, Udc, Pescara Futura, Alternativa femminile, Cattolici e Democratici, Nuova Dc, Fiamma Tricolore, si ferma a 36.157 preferenze (46,52%).
E’ il 4 dicembre del 2003. Al Comune inizia l’era D’Alfonso, che non si accontenta della vittoria, ma sposta nel corso della consiliatura, dai banchi del centrodestra a quelli della maggioranza, altri 9 consiglieri comunali sui 20 a disposizione delle opposizioni, governando di fatto per cinque anni con una coalizione bulgara. Il resto è storia di oggi: le inchieste giudiziarie che hanno messo fuori gioco il sindaco in attesa del processo, il ritorno anticipato alle urne: un intero mondo politico che si rivolta e cambia pelle nel giro di pochi mesi.
La Dc di Gaspari e Natali paga, anche in riva all’Adriatico, lo scotto degli scandali giudiziari di Tangentopoli per poi mutare pelle sotto il simbolo del Partito popolare italiano. La giunta Collevecchio ha però vita corta, come quella di una farfalla, spedita a casa dopo un ricorso al Tar per un vizio di forma all’epoca della presentazione delle liste. Esattamente un anno dopo, nel novembre e nel dicembre del 1994, si torna al voto. Collevecchio è ancora il candidato sindaco di una coalizione formata da Progetto democratico, Pds, Socialisti, Rifondazione comunista e Verdi.
Questa volta il suo principale sfidante è l’ingegnere Carlo Pace, ricercatore universitario, volto nuovo della politica. Lui non ha ancora in tasca nessuna tessera di partito, si presenta alla città come indipendente. Lo sostengono le liste del Centro cristiano democratico, Forza Italia, Alleanza Nazionale e Nuova Pescara. Gli altri sfidanti per la corsa a sindaco sono l’avvocato Carlo Mimola, anche lui proveniente da una lunga militanza nella Dc, che corre con il Partito popolare italiano e Sebastiano Curcio, espressione della Lega Italia Federale. Per decidere chi sarà il nuovo sindaco è necessario tornare alle urne per il ballottaggio, perché al primo turno nessuno supera la soglia del 50% più uno dei voti. Collevecchio si ferma al 43,7%, Pace al 46,9%, Mimola all’8,9%, Curcio allo 0,5%.
Quindici giorni dopo, a sorpresa, la città sceglie Carlo Pace che non ha ancora il bollino blu di Forza Italia ma che fa sprizzare di gioia Silvio Berlusconi, del quale l’ingegnere diventerà poi grande amico fino ad assumere l’incarico di portavoce del presidente del Consiglio per la Protezione civile, dopo avere aderito naturalmente al partito del “biscione”.
In quella tornata elettorale, la prima della nuova era dopo la scomparsa dei grandi simboli della Dc e del Pci e la nascita di Forza Italia, se ne vedono di tutti i colori dal risultato delle urne. Fanno rumore le 1.873 preferenze di Nino Sospiri, baluardo della lista di An per il consiglio comunale, ma anche le 6 (sei) raccattate dall’ex bomber del pescara Edi Bivi. L’ex segretario cittadino della Dc, Licio Di Biase, incassa 635 preferenze correndo con il Ccd di Casini e Buttiglione. Alle sue spalle, con lo stesso simbolo della Vela, si piazza un altro giovane promettente, Nazario Pagano, ex assessore socialista.
Carlo Pace governa per quattro anni ma con il fiato sul collo del parlamentare e consigliere comunale di An Nino Sospiri, che fa sentire spesso il suo dissenso su molte scelte dell’Amministrazione, ad iniziare da quelle sul traffico.
Nel 1998 si torna alle urne e Pace tenta il bis sfidando l’uomo forte della sinistra di allora, Gianni Melilla. Il sindaco uscente si riconferma al primo turno ottenendo 41.206 preferenze, il 51,26% dei consensi, sostenuto da una coalizione formata da “Il Timone”, i Cattolici e Democratici per Pescara, Pescara Futura, Forza Italia, Alleanza Nazionale, Ccd, Nuova Democrazia Cristiana. Melilla non va oltre le 37.139 preferenze (46,20%). Lo appoggiano Democratici di sinistra, Lista Dini-Udr (quella di Cossiga e Mastella), Comunisti italiani, Popolari, Socialisti Democratici Italiani, Partito comunista, Nuova Pescara, Pescara Domani-Verdi.
Nasce la Pace “bis”, che resterà in carica fino al 2003 lanciando definitivamente alcune giovani promesse, come l’avvocato Carlo Masci che continua a raccogliere consensi con la sua lista civica Pescara Futura, fortemente caratterizzata sull’antipartitismo. Ma quando si arriva al dunque, alle comunali del 2003, per strappare la candidatura a sindaco Masci è costretto a correre sotto la bandiera di Forza Italia trascinato con energia in questa avventura dal deputato e coordinatore regionale degli azzurri, Sabatino Aracu.
La lista Teodoro non ci sta e punta i piedi. Anche Nino Sospiri si mette di traverso e apre un duello con Aracu che alla fine sarà proprio Carlo Masci a pagare. Perché dall’altra parte il suo sfidante risponde al nome di Luciano D’Alfonso, che in quelle amministrative del 25 maggio del 2003 diventa l’artefice della sorprendente vittoria del centrosinistra contro ogni pronostico della vigilia. Anche in questo caso è però necessario ricorrere al ballottaggio.
D’Alfonso, sorretto da una larga coalizione formata da Ds, Margherita, Pescara Amica, Rifondazione comunista, Verdi, Udeur, l’Italia dei Valori, Comunisti italiani, Sdi, Lista Teodoro, raccoglie 41.569 preferenze (53,48%). Masci, sostenuto da Forza Italia, An, Udc, Pescara Futura, Alternativa femminile, Cattolici e Democratici, Nuova Dc, Fiamma Tricolore, si ferma a 36.157 preferenze (46,52%).
E’ il 4 dicembre del 2003. Al Comune inizia l’era D’Alfonso, che non si accontenta della vittoria, ma sposta nel corso della consiliatura, dai banchi del centrodestra a quelli della maggioranza, altri 9 consiglieri comunali sui 20 a disposizione delle opposizioni, governando di fatto per cinque anni con una coalizione bulgara. Il resto è storia di oggi: le inchieste giudiziarie che hanno messo fuori gioco il sindaco in attesa del processo, il ritorno anticipato alle urne: un intero mondo politico che si rivolta e cambia pelle nel giro di pochi mesi.